Cons. Stato Sez. IV, Sent., 02-08-2011, n. 4574 Edilizia e urbanistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La sentenza in epigrafe riguarda una vicenda di lungo periodo della quale, poiché ampiamente nota alle parti in causa, e da esse non contestata nei passaggi essenziali, si può in questa sede dar conto in modo sintetico.

L’avv. G. V., proprietario di terreni situati in località TizzanoFornaci del Comune di Fiesole, stipulò nel marzo 1964 con il Comune medesimo, una convenzione di lottizzazione per la realizzazione di 30 villette di tipo residenziale, che interessavano parte della proprietà (circa 103 ettari) di durata decennale, valida, in particolare, fino al marzo 1974.

Il progetto relativo a tale intervento godeva dell’assenso della Sopraintendenza ai Monumenti e del parere favorevole del Provveditore regionale alle OO.PP. della Toscana.

La convenzione venne resa esecutiva dal Prefetto di Firenze e successivamente approvata dal Consiglio Comunale di Fiesole con deliberazione del 25 giugno 1969.

In seguito l’avv. V. vendette in blocco i lotti di terreno che componevano la lottizzazione alla alla Soc. Stea di Roma., con pagamento da effettuarsi entro il termine di durata della convenzione.

Con deliberazione consiliare n.130 del 16 luglio 1971 il Comune di Fiesole adottava il Piano Regolatore Generale, inserendo i terreni della lottizzazione nella zona E2 "verde agricolo con vincolo speciale di parco territoriale".

Nella successiva fase di approvazione avvenuta con deliberazione n.13921 dell’11 dicembre 1974, detta zonizzazione, del tutto antitetica a quelle contenuta nella detta convenzione di lottizzazione, venne confermata.

Di qui l’iniziativa giurisdizionale dell’avv.to V. che, in primo grado, venne definita dal T.a.r. della Toscana con sentenza n.480 del 27 giugno 1983 con la quale il ricorso di primo grado venne dichiarato improcedibile per carenza sopravvenuta d’interesse, ritenendosi che le previsioni contestate, avendo introdotto un vincolo d’inedificabilità assoluta (o espropriativo), erano venute meno per decorso del quinquennio in forza dell’art.2, primo comma, della legge n.1187/1968.

In secondo grado l’avv.to V. ottenne la sentenza favorevole di questa Sezione n.24 del 22 gennaio 1990, che, in accoglimento di appello incidentale, ritenne del tutto immotivata la scelta del P.R.R. con riguardo ai terreni che erano ricompresi nella convenzione di lottizzazione sottoscritta dallo stesso Comune di Fiesole.

Intanto, prima ancora che venisse pubblicata la sentenza di primo grado, e cioè con delibera n.29 del 3 marzo 1983, il Consiglio Comunale di Fiesole, adottava una variante al P.R.G. al fine di individuare, ai sensi del 4° e 5° comma,cioè penultimo ed ultimo comma, dell’art.1 della legge regionale 19 febbraio 1979 n.10, nell’ambito delle zone agricole, le aree che presentavano particolari caratteri morfologici, ambientali e produttivi (4° comma), nonché le costruzioni esistenti nelle zone agricole ritenute di particolare valore culturale o ambientale (5° comma); in forza di tale variante delle zone agricole, tutta la proprietà dell’avv. V. fu classificata in parte come boscata normale, in parte come zona agricola collinare"A", in parte come zona coltivata di particolare valore ambientale e paesaggistico.

L’approvazione della deliberazione comunale n.29/1983, avvenne con la deliberazione del consiglio regionale della Toscana n.72 del 1984.

Sempre in sede regionale, con deliberazione consiliare n.296 del 1988, tutta la proprietà dell’avv. V. fu inserita nell’ambito della perimetrazione delle aree protette, essendo, tra l’altro, intervenuta la c.d. legge Galasso n.431/198, e prima ancora, il vincolo paesistico con d.m. 10 ottobre 1964; di conseguenza il terreno venne classificato come appartenente alla categoria "A", con conseguente applicazione delle norme di salvaguardia.

La variante al P.R.G. detta delle zone agricole forma oggetto del ricorso di primo grado al T.A.R. della Toscana n.2990 del 1984.

Con delibera consiliare n.184 del 20 marzo 1990 il Comune di Fiesole, in ottemperanza alla detta decisione del questa Sezione n.24/1990, ha adottato la deliberazione n.184 del 20 marzo 1990.

Tale delibera è stata impugnata al T.A.R. della Toscana n.473181/91 quale atto di pianificazione specifica ed integrativa compiuta attraverso la motivazione adottata a sostegno della destinazione agricola impressa alle aree della proprietà V. in contrasto con la lottizzazione del 1963.

Della stessa deliberazione n.184/1990, si è occupata questa Sezione nell’ambito del ricorso per l’ottemperanza alla citata decisione n.24/1990, promosso dall’avv.to V. e definito con la decisione di rigetto n.800 del 1995.

Per contrasto tra la disciplina urbanistica reintrodotta con la già citata deliberazione n.184/1990, il Comune di Fiesole, con altrettanti provvedimenti di rigetto del 29 ottobre 1990, ha sospeso ogni determinazione sulle due istanze presentate nello stesso anno, con le quali l’avv. V. chiedeva il rilascio di due concessioni edilizie per realizzare interventi all’interno della lottizzazione.

I due provvedimenti soprassessori del 29 ottobre 1990 (rispettivamente prot. n.8714/017314 e prot. n.15588/017315) sono stati impugnati separatamente, ma entrambi insieme alla deliberazione n.184/1990, con ricorso n.3310/91 e con ricorso n.3411/91.

Intervenne poi altro provvedimento del 15 luglio 1994 (prot.n. 10352/14989), questa volta di rigetto dell’istanza di rilascio della concessione edilizia presentata in data 25 maggio 1994; il rigetto fu motivato con il contrasto del progetto di realizzazione edilizia con le norme contenute nell’anzidetta variante delle zone agricole; tale provvedimento è stato impugnato con ricorso al T.a.r. della Toscana n.4098/1994.

Parallelamente al contenzioso promosso dinanzi al giudice amministrativo, il V., dopo la sentenza d’annullamento di questa Sezione n.24/1990, ha iniziato un giudizio dinanzi al giudice ordinario chiedendo il risarcimento del danno per il mancato recepimento della lottizzazione convenzionata del 1964 nel P.R.G. adottato nel 1971 ed approvato nel 1974.

Quest’ultimo giudizio è giunto fino alle Sezioni unite della Corte di Cassazione, che dalla vicenda contenziosa iniziata dall’avv. V. hanno tratto spunto, nell’ambito del regolamento preventivo di giurisdizione, per rivedere attraverso l’ormai nota sentenza n.500 del 22 luglio 1999 la secolare giurisprudenza del giudice civile in tema di irrisarcibilità del danno per lesione dell’interesse legittimo.

Tornata dinanzi al giudice del merito, dopo una pronuncia di integrale accoglimento della domanda del Tribunale civile, è seguito l’accoglimento dell’appello del Comune di Fiesole; il successivo giudizio veniva promosso dall’Avv.to Vitale che si rivolgeva nuovamente alla Corte di Cassazione, la quale accoglieva soltanto i motivi secondo e terzo del ricorso principale, affermando la "astratta risarcibilità" del danno lamentato e la sussistenza dell’"elemento obiettivo dell’illecito", rimettendo le parti al giudice del rinvio per la concreta risarcibilità dei danni lamentati dall’avv. V. alla luce delle eccezioni al riguardo sollevate dal Comune di Fiesole.

La Corte d’Appello di Firenze, si è pronunciata con sentenza n.274 del 25 febbraio 2009, che ha accolto solo in parte la domanda dell’avv. V..

Il Comune di Fiesole, nel frattempo, ai sensi della legge regionale n. 5/95, ha adottato, con deliberazione consiliare n. 113 del 30 novembre 1998, e successivamente approvato con deliberazione consiliare n. 41 del 12 aprile 1999, il Piano Strutturale, che non consente alcuna espansione edilizia sulla proprietà V., come risulta dal relativo certificato di destinazione urbanistica in atti.

Il Piano Strutturale, nella parte in cui disciplina la proprietà V., è stato impugnato dinanzi al T.a.r. della Toscana con il ricorso 544/99 chiedendosi l’annullamento della deliberazione n.113 del 1998.

Sempre, ai sensi della legge regionale n. 5/95, con la citata deliberazione del Consiglio Comunale n. 41 del 12 aprile 1999, veniva approvato definitivamente il nuovo Piano Strutturale, e con delibere del Consiglio Comunale n. 115 in data Il dicembre 2000 e n. 43 del 30 luglio 2001 veniva rispettivamente adottato e approvato il Regolamento Urbanistico, che recepiva e dettagliava le previsioni del Piano Strutturale, confermando ovviamente l’esclusione di ogni possibilità di edificazione sulla proprietà V..

Tanto della delibera di approvazione definitiva del Piano Strutturale che delle delibere di adozione e approvazione del Regolamento urbanistico è stato chiesto dal V. l’annullamento al T.a.r. della Toscana con il ricorso n. 2785/01.

I sette ricorsi sopra succintamente descritti sono stati decisi con sentenza della Sez. I del T.a.r. Toscana n. 4276/2005, che dopo aver previamente riunito i ricorsi nn. 2990/1984, 3310/1991, 3411/1991, 473181/1991, 4098/1994, 544/1999 e 2785/2001, ha adottato il seguente dispositivo:

"a) accoglie il ricorso n. 2990/1984, per la parte in cui è volto ad impugnare la delibera della Giunta Regionale n. 9205 del 10 settembre 1984, e, l’effetto, annulla la delibera in questione, e lo respinge per la restante parte;

b) dichiara estinti i ricorsi nn. 3310/1991 e 3411/1991;

c) respinge il ricorso n. 473181/1991;

d) accoglie il ricorso n. 4098/1994 con conseguente annullamento del provvedimento con lo stesso impugnato;

e) dichiara inammissibile il ricorso n. 544/1999;

f) dichiara inammissibile il ricorso n. 2785/2001, per la parte in cui è volto ad impugnare la delibera del Consiglio Comunale n. 41 del 1999, e lo respinge per la restante parte.

Spese compensate ".

