Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 14-06-2011) 25-07-2011, n. 29615

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Confermando la decisione del primo Giudice, la Corte di Appello di Perugia, con la sentenza in epigrafe precisata, ha ritenuto I. B. responsabile del reato previsto dall’art. 81 cpv cod. pen., L. n. 75 del 1958, artt. 3 e 4 (per avere introdotto nel territorio Sazie Sabaketa dalla Bosnia al fine di farla prostituire e per avere favorito e sfruttato il meretricio della donna e di altre tre ragazze) e l’ha condannata alla pena di giustizia.

Per giungere a tale conclusione, entrambi i Giudici di merito hanno ritenuto attendibile e credibile il racconto accusatorio della Sazie perchè tutte le sue asserzioni circa i luoghi e le persone coinvolte nella vicenda sono state riscontrate ed hanno consentito di individuare i protagonisti, oltre alla attuale imputata, che l’hanno condotta in Italia per esercitare il meretricio.

Per l’annullamento della sentenza, la I. ha proposto ricorso per Cassazione deducendo difetto di motivazione sulla affidabilità della parte lesa. Segnala che i Giudici hanno sottovalutato la circostanza che la donna già si prostituiva al suo paese (e si è recata nel nostro per continuare la sua attività) e che potrebbe avere formulato le sue accuse per rimanere in Italia per la legge Bossi Fini; rileva che a suo carico esistono solo le dichiarazioni della Sazie non uniformi e non confermate da alcuna attività investigativa o da riscontri gravi e precisi; conclude osservando che, in presenza di sole "deduzioni logiche", sussisteva il ragionevole dubbio che giustificava una declaratoria di assoluzione.

Le censure sono manifestamente infondate ed in fatto per cui il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna della proponente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma che il Collegio reputa congruo fissare in Euro mille- alla Cassa delle Ammende.

La Corte territoriale, dopo una accurata esposizione e valutazione del compendio istruttorio, ha esplicitato quali fossero le emergenze a carico dell’imputata che consentivano di individuarla come l’autrice dei reati in esame e permettevano una declaratoria di responsabilità; i Giudici hanno preso nella dovuta considerazione le confutazioni dell’appellante e lo hanno motivatamene disattese.

L’apparato argomentativo che sorregge la conclusione è logico, completo e, di conseguenza, non può essere messo in discussione in sede di legittimità.

In tale contesto, la ricorrente chiede una rinnovata ponderazione delle prove – alternativa a quella correttamente operata nella impugnata sentenza – ed introduce problematiche che esulano dai limiti cognitivi della Corte di legittimità.

La modifica legislativa dell’art. 606 c.p.p., comma 1 sub e, operata con la L. n. 46 del 2006, permette una indagine extratestuale oltre il limite del provvedimento impugnato, ma non ha alterato la funzione tipica della Cassazione; rimane fermo il divieto – in presenza di una motivazione non carente e non manifestamente illogica- di una diversa valutazione delle emergenze processuali anche se plausibile. Per invocare il nuovo vizio motivazionale occorre che le prove, che il ricorrente reputa trascurate o male interpretate, abbiano una pregnanza tale da disarticolare l’intero ragionamento dei Giudici di merito sì da renderne illogica o contraddittoria la conclusione;

tali caratteristiche non rivestono le censure della ricorrente.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di Euro mille alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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