Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 14-06-2011) 25-07-2011, n. 29620

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

In parziale riforma della decisione del primo Giudice, la Corte di Appello di Cagliari, con sentenza 8 ottobre 2010, ha ritenuto S. G. e M.J. responsabili del reato di violenza sessuale e violenza privata commessi ai danni di P.L. e li ha condannati alla pena di anni sette e mesi due di reclusione.

In sunto, i Giudici di merito hanno ritenuto affidabile il racconto accusatorio della parte lesa la quale ha riferito che la M., sua conoscente, l’ha condotta nel bungalow del S. ed ivi giunta l’imputato l’ha violentata mentre la coimputata la teneva ferma; la P. ha, pure, precisato di avere ricevuto minacce la parte degli imputati per non narrare l’accaduto.

I Giudici, dopo avere disatteso la richiesta di perizia psichiatrica sulla parte lesa, hanno rilevato vari indici di affidabilità delle sue dichiarazioni che saranno in prosieguo evidenziati.

Per l’annullamento della sentenza, gli imputati hanno proposto ricorso per Cassazione deducendo difetto di motivazione e violazione di legge, in particolare, rilevando:

– che la Corte non ha preso in considerazione la richiesta difensiva di disporre una nuova perizia psichiatrica sulla parte lesa;

– che il compendio accusatorio si fonda sulle dichiarazioni della P., affetta da deficit cognitivo, prive di riscontri, non sempre logiche e lineari e non sottoposte a rigoroso vaglio critico;

– che i Giudici non hanno tenuto conto che l’imputata è ha stata assolta dal delitto di calunnia (contestatole dopo la sua querela contro la P. e congiunti per il reato di lesioni) e l’imputato ha un alibi.

Le deduzioni sono manifestamente infondate ed in fatto per cui il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna di ciascun proponente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma- che la Corte reputa equo fissare in Euro mille- alla Cassa delle Ammende.

Per quanto concerne le condizioni mentali della parte lesa, la Corte ha puntualizzato quanto segue. La donna è stata giudicata dal consulente della accusa e dal perito affetta da oligofrenia neuropatica di grado lieve che le causa un deficit intellettivo e cognitivo (che concretizza la situazione di inferiorità prevista dall’art. 609 bis c.p., comma 2 sub 1); tale status, tuttavia, non si accompagna ad un disturbo dispercettivo, ad una ideazione delirante nè ad una tendenza a mentire o a sovrapporre la fantasia alla realtà.

Per superare questa motivata conclusione, gli imputati hanno proposto, sia nei motivi di appello sia in quelli di ricorso, censure prive della necessaria concretezza; per questa ragione, la Corte territoriale non ha- e correttamente- espletato il richiesto supplemento istruttorio.

La particolare situazione della parte lesa imponeva un esame rigoroso della attendibilità del suo racconto accusatorio, che non è mancato nel caso in esame.

I Giudici di merito si sono trovati nella situazione, comune nei reati sessuali ove mancano testi diretti, di doversi confrontare con le divergenti asserzioni dei protagonisti della vicenda: la P., la quale riferiva quanto già sunteggiato, e gli imputati che sostenevano che nulla era accaduto.

In questo contesto, la Corte territoriale ha esplicitato la ragione per la quale ha privilegiato e reputato credibili le accuse della parte lesa.

Innanzi tutto, le dichiarazioni della donna hanno avuto un riscontro diretto in quelle del marito che aveva constatato gli esiti della violenza nel corpo della P.; costei ha condotto gli investigatori nel luogo della violenza, dove effettivamente esisteva il bungalow del S., che mai aveva visto in precedenza (e la circostanza non ha trovato spiegazione da parte dei ricorrenti); i tabulati telefonici hanno accertato contatti tra parte lesa ed imputati proprio nel giorno dei commessi reati.

Inoltre, non è emersa alcuna ragione di risentimento o di rancore che possa giustificare un consapevole mendacio da parte della P.. Sul punto, il movente prospettato dalla M. (secondo la quale la denuncia era una ritorsione alla sua querela contro la P. ed i suoi familiari) è stato preso nella dovuta considerazione e motivatamente disatteso con logici argomenti che non possono essere messi in discussione in questa sede: l’episodio, anzi, corrobora la genuinità del racconto accusatorio della parte lesa che, con i suoi congiunti, intendeva punire personalmente l’imputata.

La Corte territoriale ha sottolineato le incongruenze presenti nelle dichiarazioni difensive dalla M. ed il fallimento della prova dell’alibi del S. non sostenuto dei testi che dovevano confermarlo. Infine, i Giudici hanno rilevato che il deficit intellettuale della parte lesa – che non le ha impedito di rievocare i fatti con abbondanza di particolari- le inibiva la capacità di architettare una coerente ed analitica narrazione fantastica.

Per quanto riferito, il giudizio della Corte territoriale sulla affidabilità della parte lesa e la puntuale confutazione delle censure degli appellanti sono sostenute da motivazione congrua, completa, corretta e, di conseguenza, insindacabile in questa sede.

Per superare la conclusione della impugnata sentenza, i ricorrenti formulano censure in fatto e chiedono una rinnovata ponderazione del coacervo probatorio – alternativa a quella correttamente operata dai Giudici di merito – ed introducono problematiche che esulano dai limiti cognitivi di questa Corte.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna singolarmente i ricorrenti al pagamento delle spese processuali ed al versamento di Euro mille alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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