Al cospetto di un così articolato dispositivo, molteplici e diversificate nei contenuti sono state sul piano processuale le reazioni delle parti in causa.

Con ricorso in appello recante il numero di ruolo generale 9850/2005 il Comune di Fiesole ha chiesto la riforma della sentenza impugnata nella parte in cui contiene l’accoglimento dei ricorsi di primo grado indicati nelle precedenti lettere a) e d), pronunciato dal primo giudice non senza aver prima ritenuto che "la c.d. variante al P.R.G. per le zone agricole….non può ritenersi automaticamente caducata in virtù dell’annullamento giurisdizionale del P.R.G. 19711974 che aveva impresso una destinazione agricola all’area di proprietà del ricorrente".

Ha proposto appello autonomo alla medesima sentenza anche la Regione Toscana con atto iscritto con il numero di r.g. 967/2006, chiedendone la riforma nella parte contenente accoglimento del ricorso di primo grado n.2990/1984 di cui alla lettera a) del dispositivo.

L’avv.to V., a sua volta, con atto autonomo recante il numero di ruolo generale 743/2006 nell’ambito di un unico scritto, ha sviluppato un controricorso, per opporsi al gravame del Comune di Fiesole, deducendone l’infondatezza e preliminarmente profili d’inammissibilità, sia con riferimento alla proposizione del gravame stesso, sia in relazione ad alcune delle censure in esso contenute.

Con lo stesso atto ha anche proposto impugnazione proprio appello, mediante il quale:

1) ha anzitutto riproposto tutti i motivi dei ricorsi di primo grado n.2990/1984 e n. 4098/94 (quelli accolti), che dal primo giudice erano stati dichiarati infondati e/o inammissibili e/o assorbiti;

2) ha impugnato la parte della decisione di primo grado contenente il rigetto del ricorso di primo grado n.473181/91 e della quale ha chiesto la riforma;

3) ha contestato l’esito della sentenza impugnata riportato nelle precedenti lettere e) ed f) del su delineato dispositivo, di cui ha chiesto la riforma attraverso la riproposizione di tutti i motivi articolati in primo grado e non esaminati dal primo giudice (per effetto della dichiarazione di inammissibilità).

In ciascuno dei ricorsi in appello rispettivamente introdotti (n.9830/2005; n. 743/2006; n. 967/2006), ciascuna delle parti intimate si è costituita per chiederne il rigetto.

Tutte le parti intimate inoltre hanno successivamente depositato, ciascuna, memoria unica con la quale hanno trattato la materia controversia relativa ai tre gravami, riproponendo anche le questioni di carattere pregiudiziale e preliminare già trattate con i rispettivi atti d’appello.

Il Comune di Fiesole ha depositato memoria di replica per contestare la memoria unica dell’avv.to V..

Quest’ultimo ha depositato due memorie di replica: la prima per contestare le deduzioni avversarie riguardanti la sopravvenuta carenza d’interesse alla decisione per effetto di provvedimenti successivi adottati dalla Regione Toscana; la seconda per controdedurre ulteriormente alla memoria unica depositata sia dal Comune di Fiesole che dalla Regione Toscana.

All’udienza del 17 maggio 2011 i ricorsi sono stati chiamati insieme ed al termine della discussione sono stati introitati dal collegio.

I tre appelli in epigrafe indicati, proposti, rispettivamente, dal Comune di Fiesole (ric.n.9830/2005), dall’avv V. (ric.n. 743/2006), dalla Regione Toscana (ric.n.967/2006), vanno riuniti essendo rivolti contro la medesima sentenza di primo grado del T.a.r. Toscana – Firenze: Sezione I n. 04276/2005 (art.96 c.p.a.).

Seguendo l’ordine del dispositivo della sentenza di primo grado, va data priorità d’esame agli appelli proposti dal Comune di Fiesole e dalla Regione Toscana, con il quali si contesta l’accoglimento del ricorso n.2990/1984 che l’avv.V. ha proposto in primo grado per l’annullamento della c.d. variante per le zone agricole al P.R.G. del Comune di Fiesole, adottata con deliberazione consiliare n. 29/1983 ed approvata dalla Giunta Regionale con delibera n.29/1984, per effetto delle quali è stata introdotta una disciplina volta alla tutela delle aree agricole e delle costruzioni di pregio in esse presenti, estesa a tutto il territorio comunale.

Prima di esaminare nel merito le questioni prospettate con gli appelli anzidetti, occorre esaminare le questioni pregiudiziali sollevate dall’avv V., che s’interpongono al loro immediato esame.

Con la prima, inserita dal deducente nella parte del suo scritto difensivo intitolata "Controricorso", si solleva l’eccezione della carenza di legittimazione del Comune alla proposizione dell’appello, avendo la sentenza di primo grado, nel pronunciare l’accoglimento del ricorso n.2990/1984, annullato soltanto la deliberazione regionale n.9205/1984 e non anche la deliberazione comunale di adozione della variante per le zone agricole n.29 del 1983; con la conseguenza che il comune non avrebbe interesse al giudizio, non essendo stato formalmente impugnato un suo proprio atto.

L’eccezione è palesemente infondata, evidente essendo che l’annullamento della predetta deliberazione regionale di approvazione lede anche il Comune di Fiesole, impedendo alla delibera di adozione n.29/1983, che è parte di un’unica fattispecie procedimentale complessa, di introdurre nel territorio comunale la disciplina in essa recata.

L’eccezione va quindi respinta.

L’avv. V. ha riproposto, inoltre, nella parte del suo scritto difensivo denominata "Appello" (motivo n.1°) la q.l.c. che il giudice di primo grado ha respinto, e che, se non manifestamente infondata, impedirebbe anch’essa l’esame delle censure recate dall’appello del Comune di Fiesole; occorre quindi farsi carico del suo esame.

Assume il deducente che la disciplina del processo amministrativo recata dagli artt. 22 e 23 della legge n.1034 del 1971 viola gli art.3 e 24 della Costituzione, poiché non è prevista alcuna decadenza all’attività difensiva dell’Amministrazione e delle altre parti del giudizio, che non sia quella relativa al termine di dieci giorni di cui all’ art. 23 della stessa legge n.1034, non essendo collegato alcun effetto decadenziale all’inosservanza del termine di costituzione previsto nell’antecedente art. 22.

Ne conseguirebbe che la parte ricorrente in primo grado sarebbe svantaggiata nella predisposizione delle proprie difese, potendo replicare agli scritti avversari in caso di deposito effettuato solo a norma dell’art.23 soltanto oralmente nel corso della successiva discussione.

La questione è inammissibile ed infondata.

Non avendo parte deducente indicato in modo specifico, in relazione al deposito di scritti difensivi ovvero di documenti ad opera delle controparti nel termine di cui all’art.23 legge citata, quale sia stato in concreto il tipo di svantaggio subito nella propria attività difensiva, appare di tutta evidenza che la questione è viziata da chiara genericità.

La questione all’esame è altresì palesemente infondata, dovendosi rilevare che la sua proposizione sembra ignorare le peculiarità del processo amministrativo impugnatorio.

Occorre, sia pur brevemente ricordare a tal riguardo che oggetto del giudizio amministrativo è usualmente l’atto o il provvedimento della p.a. ed il suo contenuto.

Spetta poi alla parte ricorrente la delimitazione dell’ambito della controversia attraverso la deduzione dei motivi di illegittimità.

Poiché a tale delimitazione sono vincolate le parti avversarie, in disparte dalla possibilità di proporre ricorso incidentale, queste ultime non godono in realtà di alcun vantaggio che possa compromettere il diritto di difesa per la parte ricorrente proponente la domanda d’annullamento.

Ciò vale anche se le parti avversarie limitano l’attività difensiva al deposito di memorie e documenti nei termini imposti dall’art 23 della legge n.1034, e non utilizzano quindi la facoltà di difendersi ex art.22 antecedente.

Ed invero ciò che può influire sul diritto di difesa del ricorrente, secondo quanto ritenuto dal legislatore nell’esercizio della propria non sindacabile discrezionalità, è la produzione dei documenti avversari.

Per tale ragione, però, e non a caso, è stato previsto dall’art. 23 citato un termine decadenziale di deposito più ampio rispetto a quello previsto per le memorie (venti giorni e non dieci), con la conseguente possibilità del ricorrente di contestarne il contenuto con proprio scritto difensivo; vale a dire con la memoria da depositare nei dieci giorni antecedenti all’udienza di discussione.

La q.l.c. di parte resistente va quindi respinta per essere, in ragione delle argomentazioni che precedono, manifestamente infondata, non emergendo alcuna violazione del diritto di difesa in giudizio di cui l’avv. V. a torto si lamenta.

Venendo ora ai motivi d’appello sul quale sono incentrate le impugnazioni proposte sia dal Comune di Fiesole che dalla Regione Toscana va osservato che essi vertono sulla parte dell’impugnata sentenza di primo grado che, respinta l’eccezione di improcedibilità per carenza sopravvenuta d’interesse al ricorso (n.2990/1984), lo ha accolto.

Tali motivi sono fondati ed essendo sostanzialmente identici possono essere esaminati insieme.

In ragione di ciò può prescindersi, per il momento, dall’esame delle varie eccezioni pregiudiziali e preliminari sollevate da tutte le parti in causa, e sulle quali si tornerà in seguito per affrontarle alla luce delle ragioni dell’accoglimento che verranno di seguito esposte, poiché esse in realtà investono il merito delle questioni sottoposte all’esame del collegio.

All’accoglimento del ricorso di primo grado il giudice è giunto per l’illegittimità della delibera regionale di approvazione n.9205 del 10 settembre 1984, emanata dopo che il Comune di Fiesole, con unico atto di cui alla delibera consiliare n.29 del 3 marzo 1983, ha adottato entrambe le due varianti per le zone agricole al P.R.G., previste dal penultimo (4°) ed ultimo (5°) comma dell’art.1 della legge ragionale n.10 del 1979.

Ha ritenuto, in particolare, il primo giudice che la detta deliberazione regionale contenesse illegittimamente soltanto l’approvazione della variante disciplinata dall’ultimo comma (5°) dell’art.1 della l.r. n.10/1979, con esclusione quindi della variante ex penultimo comma (4°) stesso articolo, e sotto tale profilo fosse illegittima anche per eccesso di potere nella forma della illogicità e perplessità, non essendo agevole, alla luce del complesso e inscindibile contenuto della deliberazione comunale di adozione n.29/83, separare la parte di quest’ultima non sottoposta ad approvazione.

