Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 14-06-2011) 25-07-2011, n. 29633 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Milano, con ordinanza emessa l’08/11/010 – provvedendo sulla richiesta di riesame presentata nell’interesse di S.L. avverso l’ordinanza del Gip sede in data 12/10/010 con la quale era stata disposta la misura della custodia in carcere nei confronti di S.L., indagato in ordine ai reati di cui alla L. n. 75 del 1958, art. 3, n. 1 3, 5, 8 – respingeva il gravame.

L’interessato proponeva ricorso per Cassazione, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione, ex art. 606 c.p.p., lett. b) ed e).

In particolare il ricorrente, mediante articolate argomentazioni, esponeva che l’ordinanza impugnata non era congruamente motivata, nè quanto alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in ordine al contestato reato di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione, nè quanto alla sussistenza delle esigenze cautelari ed alla necessità di applicare la custodia in carcere.

Tanto premesso, il ricorrente chiedeva l’annullamento della sentenza impugnata.

Il PG della Cassazione, nell’udienza camerale del 14/06/011 ha chiesto il rigetto del ricorso.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

Il Tribunale ha congruamente motivato tutti i punti fondamentali della decisione.

In particolare il giudice del riesame, mediante una valutazione puntuale ed esaustiva delle risultanze processuali finora acquisite al procedimento (in specie: le intercettazioni telefoniche acquisite in atti le indagini e le investigazioni svolte dalla PG) ha accertato che S.L., quale titolare del locale "(OMISSIS)", ubicato come in atti, sfruttava l’attività di prostituzione delle donne che lavoravano presso detto locale, quali figuranti di sala. Dette donne (come individuate in atti) una volta uscite dal locale "(OMISSIS)" praticavano rapporti sessuali con i clienti del Night (che le avevano prescelte) previo pagamento di somma di denaro, di cui una quota (una "provvigione" di circa Euro 600 veniva corrisposta al S..

Dette donne, peraltro, per lo più, avevano già svolto tale attività di prostituzione presso il locale "(OMISSIS)", ubicato in (OMISSIS) e gestito da Sa.Ma. (che ben conosceva il S.); sino a quando, in data (OMISSIS), l’esercizio/club "(OMISSIS)" veniva sottoposto a sequestro dai VVFF di Milano.

Ricorrevano, pertanto, senza ombra di dubbio nella fattispecie, sempre allo stato degli atti, i gravi indizi di colpevolezza a carico del S. in ordine al reato di sfruttamento della prostituzione di più persone, ex L. n. 75 del 1958, art. 3, n. 8 e art. 4, n. 7.

Le esigenze cautelari venivano ravvisate nella necessità di evitare il pericolo concreto del reiterarsi di altri reati similari, nonchè quello dell’inquinamento probatorio. Pericolo desumibile dalla gravità dei fatti, dall’inserimento professionale del S. nel circuito dello sfruttamento della prostituzione delle donne che lavorano nei locali notturni, quale fonte di attrazione sessuale dei clienti dei locali; dai contatti con soggetti – inseriti nelle istituzioni preposte al contrasto dell’attività di sfruttamento della prostituzione (vedi pagg. 5 e 6 Ord. Imp.) – compiacenti e tolleranti verso il S..

La necessità di applicare e mantenere la custodia in carcere era dovuta all’esigenza di evitare i contatti sia con il circuito dello sfruttamento della prostituzione sia con persone potenzialmente idonee ad eludere le predette esigenze cautelari.

Trattasi di valutazioni di merito congruamente motivate, immuni da errori di diritto, conformi ai parametri di cui alla L. n. 75 del 1958, artt. 3 e 4, art. 273 c.p.p., art. 274 c.p.p., lett. a) e c), art. 275 c.p.p., non censurabili in sede di legittimità.

Per contro le censure dedotte nel ricorso – sia quanto ai gravi indizi di colpevolezza, sia quanto alle esigenze cautelari – sono generiche perchè ripetitive di quanto esposto in sede di riesame, già valutato esaustivamente dal Tribunale. Sono infondate, perchè in contrasto con quanto accertato e congruamente motivato dal giudice del riesame. Dette doglianze, peraltro – quantunque prospettate come violazione di legge e/o vizio di motivazione ex art. 606 c.p.p., lett. b) ed e) – costituiscono nella sostanza eccezioni in punto di fatto, poichè non inerenti ad errori di diritto o vizi logici della decisione impugnata, ma alle valutazioni operate dai giudici di merito. Si chiede, in realtà, al giudice di legittimità una rilettura degli atti probatori, per pervenire ad una diversa interpretazione degli stessi, più favorevole alla tesi difensiva del ricorrente. Trattasi di censura non consentita in sede di legittimità perchè in violazione della disciplina di cui all’art. 606 c.p.p.. (Giurisprudenza consolidata: Cass. Sez. Unite Sent. n. 6402 del 02/07/97, rv 207944; Cass. Sez. Unite Sent. n. 930 del 29/01/96, rv 203428; Cass. Sez. 1 Sent. n. 5285 del 06/05/98, rv 210543; Cass. Sez. 5, Sent. n. 1004 del 31/01/2000, rv 215745; Cass. Sez. 5, Ord. N. 13648 del 14/04/2006, rv 233381). Va respinto, pertanto, il ricorso proposto da S.L. con condanna dello stesso al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

LA CORTE Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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