Cons. Stato Sez. IV, Sent., 02-08-2011, n. 4586 Illeciti disciplinari Ordinamento giudiziario

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La dottoressa P. L., giudice di pace in servizio a Rossano, ha impugnato – chiedendone la riforma previa sospensione dell’esecuzione – la sentenza con la quale il T.A.R. del Lazio ha respinto il ricorso da lei proposto avverso gli atti relativi al procedimento disciplinare svoltosi nei suoi confronti, conclusosi con l’irrogazione della sanzione dell’ammonimento.

A sostegno dell’impugnazione, la appellante ha dedotto:

1) l’erroneità della reiezione della censura di incompetenza del Sottosegretario di Stato a sottoscrivere il provvedimento sanzionatorio impugnato;

2) l’erroneità della reiezione delle doglianze formulate nel merito del provvedimento suddetto, con riguardo alla mancata considerazione del pregresso percorso professionale dell’istante, della grave patologia dalla quale la stessa era stata affetta nel periodo in riferimento, nonché dell’entità e rilevanza dei ritardi accumulati nel deposito delle sentenze, con conseguente violazione dei principi di proporzionalità e ragionevolezza e insussistenza di lesione al prestigio dell’ordine giudiziario.

Si sono costituiti il Ministero della Giustizia e il Consiglio Superiore della Magistratura, opponendosi all’accoglimento dell’appello siccome infondato e chiedendo la conferma della sentenza impugnata.

Alla camera di consiglio del 18 maggio 2010, fissata per l’esame della domanda incidentale di sospensiva, questa è stata differita sull’accordo delle parti, per essere abbinata alla trattazione del merito.

In seguito, le parti hanno affidato a memorie l’ulteriore sviluppo delle rispettive tesi.

All’udienza del 12 luglio 2011, la causa è stata trattenuta per la decisione.

Motivi della decisione

1. È appellata la sentenza con la quale il T.A.R. del Lazio ha respinto il ricorso proposto dalla dottoressa P. L., giudice di pace in servizio a Rossano, avverso la sanzione disciplinare dell’ammonimento irrogatale a seguito dei ritardi nel deposito di sentenze riscontrati nell’arco temporale dal 2003 al 2007.

2. L’appello è infondato e va conseguentemente respinto.

3. Innanzi tutto è infondato il primo motivo d’impugnazione, col quale è reiterata la censura di incompetenza formulata in primo grado, per essere stato il provvedimento applicativo della sanzione sottoscritto dal Sottosegretario di Stato, on. Giacomo Caliendo, anziché dal Ministro della Giustizia in persona.

Al riguardo, va condiviso l’avviso espresso dal primo giudice, secondo cui – in disparte i rilievi svolti nella sentenza impugnata in ordine ai rapporti tra la delibera del C.S.M. conclusiva del procedimento e il successivo decreto ministeriale – l’atto de quo certamente rientrava fra le competenze del Sottosegretario ai sensi dell’art. 2 del decreto ministeriale 5 giugno 2008, col quale all’on. Caliendo sono state attribuite, fra l’altro, le deleghe in materia di "Dipartimento dell’organizzazione giudiziaria, relativamente alla Direzione generale del personale e della formazione", sì da ricomprendere certamente anche i provvedimenti disciplinari del tipo di quello che qui occupa.

Tutto ciò premesso, e contrariamente a quanto affermato in modo apodittico dalla parte appellante, con specifico riferimento alla disciplina dei giudici di pace non si rinviene alcun elemento testuale, nell’art. 9, comma 5, della legge 21 novembre 1991, nr. 374, che induca a ritenere che la firma dei decreti applicativi delle sanzioni disciplinari costituisca una attribuzione esclusiva del Ministro (ciò che potrebbe portare, in ipotesi, a ritenere illegittimo in parte qua e a disapplicare il citato d.m. 5 giugno 2008).