Al riguardo, per ben comprendere l’ambito dell’indagine che la censura all’esame impone, occorre ribadire l’indiscussa premessa che il Comune di Fiesole, con la deliberazione n.29 del 1983 (e n.72 del 15 febbraio 1984 contenente deduzioni del Comune alle osservazioni) e quindi con un unico atto, ha adottato sia la variante ai sensi dell’ art.1 comma 4° (penultimo), concernente l’individuazione, senza che occorresse la preventiva autorizzazione regionale, e nell’ambito delle zone agricole presenti nel territorio comunale, delle "aree che presentano caratteri morfologici, ambientali e produttivi prevedendo per esse una specifica disciplina", sia la.variante ex art.1 ult.comma, (5°), concernente l’individuazione, attraverso apposito elenco da inserire nelle nn.tt. del P.R.G., delle "costruzioni esistenti nelle zone agricole ritenute di particolare valore culturale e ambientale".

A riprova che l’adozione ha riguardato entrambe le descritte varianti, è sufficiente osservare, in antitesi a quanto ritenuto dal primo giudice in merito alla difficoltà di distinguere all’interno dell’unico provvedimento di adozione comunale quale fosse la variante non approvata dalla Regione, che la loro distinta presenza emerge oggettivamente, da un lato, dalle normali tavole che individuano le zone agricole del territorio comunale, cui viene attribuita un specifica disciplina, e, dall’altro, dall’apposito elenco degli immobili, dei complessi di edifici e dei manufatti; documenti tecnici che indubbiamente definiscono il contenuto complessivo ed al tempo stesso distinto della delibera di adozione.

Ora, nel pervenire all’annullamento della delibera regionale di approvazione n.9205 del 1984, il primo giudice, pur riconoscendo, attraverso ampi quanto indiscutibili riferimenti agli atti riguardanti l’attività istruttoria svolta dalla Regione stessa sull’intera materia sottoposta al suo esame, che quest’ultima fosse stata pienamente consapevole della reale portata complessiva della delibera comunale di adozione, ha ritenuto anzi che tale ampia dimensione istruttoria fosse non rilevante o comunque non sufficiente per giungere all’affermazione dell’approvazione integrale della delibera adottata dal Comune di Fiesole.

In questo modo, però, ad avviso del collegio, nella parte della sentenza impugnata in esame, è stato utilizzato un metro di giudizio per nulla pertinente alle peculiarità della fattispecie esaminata.

E’ noto che il procedimento, attraverso il quale si giunge (oggi non è più così, proprio perché è mutato il ruolo della Regione nella pianificazione generale urbanistica di cui si dirà in seguito) all’approvazione del P.R.G. o di una sua variante, è dogmaticamente inquadrato nell’ipotesi della fattispecie complessa a formazione progressiva, in cui l’atto regionale di approvazione è espressione di una funzione che non consente di assimilarlo tout court ad un atto di controllo della legittimità formale sulla delibera comunale di adozione.

Ed invero, nel procedimento in questione la Regione, in sede di approvazione, utilizza un potere che è di valutazione e di sindacato nel merito delle scelte pianificatorie effettuate dal comune, al fine di verificarne la compatibilità con gli interessi di portata più generale di cui la Regione stessa, trattandosi di competenza concorrente, è, a sua volta, istituzionalmente titolare in materia urbanistica.

Corollario di tale tradizionale impostazione è che la volontà contenuta nel provvedimento regionale di approvazione di uno strumento urbanistico adottato dal comune non può essere stabilita, ove sorgano dubbi al riguardo, senza prima esaminare nel loro complesso tutti i passaggi che hanno caratterizzato il subprocedimento di approvazione che la Regione stessa ha doverosamente attivato nel rispetto della disciplina in materia.

Da tale impostazione discende ulteriormente che il contenuto del dispositivo del provvedimento di approvazione e degli atti che ne rappresentano l’immediata premessa non è un riferimento obbligato ed unico per stabilire la volontà della Regione più di quanto lo è la totale assenza di valutazioni di dissenso rivolte, per tornare al profilo in esame, alla variante ex art.1 comma 4° l.r. n.10/1979 che il Comune di Fiesole ha certamente adottato con la richiamata delibera di adozione.

Diversamente argomentando, condividendo cioè l’impostazione del primo giudice, evidente sarebbe il vulnus verso gli interessi di rango istituzionale del comune, che verrebbero vanificati ancorché tutelati attraverso il riconoscimento di una loro competenza primaria, nonché verso principi cardine dell’azione amministrativa per i quali l’intangibile potere di provvedere nuovamente in quella materia presuppone necessariamente la conoscenza delle ragioni della mancata approvazione da parte della Regione.

Alla luce delle argomentazioni che precedono non appare quindi errato condividere gli argomenti che gli enti appellanti hanno utilizzato per contestare la sentenza di primo grado, e che anzi nella stessa sono stati posti in evidenza, senza trarne però le coerenti conseguenze in punto di piena legittimità dell’approvazione regionale.

Tali argomenti, correttamente ad avviso del collegio, fanno riferimento: al contenuto della relazione istruttoria a cura del Gruppo Tecnico in data 3.7.1984; al parere della C.R.T.A. espresso nella seduta dell’11 luglio 1984; al mandato dato con il dispositivo dell’approvazione regionale (punto 3) al Presidente della Giunta Regionale per vistare, affinché divengano "parte integrante del….. provvedimento", gli atti tecnici riguardati anche la variante comunale per le zone agricole di cui al citato comma 4°.(dell’art.1 l.r. n.10/79).

La considerazione unitaria di tali significativi atti rende palese, ad avviso del collegio, che la Regione ha inteso approvare l’intera delibera di adozione del Comune di Fiesole n.29/1983, senza quindi effettuare alcuna distinzione al suo interno e dovendosi dunque escludere che sia stato approvato soltanto l’elenco degli edifici costituente l’elaborato specificatamente riferibile al quinto comma dell’art.1 della l.r. n.10/1979.

A questo punto, per quanto rilevato da parte resistente, siffatta integrale approvazione regionale impone certamente di risolvere un aspetto problematico che non è di rilievo secondario, e che trae fondamento dall’evidenza di una variante, che, avendo interessato praticamente tutto il territorio del Comune di Fiesole, sembra esulare dal più ristretto ambito di applicazione che emerge proprio dalla lettura dal penultimo comma (4°) dell’art.1 della legge regionale n.10.

In effetti il contenuto di tale disposizione sembra riferirsi, almeno in prima battuta, ad un intervento limitato ad alcune zone agricole del territorio comunale; aspetto, quest’ultimo, dal quale sembra potersi ipotizzare una delle possibili ragioni per le quali la Regione ha ritenuto di non formalizzare nel dispositivo della sua suddetta approvazione il riferimento a tale ultima disposizione.

Nella sostanza, la parte privata resistente pone in rilievo che il Comune di Fiesole, con la variante adottata ex comma 4° dell’art.1 legge regionale n.10, avendo normato innovativamente, non parte, ma tutto il territorio comunale, in realtà, ha adottato una variante generale esulante dall’alveo disciplinare di detta norma, la cui conseguente illegittimità scaturirebbe allora dall’assenza della preventiva autorizzazione regionale richiesta dall’art.10 della legge urbanistica fondamentale del 1942 n.1150.

Al riguardo, il collegio ritiene di dover osservare che l’aspetto giuridico posto in evidenza dall’avv. V. è stato preso in esame dal Comune ed è stato risolto in sede di controdeduzioni alle all’osservazione n. 24 dove appunto è stata fatta questione circa l’esonero dalla preventiva autorizzazione all’adozione della variante consentito dall’art.1 della l.r. n.10/1979 soltanto in presenza di una variante concernente le zone agricole del territorio comunale; cioè di una variante non generale ma speciale.

Con argomentazione, dalla quale il collegio non ritiene di dissentire, venne ivi replicato che: "l’art.1, 4° comma, della L.R. n.10/1979 può essere discrezionalmente interpretato ed applicato nel senso di ritenere che l’intero territorio comunale meriti una particolare attenzione, sotto il profilo ambientale e culturale, in sede di normativa urbanistica; ciò con riferimento al fatto che l’intero territorio del Comune di Fiesole ha intrinseche caratteristiche di particolare pregio, caratteristiche che….. sono riconosciute dai vari decreti ministeriali che hanno sottoposto alla tutela di cui alla Legge n.1497/1939 pressoché tutto l’intero territorio".

In sostanza, è stato posto correttamente in evidenza che non è l’estensione del territorio a costituire il presupposto applicativo della variante in argomento, bensì la sua particolare " qualitas", non rinvenendosi ragione per la quale questa non dovrebbe essere tutelata con la disposizione regionale in esame quando presente in tutto il territorio comunale.

Fermo quanto precede, ciò che, in effetti, va più concisamente evidenziato è che nell’interpretazione e nell’applicazione del penultimo comma dell’at.1 della legge regionale n.10 va, invero, privilegiata la finalità con esso perseguita dal legislatore regionale, pacificamente individuabile nella tutela conservativa delle zone agricole comunali di pregio, essendo del tutto irragionevole che una tale finalità debba venir meno o comunque trovare un limite in ragione dell’ambito territoriale più o meno vasto da tutelare.

Quanto poi al rilevo che è comunque mancata l’autorizzazione preventiva alla sua adozione da parte della Regione, è facile replicare che tale omissione non produce alcun effetto di illegittimità, avendo comunque chiarito la giurisprudenza del giudice amministrativo – che qui s’intende ribadire (T.a.r. Catanzaro, Sez.unica, n.2931/2000; C.d.S. Sez. IV n.9/1988) – che essa viene sanata dalla successiva approvazione regionale.

