Cons. Stato Sez. IV, Sent., 02-08-2011, n. 4575 Esclusioni dal concorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.- Con ricorso al TAR del Lazio, il sig. T. ha impugnato il giudizio di non idoneità all’arruolamento nella Guardia di Finanza, reso all’esito delle prove attitudinali svoltesi nell’ambito dei procedura indetta con bando pubblicato sulla G.U. in data 24.12.2002 n. 101. Avverso tale giudizio, comunicatogli con nota del 14.7.2003, il ricorrente aveva formulato le censure di violazione dell’art. 3 della legge 241/90 e dell’art. 9 del bando di concorso.

2.- Con la sentenza epigrafata, il TAR ha accolto il ricorso.

3.- Il Ministero della difesa ha tuttavia impugnato, innanzi a questo Consesso la predetta sentenza del TAR, chiedendone la riforma e svolgendo motivi ed argomentazioni riassunti nella sede della loro trattazione in diritto da parte della presente decisione.

3.1- Si è costituito nel giudizio il sig. T. resistendo al gravame ed esponendo in successiva memoria le proprie argomentazioni difensive, che si hanno qui per riportate.

3.2.- Con ordinanza n.5290 del 2008 la Sezione ha sospeso l’esecuzione della sentenza gravata.

3.3.- Alla pubblica udienza del 17 maggio 2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

4.- L’appello è fondato e merita accoglimento.

La sentenza impugnata ha accolto il ricorso del sig. T. affermando, con diffuse argomentazioni, che il "giudizio tecnico impugnato….. fermi restando i limiti al potere di cognizione del giudice rispetto agli atti espressione di discrezionalità tecnica, appare insufficientemente motivato, in quanto non dà conto in modo esaustivo dei processi cognitivi e dell’iter argomentativo attraverso i quali si è pervenuti alla conclusione di non idoneità all’impiego nel ruolo".

Questa tesi è contrastata dall’appellante Ministero il quale, premessi ampi richiami al principio di insindacabilità degli atti costituenti espressione di discrezionalità tecnica, sottolinea che la giurisprudenza si è espressa anche per il principio della irrilevanza degli accertamenti sanitari non compiuti da organismi medicomilitari.

Al riguardo il Collegio, precisato sul piano terminologico che l’insindacabilità in parola va più correttamente riferita al "merito tecnico" dell’azione amministrativa (cfr. Cons. di Stato, sez. IV, n.601/1999), osserva che la fattispecie sottopostagli non presenta particolarità che permettano di derogare alla consolidata giurisprudenza amministrativa formatasi nel senso della sostanziale insindacabilità nel merito delle motivazioni che sorreggono i giudizi di inidoneità all’arruolamento; restano ovviamente salvi i casi (anche questi evidenziati dalla giurisprudenza) di palese illogicità o abnormità in punto di fatto e che vengano ad integrare il vizio di eccesso di potere.

Ciò premesso non appare anzitutto coerente col predetto quadro giurisprudenziale che la sentenza rilevi una carenza dei "processi cognitivi" da parte della commissione che ha espresso il giudizio, nella specie vertente sulla personalità psicologica del candidato. Il possesso di conoscenze tecnicoscientifiche e la sua applicazione da parte del giudizio, rappresentano certamente un processo cognitivo, la cui natura però preclude al giudice amministrativo di verificare la validità intrinseca del percorso tecnico mediante il quale le conoscenzescientifiche siano state tecnicamente applicate al caso esaminato, formando il convincimento dell’esaminatore; è infatti da escludere che il sindacato su tale forma di cognizione competa al giudice amministrativo, il quale deve quindi limitarsi a verificare se, nell’esercitare le proprie funzioni, l’organo esaminatore non sia incorso in gravi illogicità od errori sui fatti, non potendo esercitare in alcuna forma un ruolo sostitutivo di criteri, metodi e quindi risultati della valutazione. Altra cosa è invece verificare se, sul piano estrinseco, il giudizio risulti formalmente assistito da una motivazione adeguata nel senso di permettere al destinatario di comprenderne le ragioni, quesito al quale nella fattispecie non può che darsi riscontro positivo, atteso che nel giudizio sono esplicitamente presenti i motivi individuati dalla commissione a sostegno della non idoneità del concorrente.

