Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 14-06-2011) 25-07-2011, n. 29634

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

In parziale accoglimento della richiesta di riesame, il Tribunale di Roma ha sostituito la misura cautelare della custodia carceraria con gli arresti domiciliari a L.F.M. indagato per i reati previsti dal D.Lgs. n. 74 del 2000, artt. 2, 8 e 11.

Per giungere a tale conclusione, i Giudici hanno disatteso la prospettazione difensiva di genericità della contestazione per il reato di cui all’art. 2 e di violazione del principio del ne bis in idem per quello di cui al cit. D.Lgs., art. 8 rilevando che i fatti per cui il L. era già stato rinviato a giudizio riguardassero altre fatture per operazioni inesistenti e, quindi, altri reati.

Il Tribunale ha, inoltre, confutato la tesi della difesa di inutilizzabilità della informativa della Polizia Giudiziaria del 3 marzo 2010 perchè le investigazioni erano state effettuate dopo la scadenza del termine per le indagini ; sul punto, ha rilevato che la informativa era stata acquisita nell’ambito di un altro procedimento, aperto a carico del L. per nuovi reati previsti dalla D.Lgs. n. 74 del 2000, artt. 2 e 8, e riunito al presente. Indi, i Giudici hanno ritenuto configurabili i delitti sub artt. 2,8 per la comprovata fittizietà dei documenti privi delle relative operazioni commerciali ed ininfluente, per quello dell’art. 11, l’avvio di una procedura di riscossione fiscale.

Le esigenze di cautela sono state individuate nel pericolo di recidiva per la professionalità e sistematicità della truffa allo Erario. Per l’annullamento della ordinanza, l’indagato ha proposto ricorso per Cassazione deducendo difetto di motivazione e violazione di legge, in particolare, rilevando:

– che il Tribunale è ricorso ad un "escamotage" per ritenere utilizzabili elementi investigativi acquisiti dopo la scadenza del termine dimenticando che il Pubblico Ministero non avrebbe dovuto iscrivere una nuova notizia di reato, ma aggiornare la precedente;

– che l’organo della accusa non poteva procedere nuovamente a carico dell’indagato nei confronti del quale aveva esercitato la azione penale dal momento che, per espressa disposizione di legge, il reato previsto dall’art. 8 è unico in uno stesso periodo di imposta (tale è il caso in esame) a prescindere dal numero dei documenti emessi;

– che il Tribunale ha apoditticamente affermato come indizianti alcuni elementi di fatto senza alcuna argomentazione valutativa degli stessi;

– che, per il reato previsto dall’art. 11, manca il requisito, necessario per la integrazione della fattispecie, del debito di imposta e del dolo specifico: è carente, pure, la indicazione del superamento della soglia di punibilità della condotta;

– che, per le esigenze cautelari, i Giudici hanno utilizzato indici generici e non concreti ed oggettivi elementi per la prognosi negativa di recidiva.

Con la memoria aggiunta 10 giugno 2011, il ricorrente fa presente che la misura degli arresti domiciliari è stata sostituita con l’obbligo di presentazione e segnala di avere interesse a coltivare l’impugnazione ai fini del ricorso alla procedura dell’art. 314 c.p.p..

L’ultimo rilievo del ricorrente circoscrive l’obbligo di motivazione da parte della Corte alle sole censure concernenti i gravi indizi di colpevolezza che sono gli unici rilevanti in rapporto ad una eventuale richiesta di riparazione per ingiusta detenzione.

Innanzi tutto, è da disattendere la contestazione della difesa secondo la quale i Giudici hanno fondato la loro decisione su elementi probatori non utilizzabili perchè acquisiti dopo la scadenza del termine delle indagini e recuperati con una non dovuta nuova iscrizione di reato. Sul punto, va rilevato che la procedura seguita del Pubblico Ministero è stata corretta ed in sintonia con il tenore dell’art. 335 c.p.p., comma 2; per ciascun nuovo reato a carico di una medesima persona, l’organo della accusa deve iscrivere una nuova notizia di reato, mentre l’aggiornamento della precedente è limitato alle ipotesi di mutamento del titolo di reato o di emersione di inedite circostanze. Di conseguenza, a carico del L., legittimamente è stato aperto un nuovo procedimento (trattandosi di ulteriori reati rispetto a quelli della pregressa iscrizione) in relazione al quale le indagini sono state effettuate entro l’ambito temporale dell’art. 407 c.p.p.. Per quanto concerne l’esistenza di indizi, connotati con il requisito della gravità, si osserva come la motivazione del gravato provvedimento sia sintetica, ma sufficiente e puntuale; consegue che non è meritevole di accoglimento la censura sulla insussistenza delle condizioni richieste dall’art. 273 c.p.p., per l’applicabilità della misura.

I Giudici hanno avuto cura di precisare quali fossero che elementi indizianti, di sicura concludenza, che analizzati congiuntamente hanno permesso di ritenere sussistente la fattispecie di utilizzo di fatture per operazioni inesistenti con esclusione di qualsiasi altra ragionevole ipotesi alternativa; sul punto, basti por mente alla circostanza che nessuna traccia delle operazioni, che il ricorrente sostiene effettive, si è reperita dagli accertamenti bancari e che nessun elemento sussiste a conforto della esistenza dei pretesi rapporti commerciali.

In merito al residuo delitto, i Giudici hanno rilevato come le operazioni descritte nel provvisorio capo di imputazione, che determinano una obiettiva menomazione della consistenza patrimoniale della società di cui era legale rappresentante l’indagato, non avevano giustificazione alternativa a quella ipotizzata dalla accusa, cioè, che fossero finalizzate a rendere inefficacie il procedimento coattivo di riscossione delle imposte ; del resto, il L. nè nel suo interrogatorio di garanzia nè nelle censure dell’atto di ricorso è stato in grado di fornire una plausibile spiegazione lecita (a lui solo nota) alle suddette operazioni.

L’ammontare complessivo delle imposte dovute superava la soglia stabilita dalla norma ( D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 11) per la punibilità della condotta e la deduzione sulla mancanza dello elemento soggettivo del reato è priva della necessaria concretezza.

Per le esposte considerazioni,la Corte rigetta il ricorso con le conseguenze di legge.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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