Alla luce delle argomentazioni sopra svolte, è allora consentito affermare che entrambe le cc.dd. varianti delle zone agricole sono state adottate dal Comune di Fiesole e successivamente approvate dalla Regione Toscana; va aggiunto, in particolare, che la variante concernente l’individuazione delle zone agricole, essendo estesa a tutto il territorio comunale, è di fatto una variante generale che innova e sostituisce ogni altra disciplina urbanistica precedentemente stabilita per le stesse zone comunali da previgenti strumenti urbanistici; in particolare dallo stesso P.R.G. del Comune di Fiesole adottato con deliberazione consiliare n.130/1971 ed approvato in sede regionale con deliberazione n.13921/1974.

Dall’accoglimento che precede deriva che non occorre esaminare il 1° (improcedibilità del ricorso di primo grado) ed il 2° (violazione dell’art.112 c.p.c) motivo dell’appello del Comune di Fiesole nonché il 1° motivo (violazione dell’art.112 c.p.c.) dell’appello della Regione Toscana.

Da ciò discende, inoltre, l’inutilità dell’esame del profilo della carenza d’interesse alla decisione del ricorso di primo grado n.2990/1984, sollevata dal Comune di Fiesole, con la memoria unica depositata in prossimità dell’udienza di discussione, che viene dedotto per aver la Regione Toscana, con la consiliare n.53 del 30 gennaio 2006, nuovamente deliberato, eliminando ex post il vizio che ha indotto il giudice di primo grado ad annullare la variante per le zone agricole di pregio ex art.1 comma 4° l. r. n.10/1979.

Per effetto dell’accoglimento dei motivi dell’appello proposto e dal Comune di Fiesole e dalla Regione Toscana,il Collegio deve ora necessariamente esaminare l’ "APPELLO" dell’avv. V.. Con esso vengono riproposti i motivi del ricorso di primo grado n. 2990/1984 che la sentenza impugnata ha respinto o non esaminato.

Con il motivo n.2° dell’atto d’appello (del primo s’è già detto in precedenza), costituente il tema fondante di tutte le sue difese dispiegate nel presente giudizio, l’avv V. lamenta che all’interno della variante di individuazione delle zone agricole di pregio in questione, è stato del tutto immotivatamente omesso di provvedere all’inserimento della convenzione di lottizzazione, che nel marzo del 1964 fu stipulata con il Comune di Fiesole, ed avente ad oggetto un intervento residenziale di tipo semintensivo, consistente nella realizzazione di 30 villini, localizzati su parte dei terreni di sua proprietà, situati in zona collinare.

Il Collegio è ben consapevole che la questione sopra riassunta rappresenta l’aspetto giuridico preminente del vasto contenzioso insorto tra l’avv. V. ed il Comune di Fiesole ed è altresi consapevole che sulla questione stessa è già intervenuto un giudicato per effetto della sentenza di questa Sezione n.24 del 1990, con la quale è stato annullato il p.r.g. che il medesimo Comune ha adottato nel 1971 (delib. n.130 del 16 luglio) e la Regione Toscana ha approvato nel 1974 (delib.13921/1974), nella parte in cui non sono state in alcun modo esternate le ragioni del mancato inserimento della lottizzazione anzidetta nella disciplina urbanisticoedilizia del P.R.G..

Al riguardo ed in linea con quanto ritenuto dal giudice di primo grado, deve il collegio anzitutto ricordare che l’invocato carattere auto esecutivo delle citata decisione d’annullamento di questa Sezione (n.24/1990) non può essere inteso come automatico inserimento della disciplina della lottizzazione nella disciplina del P.R.G.

Deve, invero,essere piuttosto inteso nel senso che l’eliminazione del provvedimento illegittimo in forza della decisione definitiva del giudice amministrativo avviene senza che l’amministrazione debba adottare ulteriori atti o provvedimenti, fermo restando che l’amministrazione comunale, nel conformarsi alla decisione d’annullamento per difetto di motivazione, non perde l’insopprimibile potere di pianificazione del territorio; è quindi tenuta unicamente a motivare indicando esaustivamente le ragioni dell’incompatibilità tra la disciplina recata dalla convenzione di lottizzazione e la disciplina del P.R.G..

Va evidenziato, del resto, che, quand’anche l’amministrazione volesse procedere, in adempimento di un giudicato ad essa sfavorevole, all’inserimento di una preesistente lottizzazione nel successivo P.RG., sarebbe comunque necessario, per ragioni di coerenza complessiva del disegno pianificatorio (poiché ciò comporterebbe la considerazione di due contesti disciplinari strutturalmente diversi sia soggettivamente che oggettivamente) che nel P.R.G. muti, ove occorra, anche la disciplina generale in tema di localizzazione delle lottizzazioni, nonché, attraverso opportune disposizioni di raccordo, la disciplina della specifica zona in cui si trovano i terreni della lottizzazione che si volesse inserire nel nuovo Piano.

La tesi dell’inserimento automatico della lottizzazione stipulata dall’avv V. nel P.R.G non ha quindi alcun fondamento e non può dunque essere condivisa quale espressione di una visione d’impronta prettamente civilistica del rapporto tra la preesistente convenzione di lottizzazione e la successiva pianificazione del territorio comunale, dimenticandosi che anche la prima va annoverata tra gli strumenti urbanistici, con conseguente possibilità di rivederne i contenuti attraverso l’introduzione di una disciplina successiva, ferma restando la tutela dell’affidamento ingenerato nel privato, eventualmente traducibile anche nel riconoscimento delle spese sostenute.

La pregressa approvazione di un piano di lottizzazione non priva, dunque, il Comune dei suoi poteri pubblicistici in materia di disciplina del territorio a difesa di esigenze di ordine generale, ivi incluso quello di modificare o revocare gli strumenti urbanistici, in relazione a situazioni sopravvenute, ovvero anche all’adozione di nuovi criteri di valutazione ritenuti più corrispondenti alle suddette esigenze (Cons. Stato Sez. IV, 13 luglio 1993, n.711).

Non determina alcuna illegittimità l’aspetto, anch’esso trattato con il motivo in esame, concernente l’asserita relazione di presupposizione tra il P.R.G. e la variante delle zone agricole, ad avviso dell’appellante implicitamente emergente dalla disciplina dei commi 4° e 5° dell’art.1 l.r. n.10/1979.

Alla luce dell’invocato contesto disciplinare urbanistico sarebbe venuta a mancare, in ragione dell’annullamento del P.R.G. recato dalla sentenza n.29/1990 di questa Sezione, la condizione normativamente prevista per procedere all’adozione della variante per le zone agricole.

In senso contrario conduce, però, quanto già in precedenza osservato circa l’ampia portata degli effetti della contestata variante per le zone agricole.

E’ sufficiente allora ribadire che quest’ultima è variante in fatto generale, con la quale è stata sostituita la previgente disciplina urbanistica recata dal P.R.G., anche nella parte di quest’ultimo annullata, con la conseguenza che è del tutto privo di pregio insistere sulla sua assenza in parte qua, per trarne conseguenze in termini d’insussistenza dell’atto presupposto alla variante per le zone agricole.

Il secondo motivo dell’appello dell’avv.to V. va quindi respinto.

Anche il terzo motivo dell’appello in esame deve essere respinto.

Reclama con esso l’appellante privato il mancato annullamento della delibera di adozione comunale della variante per le zone agricole (n.29/1983), ritenendo illegittimo che l’annullamento pronunciato dal primo giudice sia stato limitato alla deliberazione regionale di approvazione di essa.

Poiché quest’ultimo annullamento è stato ritenuto in questa sede meritevole di rimozione, ne consegue che il motivo in esame è infondato per l’assenza della premessa giuridica su cui si fonda.

Stessa sorte deve essere riservata al quarto motivo d’appello, con il quale si deduce la violazione dell’art.10 della legge n.1150/1942, non avendo la Regione Toscana preventivamente autorizzato, com’era necessario, l’adozione della variante delle zone agricole, essendo essa, in concreto, una variante generale e non già una variante speciale ricompresa nell’alveo disciplinare dell’art.1 comma 4° della legge regionale n.10/1979.

La questione è stata affrontata e risolta nell’ambito dei motivi d’appello esposti nel gravame del Comune di Fiesole e della Regione Toscana; non resta quindi che ribadire, richiamando la giurisprudenza già citata (T.a.r. Catanzaro, Sez.unica, n.2931/2000;C.d.S. Sez. IV n.9/1988)

che la mancata autorizzazione regionale preventiva è comunque assorbita dalla successiva approvazione da parte della medesima Regione Toscana.

Il quinto e sesto motivo d’appello possono essere esaminati insieme.

La tesi che l’avv.to V. sviluppa al riguardo è nel senso che nessuna insindacabilità dell’ampia dicrezionalità ovvero delle valutazioni di merito di cui il Comune s’avvale nell’introduzione di una nuova e più restrittiva disciplina urbanistica del suo territorio, può essere legittimamente e motivatamente opposta ove le aree agricole da tale disciplina individuate e disciplinate siano del tutto prive delle caratteristiche di pregio particolare che la norma (art.1 comma 4° l.r.n.10/1979) assume a presupposto per l’esercizio della potestà pianificatoria in contestazione.

Nega quindi l’avv.V. che sussistessero i presupposti per classificare i terreni di sua proprietà situati nella località TizzanoFornaci come: parte, zona boscata normale; parte, zona collinare agricola "A"; parte, zona coltivata di particolare valore ambientale e paesaggistico; classificazione quest’ultima che viene, altresì, contestata per essere stata irritualmente introdotta dalla Sezione Urbanistica del Comune di Fiesole avvalendosi della non consentita possibilità di presentare osservazioni al medesimo piano comunale adottato.

Nega soprattutto l’avv. V. che, per effetto della variante per le zone agricole adottata dal Comune di Fiesole ex art. 1 legge regionale n.10 del 1979, siano venute meno le condizioni giuridiche per l’inserimento in essa della lottizzazione stipulata nel marzo del 1964 con il Comune stesso, e che in tale sede di pianificazione il mancato inserimento di quest’ultima sia stato adeguatamente motivato.

Al riguardo il collegio osserva preliminarmente che il particolare atteggiarsi dell’interesse pubblico in materia di tutela del territorio e dei valori che insistono su di esso (ambiente, paesaggio, salute, beni storici e culturali) fa sì che tali interessi e tali valori sono oggettivamente prevalenti rispetto a quelli, sia pur legittimi, ma contrapposti dei privati; in tal senso, come già in parte anticipato, le argomentazioni del primo giudice concernenti il profilo in esame, essendo in linea con la sintetizzata impostazione, sono del tutto condivise dal collegio.

