Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 14-06-2011) 25-07-2011, n. 29618

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

In parziale riforma della decisione del primo Giudice, la Corte di Appello di Bologna, con sentenza 21 gennaio 2010, ha ritenuto M.G. responsabile del reato di detenzione di materiale pedopornografico e dei delitti di violenza sessuale ai danni di B.B. (minore degli anni quattordici) e di V.C. (in condizioni di inferiorità psichica) nonchè di truffa nei confronti della V. e l’ha condannato alla pena di giustizia; l’imputato è stato assolto dal reato di tentativo di lesioni perchè il fatto non sussiste e da quello di lesioni colpose per non tempestività della querela.

La Corte di Appello ha disatteso la richiesta difensiva di perizia sulla capacità di intendere e di volere dell’imputato. Indi, ha rilevato come il M. avesse intrattenuto rapporti sessuali con la minore B. con il pretesto che erano necessari per togliere il malocchio alla sua famiglia; per questo reato, è stata negata la richiesta attenuante del fatto di minore gravità. Per quanto concerne la parte lesa V., i Giudici hanno evidenziato l’opera di soggiogamento psicologico, al limite del plagio, posta in essere dall’imputato che si faceva credere un mago, nei confronti della debole donna; costei, convinta della necessità della magia sexualis per evitare eventi negativi, intratteneva con lui rapporti intimi e, per compiere altri riti propiziatori, gli consegnava la somma di circa cento milioni.

In base a queste considerazioni, i Giudici hanno reputato l’appellante responsabile dei delitti ascrittigli.

Per l’annullamento della sentenza, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione deducendo difetto di motivazione e violazione di legge, in particolare, rilevando:

– che era necessario disporre una perizia psichiatrica sull’imputato, alcolizzato affetto da sindrome di Ganser (con disturbi dissociativi a personalità multipla), al fine di accertare che cadeva in trance di possessione e per autosuggestione ed era convinto di avere facoltà paranormali: a questo motivo di appello non è stata data risposta;

– che per la B. non è provato che i toccamenti siano avvenuti prima del compimento dei quattordici anni: inoltre, la motivazione sulla esclusione della attenuante del fatto di minore gravità non è congrua;

– che, per la fattispecie prevista dall’art.600 quater c.p., manca la prova dello sfruttamento sessuale dei minori necessario per l’epoca del commesso reato;

– che V. mente asserendo di essere stata soggiogata dal mago perchè aveva rapporti sessuali con altri uomini benchè l’imputato li avesse vietati;

– che la V. non dice la verità sullo asserito versamento di cento milioni perchè non aveva le possibilità economiche di corrispondere una tale cifra: sul punto, i Giudici avrebbero dovuto acquisire i tabulati dei conti correnti della donna che avrebbero smentito il suo assunto;

– che, per il reato di lesioni colpose, manca la prova che abbia contagiato da V. del virus HIV. Nei motivi aggiunti, l’imputato ribadisce quanto asserito in quelli principali.

Le deduzioni dell’atto di ricorso sono meritevoli di accoglimento nel limite in prosieguo precisato.

In merito alle facoltà mentali dell’imputato ed alla richiesta di perizia psichiatrica, la Corte territoriale ha adeguatamente risposto al motivo di appello; nessuna emergenza processuale faceva sospettare in concreto uno stato morboso che avesse una ricaduta negativa sulla capacità di intendere o volere dell’appellante dal momento che la dedotta sindrome di Ganzer non è stata documentata. E’ attestato solo uno "stato ansioso reattivo" che non incide sulle facoltà intellettive e volitive e non è annoverabile tra i disturbi della personalità che possono avere influenza ai fini dell’applicazione degli artt. 88 e 89 c.p..

Nei motivi di ricorso, l’imputato non ha segnalato alcun nuovo elemento o argomento che possa mettere in discussione la conclusione sul tema della Corte di Appello.

Per i reati previsti dall’art.640 c.p. (addebitato dal 14 maggio 1989 ed 1999) e dall’art. 600 quater cod. pen. (accertato il (OMISSIS)) si è maturato il periodo richiesto dagli artt. 157 e 160 c.p.. Di conseguenza, la Corte annulla senza rinvio la impugnata sentenza perchè i reati sono estinti per prescrizione rilevando, in relazione all’art. 600 quater c.p. che è carente la evidente prova favorevole all’imputato che possa giustificare la priorità del proscioglimento nel merito. Sul punto, la condotta di detenzione del materiale pedopornografico è indiscussa e la tesi difensiva, sulla interpretazione del termine sfruttamento inserito nel testo originale della norma, è stata superata dalla sentenza della Sezioni unite n. 13 del 2000 che ha chiarito come sia equipollente alla utilizzazione (non necessariamente a fini di lucro) del minore in modo da offendere la sua fragile personalità nello aspetto sessuale.

Per quanto concerne il delitto di truffa, le censure dell’atto di ricorso devono essere valutate, essendovi stata condanna generica al risarcimento dei danni, ai limitati effetti dell’art. 578 c.p.p.. Ora la dazione di somma da parte della V. al ricorrente è attestata non solo dalle dichiarazioni della donna (reputata globalmente affidabile e credibile), ma da uno scritto e dalle stesse ammissioni dell’imputato; le disposizioni patrimoniali non nascevano da un libero consenso della vittima, ma sono state determinate dagli artifizi e dai raggiri perpetrati dal M. che avevano indotto nella parte lesa il convincimento che le elargizioni fossero necessarie per ottenere protezione magica che la teneva al riparo da gravi mali che l’imputato era in grado di neutralizzare.