Questione ancora diversa (ma che pure viene in rilievo) è poi la sindacabilità del giudizio sopra accennato mediante l’affidamento a consulenti del giudice di casi in cui emergano effettivi dubbi sulla correttezza tecnica degli accertamenti medici compiuti, evenienza che in tali ipotesi permette al giudicante di avvalersi della consulenza tecnica, ma che nella specie non pare in alcun modo emergere. Ed invero la c.t. di parte esibita dall’appellato (che indica in effetti un risultato del tutto opposto a quello raggiunto dalla commissione per l’arruolamento) non assurge, però, a principio di prova del vizio sostenuto, poiché né da essa, nè da nessun altro elemento specifico emergono vizi logici o fattuali nei quali commissione sia incorsa. Sul punto la c.t. in parola viene quindi a risultare una mera contrapposizione delle proprie conclusioni a quelle dell’amministrazione; certamente la motivazione offerta dal consulente di parte privata risulta molto più diffusa rispetto a quella della Commissione (peraltro chiamata a pronunziarsi su numerosissimi casi), ma da questa circostanza (sottolineata dal primo giudice) non può certo ricavarsi che una motivazione più estesa sia "ex se" indice dell’erroneità sostanziale della tesi che le si contrappone. E ciò senza qui considerare il principio di esclusività, che viene in rilievo trattando il secondo profilo dell’appello.

In tale situazione non può quindi condividersi l’avviso espresso dalla sentenza del TAR, i cui passaggi più significativi al riguardo sono:

– "la motivazione del giudizio di non idoneità è affidata ad espressioni sintetiche che riprendono il parere dei periti selettori e l’analogo breve parere espresso dallo psicologo";

– un giudizio di natura prettamente psicologica non può essere affidato all’utilizzazione di espressioni sintetiche che non diano conto in maniera dettagliata degli accertamenti istruttori espletati, delle risultanze dei tests di valutazione utilizzati, degli apprezzamenti conseguenti";

– "la non idoneità ad un impiego pubblico, sebbene particolarmente atteggiato quale quello relativo al servizio da prestarsi nell’ambito di una forza armata, se asserita esclusivamente per ragioni di ordine psicologico, evidenzia un onere motivazionale particolarmente rigoroso, richiamando un giudizio su fenomeni che, al di là di specifiche patologie, non si manifestano attraverso segni inequivoci o di univoca interpretazione, né sono suscettibili di rapida definizione in base a criteri diagnostici certi o di facile applicazione";

– "Il giudizio di non idoneità al servizio per motivi psicologici non può essere affidato esclusivamente ai risultati di un test o di brevi colloqui, che non consentono un adeguato apprezzamento di una personalità e che rischiano di fondare conclusioni non sufficientemente ponderate sulla personalità dell’individuo".

Si tratta, secondo il Collegio, di una serie di osservazioni che pur essendo svolte in maniera puntuale e logicamente ben articolata, tuttavia finiscono per legittimare un travalicamento della funzione del giudice amministrativo, poiché, più che porre in rilievo le ritenute carenze della motivazione adottata e contestata, tendono ad "indicare" agli organi dell’amministrazione (Commissioni e collegi peritali) il modo e la tecnica di svolgimento delle proprie funzioni. Il complesso dei rilievi svolti dal TAR, che peraltro prosegue e si diffonde sostanzialmente ribadendo le già riportate osservazioni, rischia peraltro di trasformare l’esame della personalità di ogni singolo candidato in un approfondimento scientifico di amplissima portata, che appare, però, del tutto fuori luogo rispetto ai meccanismi selettivi prescelti, tra i quali, oltre al sistema per "tests", è pur sempre previsto il parere dei periti selettori e dello psicologo.

– Passando al secondo profilo sollevato dall’appello, la decisione gravata viene contestata anche sul punto che ha posto in rilevo come la cennata relazione peritale offerta dall’appellato smentisca il contenuto del giudizio oggetto di impugnativa, ed avalla quindi il sostenuto vizio di difetto di motivazione. In merito il Collegio, oltre a quanto già sopra osservato, ritiene anche qui fondate le censure svolte dall’appellante e che si richiamano al principio di esclusività della competenza valutativa da parte degli organismi medicomilitari (cfr. CSI, n. 14/1996, anche in caso di consulenza tecnica), la cui applicazione tende a non dare rilievo, se non per i casi surriferiti, alle risultanze peritali provenienti da sanitari privati.

4.- Conclusivamente l’appello deve essere accolto con le conseguenze di legge.

5.- Sussistono giuste ragioni per disporre la compensazione delle spese di entrambi i gradi di giudizio tra le parti costituite.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione IV), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, accoglie l’appello proposto e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado.

Dichiara interamente compensate tra le parti le spese di entrambi i gradi di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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