L’affermazione dell’avv. Vitale sull’assenza di un particolare pregio dei terreni di sua proprietà, del resto, non sembra assistita da attendibilità, dovendosi supporre che la sua iniziativa lottizzatoria sia stata ispirata proprio dalla bellezza dei luoghi.

Si trasforma, comunque, tale affermazione in un sindacato sulla discrezionalità tecnica attribuita all’ente locale, che, com’è noto, è possibile solo in presenza di valutazioni macroscopicamente inveritiere ed illogiche. Condizioni, queste ultime, sulle quali, ad avviso dell’appellante, l’art. 1 comma 4° della legge regionale n.10 richiama l’attenzione con l’aggettivo "particolari" riferito à "caratteri morfologici, ambientali, produttivi" dei suoi terreni da sottoporre a specifica tutela, nella specie a suo dire palesemente insussistenti.

Non è, però, necessario, ad avviso del collegio, che i luoghi abbiano caratteristiche singolari e rare affinché la disposizione richiamata nella variante in argomento (v.art. 7 delle nnttaa.) possa dirsi correttamente applicata, essendo richiesto e sufficiente che i caratteri morfologici, ambientali e produttivi posseduti dai terreni siano tali da differenziarli dalle altre aree del territorio comunale e che per essi si giustifichi una regolamentazione volta a privilegiare la conservazione o anche la ripresa o la possibilità di ripresa dell’attività agricola; caratteri, come visto, che sono presenti in (quasi) tutto il territorio fiesolano.

E non sembra possa essere posto in dubbio, in particolare, che, secondo le conoscenze ed i criteri tecnici comunemente applicati in agricoltura, tali caratteri i terreni della proprietà V. li possiedano, essendo situati in zona collinare, lontani dal centro abitato, in una condizione originaria conservata, riparari dai venti grazie alla presenza di boschi, orientati, come si vede dall’esame delle planimetrie in atti, in modo da renderli oggettivamente adatti allo svolgimento e valorizzazione di attività agricole; tanto è vero che prima del limitato intervento di rimboschimento effettuato molti anni addietro dal medesimo avv.to V., come egli stesso riconosce, venivano in parte coltivati.

Considerazioni, quelle che precedono, che tanto più valgono rispetto ai quei terreni della proprietà Viitali che, a seguito dell’accoglimento dell’osservazione presentata dall’Ufficio Urbanistico del Comune di Fiesole, sono stati classificati coma "zona coltivata di particolare valore ambientale e paesaggistico".

Né può essere ritenuta illegittima la menzionata iniziativa dell’Ufficio Urbanistico, dovendosi tener conto che le "osservazioni" allo strumento urbanistico adottato, per essere semplici apporti collaborativi alla sua formazione prestati al Consiglio comunale, possono essere presentate da chiunque, e quindi anche da un ufficio del Comune stesso (T.a.r. Lombardia – Brescia 01.03.2004 n.159).

Quanto alla lottizzazione convenzionata ed al suo pretesamente immotivato non reinserimento, discende da quanto appena rilevato che le controdeduzioni del Comune con le quali venne respinta l’osservazione (n.3) dell’avv. V. alla variante per le zone agricole, sono sorrette, come già ampiamente e correttamente rilevato in primo grado, da coerenza interna ed puntualità argomentativa, essendosi evidenziata l’inconciliabilità con la finalità generale della variante di un intervento residenziale quale quello propugnato anche in questa sede dall’appellante.

Opporre, inoltre, a quanto in tale sede ritenuto che le opere di urbanizzazione erano già iniziate rappresenta un argomento privo di pregio; sia perché, anche ad ammetterne l’esistenza, si trattava di opere non autorizzate, com’era invece necessario, non essendo state descritte nel progetto di lottizzazione; sia soprattutto perché la loro consistenza, come descritta dallo stesso appellante (una strada, pozzetti, canalette, percorso per il deflusso delle acque, rete di recinzione) non avevano certamente mutato, e tanto meno irreversibilmente, i caratteri intrinseci del terreni che ne sono stati interessati.

Parte appellante, sotto quest’ultimo profilo, si difende sostenendo che tali opere di urbanizzazione non necessitavano, all’epoca, del titolo edilizio, non essendo "costruzione edilizie" ai sensi dell’art.31 L.U.; ma così argomentando, ad avviso del collegio, egli offre la riprova del fatto che esse non avevano mutato significativamente lo stato dei luoghi, trattandosi di opere per l’esecuzione delle quali non occorreva un titolo essendo implicitamente considerate ex lege "minori"..

Non è certo allora retorico domandarsi come si possa negare che un intervento residenziale con le caratteristiche della lottizzazione in argomento, esteso cioè per più di dieci ettari, progettato per la realizzazione di 30 villini, potesse determinare una pressione antropica non solo sui terreni direttamente impegnati, ma anche su quelli circostanti, i cui inevitabili e ben noti riflessi negativi sono certamente in grado di pregiudicare i loro riconosciuti pregi ambientali e paesaggistici (v D.M. 10 ottobre 1964) che con la variante in questione s’è inteso invece tutelare.

Anche il quinto e sesto motivo del gravame dell’avv V. vanno quindi respinti.

Con il motivo numero sette l’appellante lamenta (nuovamente) che sui terreni di sua proprietà è stato illegittimamente imposto un vincolo espropriativo; alla censura in esame il giudice di primo grado ha replicato con argomentazioni che questo giudice condivide; ed invero nessuna opera pubblica o di interesse pubblico è prevista dalla variante delle zone agricole, né è stato imposto un vincolo d’inedificabilità assoluta, ben potendo i proprietari dei terreni interessati realizzare manufatti strettamente funzionali allo svolgimento dell’attività agricola, o comunque compatibili con i riconosciuti pregi paesaggistici ed ambientali.

Deve, infine, essere respinto l’ottavo motivo di gravame con il quale si lamenta che "la fornace" ed "altro manufatto" (un annesso al servizio di essa) non sono stati classificati dalla variante delle zone agricole.

Non è ben chiaro al collegio quali sia l’interesse della parte a dedurre il mancato assoggettamento ad una disciplina che per altro verso viene contestata radicalmente. E’ invece chiaro che l’esclusione è dovuta al fatto che non si tratta di edifici rurali e non si può non ribadire, d’accordo con il primo giudice, che nessun pregiudizio subisce l’appellante, potendone egli richiedere nuova classificazione ai sensi dell’art.39 delle nn.tt.aa. della variante in argomento.

Consegue da quanto precede che in accoglimento del motivo (3°) di gravame del Comune di Fiesole (ric.n. 9850/2005) e del motivo (2°) della Regione Toscana (ric.n. 967/2006), nonché del rigetto integrale di tutti i motivi del ricorso di primo grado n.2990/1984, in parte qui riproposti, la sentenza di primo grado deve essere riformata, dovendosi conseguentemente riconoscere l’insussistenza dell’illegittimità della delibera regionale di approvazione n.9205/1984, con conseguente piena ed integrale validità ed efficacia della deliberazione comunale n.29/1983.

Da ciò discende anche l’accoglimento dell’appello del Comune di Fiesole (n.9805/2005) volto alla riforma della sentenza impugnata nella parte in cui ha accolto per illegittimità derivata il ricorso di primo grado n.4098/1994, avente ad oggetto il diniego di concessione edilizia adottato dal sindaco del Comune di Fiesole in data 15 luglio 1994 (prot.n.10352/14989), assumendone il contrasto con la variante per le zone agricole.

Non essendovi, al contrario, alcuna illegittimità di tale variante, diviene legittimo il detto diniego che su di essa è fondato.

Tale esito non viene meno a fronte dei motivi che l’avv.to V. propone per sorreggere sotto altri profili l’illegittimità del diniego in parola.

Gli argomenti al riguardo spesi appaiono al collegio nuovi e dunque inammissibili in appello (art.104 c.p.a); tuttavia, ed in disparte da ciò, essi sono, in ogni modo, infondati al luce di quanto segue.

Con il primo motivo si deduce che illegittimamente il diniego in esame viene motivato con l’incompatibilità dell’istanza di concessione edilizia con la variante per le zone agricole, essendo quest’ultima venuta meno per il venir meno del suo presupposto giuridico; cioè per la caducazione del P.RG. a seguito della sentenza di questa Sezione n.24/90, che ha comportato il venir meno della destinazione agricola delle aree di proprietà del V. in esso contenuta, necessario presupposto per l’adozione della variante per le zone agricole individuate.

Poiché come già rilevato, ad avviso del Collegio non sussiste, almeno nel caso, alcun rapporto di presupposizione tra il P.R.G. e la variante delle zone agricole, di cui sì è evidenziata la piena autonomia funzionale e disciplinare, il motivo deve respinto, essendo fondato su di un presupposto errato.

Nell’ambito del primo motivo viene dedotta anche la contraddittorietà tra il diniego del 14 luglio 1994 ed due precedenti provvedimenti di contenuto soprassessorio (del 29.10.1990 nn. 8714/17314 e 15588/017315) che il Comune ha emanato, in applicazione delle misure di salvaguardia, a fronte di altrettante istanze dì rilascio di concessione edilizia.

Parte appellante afferma che siffatti ultimi provvedimenti sarebbero stati adottati dal Sindaco del Comune di Fiesole proprio perché le "progettate costruzioni" implicitamente, non erano state ritenute "in contrasto con la variante alle zone agricole".

La tesi non è comprensibile al collegio e va comunque respinta, noto essendo che i provvedimenti in materia edilizia di tipo soprassessorio vengono adottati proprio quando vi è contrasto tra l’istanza di concessione edilizia e la normativa urbanisticaedilizia in itinere; nella fattispecie il contrasto si riferiva, però, al perfezionamento della delibera n.184/1990 con la quale, in ottemperanza al giudicato recato dalla citata sentenza di questa Sezione n.24/1990, il Comune aveva motivato l’esclusione della lottizzazione V. dal P.R.G.