Al contrario, va ribadito il principio per cui la delega delle funzioni ministeriali al Sottosegretario di Stato deve considerarsi ordinariamente ammessa, salvi i soli casi di espresso divieto: infatti, la figura del Sottosegretario è prevista dall’ordinamento (art. 17, comma 4 bis, lettera a), della legge 23 agosto 1988, nr. 400; art. 7 del decreto legislativo 30 luglio 1999, nr. 300; art. 14, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, nr. 165) come coadiutore del Ministro, sicché chi a tale funzione è stato preposto ben può sottoscrivere, legittimamente e senza alcuna incompetenza di firma, i decreti per i quali ha ricevuto la delega (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 19 giugno 2009, nr. 4080).

4. Privo di pregio è anche l’ulteriore, articolato motivo col quale la appellante contesta nel merito la adeguatezza, proporzionalità e ragionevolezza della sanzione nella specie irrogata.

Al riguardo, occorre preliminarmente richiamare l’indirizzo secondo cui la valutazione, da parte degli organi di autogoverno della magistratura, in ordine alla gravità, al rilievo e allo spessore dei comportamenti negativi emersi a seguito dell’attività d’indagine esperita nei procedimenti disciplinari sui magistrati costituisce, secondo principi consolidati, frutto di valutazioni discrezionali, di pieno merito, demandate all’organo cui spetta l’espressione del giudizio e rispetto alle quali il sindacato del giudice amministrativo deve arrestarsi alla soglia del vaglio sulla congruenza dei presupposti e del riscontro del nesso logico di consequenzialità tra presupposti e conclusioni (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 28 settembre 2009, nr. 5836).

Ciò premesso, nel caso che qui occupa non sono prima facie apprezzabili profili di manifesta incongruenza, sproporzione o irragionevolezza tra la sanzione applicata e le condotte ascritte all’odierna appellante, quali emerse prima e durante il procedimento, dovendosi disattenderse i contrari assunti della stessa appellante.

Innanzi tutto, è destituita di fondatezza l’affermazione circa la mancanza di gravità e il carattere non sistematico dei ritardi registrati dall’interessata nel deposito delle proprie sentenze: invero, non risultano specificamente contestate le cifre indicate dall’Amministrazione (119 sentenze depositate oltre il centoventesimo giorno fra il 2003 e il 2007, con ritardi in diversi casi superiori a 200 giorni, e in un caso di ben 547 giorni, per un totale percentualmente superiore al 20 % dei provvedimenti depositati nel periodo de quo), le quali appaiono certamente tali da creare oggettivo disservizio al buon funzionamento della giustizia e sicuro pregiudizio al prestigio dell’ordine giudiziario.

In secondo luogo, nemmeno risponde al vero che l’Amministrazione non abbia tenuto alcun conto né della grande laboriosità e dei buoni risultati in precedenza dimostrati dalla istante, né della grave patologia dalla quale la stessa è stata affetta negli anni in questione, tale da crearle oggettivi e documentati impedimenti al continuo e ordinario svolgimento delle prestazioni lavorative, risultando per tabulas che di dette circostanze si è tenuto conto nel procedimento disciplinare, e anzi solo in tale prospettiva potendosi spiegarse l’irrogazione di una sanzione estremamente blanda (di fatto, la più lieve fra quelle previste dall’ordinamento) a fronte di addebiti che in condizioni normali avrebbero potuto condurre a conseguenze ben più gravose.

Infine, privi di significatività risultano ulteriori elementi addotti dalla appellante, come ad esempio la prassi di concedere alle parti termini più lunghi per il deposito delle memorie conclusionali, atteso che l’Amministrazione appellata ha chiarito (e non risulta smentito ex adverso) che i ritardi contestati sono stati sempre computati "al netto" dei termini difensivi così come concessi.

5. In conclusione, per i motivi sopra esposti s’impone una decisione di reiezione del gravame, con l’integrale conferma della sentenza impugnata.

6. In considerazione della peculiarità della vicenda esaminata, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del presente grado del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.

Compensa tra le parti le spese del presente grado del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 luglio 2011 con l’intervento dei magistrati:

Paolo Numerico, Presidente

Raffaele Greco, Consigliere, Estensore

Andrea Migliozzi, Consigliere

Fulvio Rocco, Consigliere

Umberto Realfonzo, Consigliere

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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