Esistono, pertanto, tutti gli elementi costitutivi della fattispecie di reato e, di conseguenza, devono essere fatte salve le statuizioni civili della impugnata sentenza; è vero, come sostiene il ricorrente, che il quantum della truffa non è stato determinato per carenza delle relative indagini, ma la problematica non è di attualità in questa sede e sarà affrontata e risolta dai Giudici della liquidazione dei danni. Relativamente al reato continuato di violenza sessuale ai danni della V., i Giudici di merito hanno dedicato buona parte della loro articolata decisione a mettere a fuoco la abilità del M. a manipolare la mente della sua vittima con un modus operandi ed una tecnica che aveva già sperimentato con altre figura femminili.

Facendo leva sulle sue presunte facoltà paranormali e sulla credenza nello occulto della V., ha isolato la donna dal suo ambiente familiare e sociale, le ha creato uno stato di forte suggestione alimentato dalla prospettazione di immaginari pericoli che solo lui poteva affrontare con i suoi presunti poteri. Tale clima ha influito sulla donna afflitta da problemi, dalla personalità fragile e soggiogabile che ha rendeva la vittima ideale delle manipolazioni dell’imputato; costui, con una opera insinuante, l’ha convinta che gli atti sessuali fossero indispensabili per evitare possibili eventi negativi. In tale contesto, la tesi del ricorrente, sul libero consenso della vittima, si infrange di fronte alle emergenze di segno contrario; la donna era privata della sua facoltà di autodeterminazione ed in uno stato di manipolazione che può essere annoverata nella nozione di inferiorità psichica prevista dall’art. 609 bis c.p., comma 2 sub 1. Il principale argomento difensivo per dimostrare che la V. non era condizionata dalla personalità dell’imputato si incentra sul rilievo (già esaminato e motivatamente disatteso dalla Corte territoriale) che intratteneva rapporti sessuali con altra persona benchè ciò le fosse stato proibito dal mago. L’argomento è debole e non supera la tesi accusatoria, fatta propria dai Giudici di merito, secondo la quale la donna era stato di inferiorità psichica ed il consenso agli atti sessuali non era libero, ma determinato dallo stato di paura e dalla, sia pure irrazionale, fiducia nella magia e nei poteri occulti dell’imputato.

Costui sostiene che anche con le persone minorate psichicamente si possono intrattenere leciti rapporti sessuali; la censura non coglie nel segno dal momento che il ricorrente ha abusato delle menomate condizioni della vittima, cioè, le ha strumentalizzate per accedere alla sua sfera intima.

Per quanto concerne l’altra parte lesa, si rileva come la B. abbia avuto cura e si sia sforzata (forse indotta da una lettera dell’imputato che le imponeva di tacere di quanto avvenuto quando era "piccola") di collocare gli atti sessuali oltre il compimento degli anni quattordici; tuttavia, la ragazza ha ammesso che alcun toccamenti in zone erogene erano avvenuti prima di tale età e, di conseguenza, non è censurabile la conclusione della Corte di Appello sulla sussistenza del reato.

Merita, invece, un ulteriore esame, la esclusione della circostanza attenuante speciale della minore gravità dei fatti. Sul tema, i Giudici hanno ricordato la giurisprudenza di legittimità secondo la quale, ai fini della applicazione della fattispecie dell’art. 609 bis c.p., u.c., si deve prendere nel debito conto tutte le circostanze dell’azione, cioè, le modalità della condotta criminosa, il grado di coartazione della vittima ed il danno arrecatole anche sotto il profilo psichico.

Questi parametri di valutazione, pur enunciati, non sono stati tenuti presenti dalla Corte territoriale. Non è stato valutato che gli atti sessuali erano di minima intrusività (leggeri toccamenti) e che la ragazza era consenziente; tale circostanza (anche se non valevole ai fini della configurabilità del reato essendo la violenza presunta in ragione della età della vittima) può essere presa in considerazione al fine di valutare la gravità della condotta. Inoltre, non è stato provato un danno psichico, in esito al reato, subito dalla giovane che, dopo i quattordici anni, ha intrapreso una relazione sessuale con l’imputato liberamente accettata e voluta.

Questi elementi meritano un vaglio e devono essere posti a confronto con quelli che hanno indotto i Giudici a negare l’attenuante (rapporto di fiducia della ragazza con l’imputato e la sua credenza di partecipare ad un rito per liberare i familiari da possibili negatività) per una globale e completa valutazione della gravità del reato.

Per tale lacuna motivazionale, la Corte annulla la sentenza in esame con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Bologna perchè i nuovi Giudici riesamino il punto della concedibilità della speciale attenuante e rideterminino la pena in esito alla declataroria di estinzione dei reati di cui al capo a) ed e) della rubrica.

La censura relativa al reato di lesioni colpose non sono state prese in esame stante la mancanza di querela che inibisce la valutazione del merito dello addebito.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui al capo a) – art. 640 c.p. ed al capo e) – art. 600 quater c.p. – perchè estinti per prescrizione. Annulla con rinvio la sentenza impugnata relativamente al reato di cui al capo f) – art. 609 bis c.p. – limitatamente alla statuizione attinente alla attenuante del fatto di minore gravità e rinvia ad altra sezione della Corte di Appello di Bologna anche la per determinazione della pena conseguente alla estinzione dei reati sub a) ed e). Conferma le statuizioni civili per il reato sub a). Rigetta nel resto il ricorso e rinvia al giudice del merito anche per la liquidazione delle spese sostenute in questo grado dalla parte civile.

Così deciso in Roma, il 14 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 25 luglio 2011

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