Nella situazione sopra descritta, non si comprende allora il riferimento effettuato da parte appellante alla variante per le zone agricole con la quale a suo avviso le istanze da essa presentate sarebbero state implicitamente riconosciute compatibili dal Sindaco del Comune di Fiesole; né vi è contraddizione, ovviamente, tra gli impugnati anteriori provvedimenti soprassessori ed il successivo diniego esplicito del 1994 adottato dal sindaco di Fiesole, che fanno riferimento e si fondano su diverse situazione giuridiche.

Con il secondo dei motivi esposti, il diniego in questione viene contestato in ragione del suo contenuto, fondato sul rilevato contrasto della relativa istanza con gli artt. 5, co. 2°,10, 11 co. 2°, delle nn.tt.aa. della variante nelle zone agricole.

Poiché queste ultime disposizioni presuppongono, secondo l’appellante, un P.R.G. pienamente in vigore, l’annullamento (seppure in parte) di quest’ultimo con la sentenza n.24/90 di questa Sezione travolgerebbe anche la variante per le zone agricole e quindi determinerebbe l’illegittimità del diniego che su essa si fonda.

Come si vede si tratta di un profilo d’illegittimità già dedotto varie volte da parte appellante e quindi agli argomenti al riguardo già esposti in questa sede si fa rinvio per concludere nel senso della sua completa insussistenza.

Può a questo punto procedersi all’esame dei motivi d’appello proposti dall’avv.to V. (ric.n.743/06) riguardanti gli altri ricorsi riuniti in primo grado e cioè; i ricorsi nn. 3310/1991 e 3411/1991; 473181/1991; 544/1991; 2785/2001.

I ricorsi di primo grado nn. 3310/1991 e 3411/1991 sono stati dichiarati estinti dal primo giudice e in ordine a tale esito non è stato proposto appello; ne consegue che sulla dichiarata estinzione dei due anzidetti ricorsi si è formato il giudicato.

Il ricorso n.473181/191 è ad avviso del collegio divenuto improcedibile per carenza sopravvenuta d’interesse alla sua decisione.

Oggetto di tale impugnazione è la deliberazione consiliare n.184 del 20 marzo 1990, con la quale, come già osservato, il Comune di Fiesole, per ottemperare al giudicato di questa Sezione (sent.n.24/1990), ha nuovamente deliberato, confermando, da un lato, la disciplina del P.RG. quanto alla destinazione agricola delle aree di proprietà V. e dall’altro motivando, così come imponeva il giudicato predetto, sulle ragioni per le quali la lottizzazione del marzo 1964, non poteva avere seguito, essendone preclusa la realizzazione dalla incompatibilità di essa con gli interessi pubblici afferenti, per un verso, ai rilevanti costi che avrebbe comunque dovuto sopportare il Comune per l’urbanizzazione della zona e, per latro verso,, all’esigenza di tutelare l’oggettivo pregio paesistico ambientale dei luoghi.

Pur condividendo il collegio pienamente le argomentazioni con le quali il primo giudice ha respinto la richiesta d’annullamento della deliberazione n.184/1990, avendo con essa il Comune di Fiesole del tutto analiticamente e legittimamente motivato in ordine a detta incompatibilità, appare coerente rilevare, in rapporto a quanto già esposto in questa sede in ordine alla sostituzione, quanto ai terreni della proprietà V., ed in particolare a quelli interessati dalla lottizzazione, della disciplina del P.R.G. con quella contenuta nella la variate per le zone agricole, talché, quand’anche si dovesse giungere all’annullamento delle deliberazione in questione, alcun vantaggio ne deriverebbe per l’appellante.

Del resto, ed in particolare, va al riguardo evidenziato al fine di valorizzare l’effetto sostitutivo di cui s’è innanzi detto, che la disciplina della variante è stata adottata con deliberazione comunale n.29 del 3 marzo 1983 ed è stata approvata con deliberazione regionale 13921 del 1974; dunque è stata introdotta ben prima del predetto giudicato oltre che adottata, addirittura, prima della definizione del giudizio di primo grado (27.06.1983) mediante la sentenza del T.a.r. della Toscana n.480/1983 adito dall’avv. to V. sul P.R.G. con ricorso peraltro dichiarato improcedibile per carenza d’intesse.

Di qui anche un’ulteriore conferma della carenza sopravvenuta d’interesse all’annullamento della deliberazione n.184/1990, posto che l’obiettivo del reinserimento della lottizzazione del 1964, perseguito anche in questa sede, verrebbe comunque impedito, in caso di esito positivo, dalla sopravvenuta disciplina introdotta dalla variante per le zone agricole, che come s’è visto è antecedente al giudicato contenuto nella sentenza n.24/1990 di questa Sezione.

Deve procedersi ora all’esame dell’impugnazione con la quale l’avv.to V., come già in primo grado attraverso distinti gravami recanti, rispettivamente, il numero di ruolo 544/ 1999 e 2785/2001, ha contestato, a tutela di tutta la sua proprietà, il Piano Strutturale, cioè il nuovo strumento urbanistico generale, che il Comune di Fiesole, ai sensi della legge regionale della Toscana n.5 del 16.01.1995, ha adottato con deliberazione consiliare n.113 del 30 novembre 1998 e successivamente approvato, definitivamente, con deliberazione consiliare n.41 del 12 aprile 1999.

Il ricorso n.544 del 999 è stato dichiarato inammissibile dal primo giudice per violazione del contraddittorio, non essendo esso stato notificato né alla Regione Toscana né alla Provincia di Firenze, ancorché tali enti sovra comunali avessero preso parte alla formazione del Piano Strutturale, secondo la disciplina introdotta dalla citata legge regionale Toscana n.5 del 1995.

Il collegio, prescindendo dall’eccezione di improcedibilità per carenza sopravvenuta d’interesse sollevata dalla difesa del Comune di Fiesole, è dell’avviso che la decisione del primo giudice debba essere condivisa, non ritenendo meritevole di consenso il primo motivo di doglianza esposto da parte appellante e fondato essenzialmente sul rilievo del ruolo secondario riconosciuto dalla legge regionale già citata alla Regione ed alla Provincia (nella specie di Firenze), nel procedimento di formazione del Piano Strutturale; i due enti esprimerebbero meri pareri interni.

Corollario di tale impostazione difensiva sarebbe, ovviamente, l’assenza dell’obbligo di notifica in caso d’iniziativa giurisdizionale dinanzi al giudice amministrativo.

La legge regionale della Toscana n.5 del 1995 ha profondamente modificato il procedimento di formazione degli strumenti urbanistici.

Le novità al riguardo sono molte ed in questa sede non vì è ragione di occuparsene se non per quanto occorre ai fini della decisione sulla contestata pronuncia d’inammissibilità del giudice di primo grado.

In quest’ambito va rilevato che una novità è rappresentata dall’ente che deve procedere all’approvazione del nuovo strumento urbanistico, che non è più la Regione, secondo il modello procedimentale del previgente iter di formazione introdotto con la L.U. fondamentale, ma il Comune stesso.

Va ora chiarito che questa importante novità è stata, però, dettata dall’esigenza, già emersa nel sistema previgente, di evitare che una rigida divisione dei ruoli del Comune e degli altri enti sovra comunali partecipanti al procedimento di formazione degli strumenti urbanistici determini la vanificazione della complessa attività che il nuovo modello di pianificazione impone sin dalla fase d’adozione, cosa che indubbiamente accade ogni qual volta in cui viene meno l’approvazione successiva da parte di uno dei detti enti.

Se questa è la ragione del diverso schema procedimentale in esame, con il conseguente riconoscimento di una parte attiva dei detti enti sovra comunali già nella fase di formazione del piano, allora se deve dedurre che la diversità rispetto allo schema previgente è di tipo procedimentale, giacché funzionale alla maggiore efficienza dell’azione amministrativa e non è volta quindi a determinare, come pretende parte appellante, il loro ridimensionamento alla luce di una approvazione finale che spetta solo al Comune.

Ed invero, come ha già rilevato questa Sezione, con il nuovo modello di pianificazione "….non si è avuta una trasformazione della natura di atto complesso dello strumento urbanistico…., che rimane un provvedimento nella cui formazione definitiva concorre…..la volontà di diversi enti" (C.d.S. Sez. IV 16 aprile 2010 n.2174).

E’ sufficiente, allora la lettura della norma regionale della Toscana (art.25 l.r.n.5/1999) per avvedersi che agli enti sovra comunali (Regione e Provincia) è data la possibilità di partecipare attivamente alla formazione del P. S. attraverso la presenza dei rispettivi uffici tecnici, ai quali è affidato il compito, mediante contatti non episodici, di ricercare soluzioni condivise con il Comune.

In particolare è dato ai detti soggetti di rendere un parere vincolante sì da porre in evidenza un potere di codecisione "che introduce obblighi in capo all’amministrazione comunale di carattere cogente" (v. decisione citata).

Quanto al riferimento effettuato da parte appellante alla conferenza di servizi tenutasi tra i detti enti, va ricordato che essendo essa soltanto un modulo procedimentale, cioè un metodo di azione amministrativa e non un ufficio speciale della Pubblica amministrazione, autonomo rispetto ai soggetti che vi partecipano, "è imprescindibile la notifica del ricorso alle Autorità amministrative, fra quelle partecipanti, che mediante lo strumento della conferenza abbiano consentito l’adozione di un provvedimento a rilevanza esoprocedimentale lesivo della sfera giuridica del privato ricorrente (C.d.S. Sez. VI – 3 marzo 2010 n.1248).

Parte appellante ha omesso di notificare alla Regione Toscana ed alla Provincia di Firenze il gravame in esame.

La sentenza di primo grado, nella parte in cui ha dichiarato inammissibile il ricorso di primo grado,n.544/1999, va quindi confermata all’esito e per effetto del rigetto dell’appello n.745/2006, nella parte riguardante tale dichiarazione d’inammissibilità.

Parte appellante nell’ambito del ricorso di primo grado n.544/1999 aveva contestato sotto vari aspetti la delibera del consiglio comunale di Fiesole di adozione del Piano Strutturale (delib.n.113/1998).

Per effetto della dichiarata inammissibilità del ricorso (n.544/1999), queste ultime doglianze non sono state esaminate in primo grado, e dunque l’avv.to V. le ha riproposte in questa sede per chiederne l’accoglimento nel presupposto dell’auspicata riforma della sentenza di primo grado; si tratta di cinque motivi identificati con numeri romani che vanno dal II al VI..

Astraendo dalla conferma del giudizio di conferma dell’inammissibilità del ricorso, il Collegio preferisce esaminare tali mezzi (che pur dovrebbero essere trascurati una volta che il Paino Strutturale, per le ricordate ragioni processuali, non potrebbe decadere).

I primi tre di tali motivi (II, III, IV) possono essere esaminati insieme e vanno, ad avviso del Collegio, ritenuti infondati.

Con essi l’avv.to V. si duole che nella relazione del Piano Strutturale, negli atti tecnici e nelle singole norme di esso (in primis l’art. 46) non si sia in alcun modo tenuto conto della reale condizione giuridica e di fatto dei terreni di sua proprietà, con la conseguenza che sarebbe del tutto errata la destinazione ad essa attribuita, ed in particolare a quella parte interessata dalla più volte menzionata lottizzazione, di " bosco" e di terreno "con prevalente funzione agricola".

Ciò sarebbe avvenuto per aver omesso il Comune di considerare: che tale proprietà ha una destinazione residenziale per effetto della ridetta lottizzazione, la cui legittimità e quindi il cui conseguente reinserimento nella disciplina urbanistica in vigore deriverebbe dal giudicato di cui alla sentenza di questa Sezione n.24/1990; che il bosco in realtà non esiste, giacché le piante ivi esistenti furono collocate dallo stesso appellante in funzione dell’urbanizzazione dell’area in parte già eseguita; che comunque la reale destinazione dell’area in questione sarebbe di tipo produttivo- artigianale per la presenza di una cava di calce con adiacente fornace.

Ritiene il Collegio che tutti gli esposti argomenti di parte appellante non presentano sostanziali novità rispetto a quelli utilizzati per affermare l’illegittimità della variante delle zone agricole, con il cui contenuto, del resto, il Piano Strutturale intende porsi in linea di continuità. (v. delibera consiliare n.41 del 12 aprile 1999, contenente controdeduzioni alle osservazioni dell’appellante).

Valgono dunque a determinare il rigetto delle censure in esame le stesse argomentazioni che in questo giudizio sono state in precedenza già utilizzate, e che sono qui richiamate, nell’ambito delle questioni già trattate giungendo alla riforma dell’impugnata sentenza di primo grado in conseguenza dell’accoglimento degli appelli del Comune di Fiesole e della Regione Toscana.

Non è inutile aggiungere che la contestata disciplina recata dal Piano Strutturale, in ordine alla proprietà V., discende dalla disciplina contenuta nel P.T.C. provinciale (in seguito anche P.T.C.P.), che parte appellante non ha impugnato con il ricorso di primo grado n.544/1999 e dove essa è classificata:

1) per parte dei terreni in: "Zona di tutela paesaggistica e ambientale del territorio aperto, abitati minori e edifici sparsi" (art.7)

2) per altra parte dei terreni in: " Ambiti di reperimento per l’istituzione di parchi riserve e aree naturali protette di interesse locale L.R. n.49/95" (art.10);

3) ancora per altra parte dei terreni in:"Aree di protezione paesistica e/o storico ambientale" (art.12).

Come si può notare, al pari che nella variante per le zone agricole, anche la Provincia si è orientata per l’assoluta inconciliabilità di una destinazione a fini residenziali dei terreni in questione.

Si soggiunge che l’asserita destinazione produttivoartigianale è stata valutata dal Comune in sede di controdeduzioni alle osservazioni presentate da parte appellante, deducendo, con argomentazione, ad avviso del collegio, immune da irragionevolezza che "l’eventuale qualificazione produttiva di alcuni manufatti (fornace + volume annesso) preesistenti, costituisce elemento puntuale e circoscritto e non può dilatarsi in una sorta di zonizzazione funzionale".

I motivi d’appello II, III e IV dedotti per ottenere la riforma della decisione di primo grado che ha respinto in rito il ricorso n.544/1999, vanno in conclusione respinti.

Anche i successivi motivi V e VI possono essere trattati insieme, poiché con entrambi si sostiene che il P.S. ha errato nel classificare come strada vicinale realizzata all’interno della proprietà V. una strada che il medesimo appellante ha realizzato in funzione della lottizzazione convenzionata con in Comune di Fiesole nel marzo del 1964, che quindi è, in particolare, una strada che non può affatto essere fatta rientrare nell’elenco delle strade vicinali presenti nell’elenco peraltro fermo all’anno 1939, ma una strada di proprietà esclusiva, che non può assolutamente essere inclusa tra quelle soggette ad uso pubblico.

L’esame degli anzidetti motivi esige la premessa che la classificazione della viabilità – perché è di ciò che si lamenta l’appellante – non rientra tra i contenuti del Piano Strutturale (v. art. 24 l.r. n.5/1995).

Ora, qualora l’appellante, con i motivi in esame, si voglia dolere anche del fatto che non si è tenuto conto di un’opera di urbanizzazione correlata alla ridetta lottizzazione, la censura non può determinare conseguenze in termini d’illegittimità del Piano Strutturale, in ragione di quanto sopra ripetutamente esposto in ordine all’argomento riguardante l’efficacia della lottizzazione convenzionata; se invece egli ritiene di contestare soltanto l’errata la classificazione della strada, non può che rilevarsi il difetto di giurisdizione di questo giudice e dunque l’inammissibilità del motivo, noto essendo che la materia rientra nella giurisdizione del giudice ordinario(Cass. SSUU. 27 gennaio 2010 n.1624).

I motivi dell’atto d’impugnazione in esame successivi a quelli in precedenza trattati, riguardano la decisione di rigetto della sentenza impugnata nella parte in cui ha esaminato il ricorso n.2785/2001, con il quale era stato chiesto l’annullamento sia della delibera di approvazione definitiva del Piano Strutturale che delle delibere di adozione (n.115/2000) e di approvazione (n.42/2001) del successivo Regolamento Urbanistico.

Il primo giudice ha ritenuto quest’ultimo ricorso inammissibile nella parte concernente la delibera comunale di approvazione del Piano Strutturale (n.41 del 12 aprile 1999) ed altrettanto ha statuito per le censure rivolte alle prescrizioni del Regolamento Urbanistico.

Queste ultime, infatti, sono, nella fattispecie, direttamente consequenziali al contenuto del Piano Strutturale e mediatamente tali lo sono rispetto al contenuto del PTC provinciale; secondo lo schema della legge regionale n.5/1995, il Regolamento Urbanistico deve invero attenersi al secondo (art.24, 27, 28) ed il secondo al terzo (art.20).

Discende in particolare dalla sentenza impugnata che sono state dichiarate inammissibili dal primo giudice le censure, in questa sede riproposte, contenute nei motivi primo, secondo, terzo, quarto, quinto e sesto di primo grado, che investono le controdeduzioni del Comune (ovvero profili in esse già trattati) alle osservazioni presentate da parte appellante al P.S. ed esaminate dal Consiglio Comunale con la deliberazione di approvazione del P.S. n. 41 del 12 aprile 1999.

La sentenza impugnata inoltre ha ritenuto le censure contenute nel motivo settimo del medesimo ricorso, in parte inammissibili, in parte infondate; ha ritenuto infondate e/o inammissibili le censure di cui al decimo motivo.

Sono invece state ritenute infondate le censure di cui all’ottavo, al nono ed all’undicesimo motivo del predetto ricorso di primo grado.

Tutte le predette censure sono state in questa sede riproposte; il collegio, in linea con il primo giudice, ritiene che nessuna di esse può beneficiare dell’accoglimento.

Sulla contestazione dell’inammissibilità dell’impugnazione riguardante l’impugnazione della deliberazione di approvazione del Piano Strutturale per mancata notifica alla Regione Toscana e alla Provincia di Firenze (motivo primo dell’appello in esame) il collegio non può che condividere l’esito a cui è giunto il primo giudice, richiamando a tal fine le argomentazioni svolte poc’anzi in merito all’inammissibilità dell’impugnazione della delibera di adozione del medesimo Piano Strutturale.

Premessa la condivisione del collegio per quanto concerne il rilievo effettuato dal primo giudice, concernente l’omessa impugnazione del P.T.C. della Provincia da parte dell’appellante, il cui onere a suo carico discende in effetti dal carattere palesemente precettivo della classificazione data ai terreni della proprietà V. in tale strumento urbanistico sovra comunale, e di cui s’è già riferito in precedenza, occorre ora comunque esaminare il merito delle censure svolte con i predetti motivi secondo, terzo e quarto (valgono anche in tal caso le riflessioni sull’opportunità di affrontare, in quanto possibile, i motivi seguenti indipendentemente dalla conferma delle inammissibilità enunciate in prime cure).

Il motivo secndo è infondato poiché per costante giurisprudenza del giudice amministrativo la formula contenuta nel ricorso secondo cui è impugnato "ogni atto presupposto, connesso, o conseguente ancorché incognito al ricorrente" non ha alcuna rilevanza processuale e dunque non consente di ritenere compresi nel ricorso medesimo atti diversi da quelli indicati espressamente (ex multis v. Cons. Stato Sez. V, 11.01.2011).

Il motivo terzo è infondato poiché la contestazione alla normativa al P.T.C.P. ed al certificato di destinazione urbanistica emesso dal Comune di Fiesole in data 21.09.2004, che recepisce la normativa del medesimo P.T.C.P., non può dirsi comunque avvenuta ritualmente essendo stata introdotta soltanto, come conferma lo stesso appellante, "con memoria depositata il 9.4.2005" e non con autonomo ricorso impugnatorio notificato alle controparti.

E ciò non senza aggiungere che il certificato di destinazione urbanistica è atto di specifica competenza comunale (art.30 d.p.r. n.380/2001) che fa fede fino a querela di falso (T.A.R. Lazio Roma, sez. II, 20 novembre 2008, n. 10460); dal suo contenuto non può quindi prescindersi nel presente giudizio.

Il motivo quarto infine è infondato, essendo, come in parte anticipato, del tutto inattendibile la tesi del carattere programmatico e non prescrittivo della disciplina recata dal PTCP.

Parte appellante desume tale carattere dalle norme (del PTCP) che consentono ai Comuni di "precisare" e di " modificare" la perimetrazione delle aree già contenuta nel medesimo PTCP.

E’ però del tutto evidente che si tratta di una mera facoltà data ai Comuni, le cui finalità pur evidenti, essendo i Comuni maggiormente in grado di apportare le modifiche di dettaglio necessarie per una più esatta perimetrazione, non possono in alcun modo incidere sulla classificazione dei terreni effettata in sede provinciale, e sul contenuto conformativo della disciplina delle aree con essa individuate ed ad essa collegata.

I motivi d’appello contraddistinti con i numeri romani I,II III e,IV derivanti dal rigetto in rito del ricorso di primo grado n.2785/2001, vanno quindi vanno respinti.

Con i successivi motivi che vanno dal V al X (prima parte) parte appellante torna a trattare questioni tra di loro intrinsecamente collegate ed ampiamente esaminate in precedenza in questo giudizio; essi possono quindi essere esaminati congiuntamente.

Imputa cioè parte appellante al Piano Strutturale ed al Regolamento edilizio di aver disciplinato i terreni di sua proprietà ed in particolare quelli interessati dall’accordo sottoscritto con il Comune di Fiesole nel marzo del 1964, senza aver tenuto conto: della lottizzazione convenzionata; dell’obbligo di reinserimento di questa nella disciplina urbanistica della zona per effetto del giudicato di cui alla sentenza di questa Sezione n.24/1990; dell’illegittimità della deliberazione del Comune di Fiesole n.184 del 1990; della preesistente realizzazione delle opere di urbanizzazione; del mutamento irreversibile dello stato dei luoghi per effetto di tali opere; della irrealistica destinazione dei terreni di sua proprietà e di quelli della lottizzazione a "bosco" e a terreno con prevalente funzione agricola"; dell’irrilevanza della disciplina introdotta con la variante delle zone agricole ex legge regionale n.10 del 1979.

Premesso che alle sintetizzate questioni il Comune ha risposto del tutto esaurientemente sia nella relazione, formante parte integrante del Regolamento Urbanistico, che attraverso le controdeduzioni alle osservazioni presentate da parte appellante al Piano Strutturale (v. deliberazione consiliare n.43 del 2001), il collegio ritiene, ciò discendendo da quanto già osservato nel corso della presente decisione, che a tutte le predette argomentazioni sia sufficiente replicare che proprio la presenza della variante per le zone agricole, con cui del resto la disciplina urbanistica introdotta attraverso i predetti strumenti urbanistici contemplati dalla legge regionale n.5 del 1995 è del tutto in linea, ha legittimamente impedito alla lottizzazione convenzionata di poter rivivere, ammesso e non concesso che tale riviviscenza fosse un effetto ipotizzabile sul piano giuridico nei termini propugnati da parte appellante.

Ne consegue che è da escludere che il Piano Strutturale ed il Regolamento Urbanistico dovessero tener conto di una lottizzazione convenzionata.

Quanto alla realizzazione delle opere di urbanizzazione, il collegio non può che ribadire quanto già rilevato circa la loro scarsa incidenza nel determinare un mutamento significativo delle caratteristiche intrinseche, interne ed esterne, dei luoghi, non avendo parte appellante realizzato, stando alla descrizione che lo stesso ne effettua, alcun volume edilizio, e tanto meno con l’uso di materiali e tecniche di costosa o difficile rimozione.

Per quanto concerne la classificazione dei terreni di proprietà di parte appellante, non può che essere ribadito ciò che questo giudice, d’accordo con il giudice di primo grado, ha ritenuto in relazione alla mancata impugnazione del P.T.C.P. e alla classificazione di essi in quest’ultimo contenuta, da cui discende la disciplina recata nel P.S. e nel Regolamento Urbanistico.

Anche i motivi che vanno dal V al X (prima parte) vanno in conclusione respinti.

Prima di procedere all’esame dei motivi di appello identificati con i numeri romani che vanno da XI a XXV conviene esaminare gli altri i profili di illegittimità che parte appellante ha inserito all’interno del motivo X, e che rappresentano la riproposizione delle censure esposte alle lettere B) e C) del motivo numero VII del ricorso di primo grado n.2785/2001.

Con la prima censura (lett.B) parte appellante sostiene che il Comune di Fiesole non ha collocato nella sua esatta posizione geografica il terreno di sua proprietà; in particolare quello interessato dalla lottizzazione convenzionata.

Se ciò fosse accaduto, sostiene l’appellante, non avrebbe il Comune commesso l’errore di considerarlo apoditticamente "uno spazio sostanzialmente di tipo agricolo con tutti i suoi valori storici, culturali, paesaggistici e produttivi sostanzialmente integri"; definizione oltremodo generica che non troverebbe alcun riscontro nelle planimetrie relative al progetto di lottizzazione e neppure nelle planimetrie allegate ai vari atti pianificatori antecedenti del Comune, così da consentire di affermare che si è provveduto del tutto immotivatamente.

La censura è infondata.

Prescindendo dall’insistito riferimento alla lottizzazione a suo tempo convenzionata, intesa come dato giuridico vincolante per il Comune, cui non si può sfuggire se non in assenza di una approfondita motivazione in caso di sopravvenuta disciplina urbanistica, ciò che è rilevante osservare in relazione al profilo in questione è che la diversità delle caratteristiche cui parte appellante si riferisce, discorrendo dei terreni di sua proprietà, è del tutto inattendibile a fronte di una pianificazione che ha coinvolto tutto il territorio comunale, e la cui omogeneità di condizione non pare possa essere messa in discussione, se è vero che proprio per le sue diffuse e peculiari caratteristiche, è stato tutelato con apposito decreto ministeriale sin dal 1964, con il quale venne imposto, appunto, su tutto il territorio comunale un vincolo paesaggistico e ambientale, considerandone anche la sua prevalente vocazione agricola.

La censura deve quindi essere respinta.

Con la seconda censura (lett. C).parte appellante sostiene che sia nel Piano Strutturale che nel Regolamento Urbanistico viene contraddittoriamente negata ogni utilizzazione residenziale dei terreni di sua proprietà, mentre, in altre aree del Comune, una nuova edificazione residenziale viene consentita, così contraddicendo le enunciazioni di principio pur contenute nei predetti strumenti urbanistici.

La censura è infondata.

E’ vero che una nuova edificazione viene consentita; si tratta, però, in coerenza con l’impostazione di fondo che caratterizza i suddetti strumenti urbanistici, di interventi di tipo integrativo rispetto "a centri esistenti con un ruolo prevalentemente di riqualificazione o densificazione".

Si tratta dunque di interventi correlati a finalità non espansive, sicché "non si determina mai….l’apertura di nuovi fronti edificati in aree non urbanizzate, ma solo il completamento di margini incompiuti o sfrangiati di insediamenti esistenti"(v. pag.54 della relazione del P.S).

Se il Comune, nel perseguire l’ anzidetto obiettivo di consentire solo un limitatissimo consumo di territorio a fini residenziali, non sempre, come sostiene l’appellante, è stato coerente, avendo previsto anche insediamenti totalmente nuovi, ciò non è certamente sufficiente a determinare l’illegittimità delle previsioni urbanistiche riguardanti la sua proprietà, posto che comunque non emerge dai riferimenti di fatto ricavabili dalla censura che si esamina (riguardanti la località Montebeni), anche a causa della loro genericità, quella effettiva identità di condizione dei suoli V. con i terreni che sarebbero stati favoriti dall’asserita possibilità di nuova edificazione.

La censura è quindi infondata.

E’ necessario allora procedere all’esame delle (successive) censure identificate nell’atto d’appello con i numeri dall’XI al XV.

Anche in questo caso è necessario premettere,,che per tutte le argomentazioni,da parte appellante inserite in maniera "ripetitiva" all’interno delle predette censure (al fine di contestare sostenere, come in precedenza: il difetto di motivazione circa il mancato reinserimento della lottizzazione convenzionata nella nuova pianificazione; l’inattendibilità ovvero l’erroneità della classificazione effettuata, nell’ambito di quest’ultima, dei terreni di sua proprietà, e segnatamente di quelli interessati dalla detta lottizzazione; il conseguente esercizio della potestà pianificatoria oltre quanto legittimamente il consentito) valgono i rilievi al riguardo già esposti in precedenza per contestarne il fondamento.

Si procederà, quindi all’esame dei motivi che vanno dall’XI al XV, tenendo conto soltanto delle deduzioni che si differenziano dagli aspetti poc’anzi posti in rilievo.

Con il motivo XI parte appellante lamenta di non essere stato posto in grado di comprendere a quale disciplina il Regolamento Urbanistico ha assoggettato i suoi terreni; ciò perché, nelle controdeduzioni contenute nella delibera consiliare di approvazione (n.41/2001), si richiamano norme che non riguardano affatto tale sua proprietà, né si tratta di norme applicabili in base al Piano Strutturale.

Come già spiegato dal primo giudice, è accaduto che le controdeduzioni del R.U., che parte appellante contesta, sono state testualmente riprese da quelle sviluppate per contestare le osservazioni presentate dal V. al Piano Strutturale.

Dunque gli articoli richiamati nelle prime controdeduzioni appartengono al Piano Strutturale e non al Regolamento Urbanistico; tenendo presente quanto appena chiarito, non vi è dunque alcuna perplessità, in ordine all’aspetto sopra considerato, nell’individuazione della disciplina del R.U riguardante la proprietà V..

Quanto poi al rilievo che il Regolamento Urbanistico, in rapporto alla disciplina della proprietà V., ha richiamato impropriamente alcune norme contenute nel Piano Strutturale (cosicché non vi sarebbe continuità di disciplina tra i due strumenti urbanistici, poiché il R.U. assoggetterebbe la proprietà V. a classificazioni e limitazioni non previste nel P.S.), si osserva quanto segue.

Fermo che le norme applicabili alla proprietà V., sono comunque ricavabili dal certificato di destinazione urbanistica rilasciato dal Comune l’8 gennaio 2004, non per tale asserita incongruenza si determinebbe una illegittimità del Regolamento Urbanistico.

Quest’ultimo ha invero natura gestionale rispetto alla disciplina recata dal P.S (art.28 l.r. n.5/1995), sicché il suo carattere concretamente ed immediatamente lesivo non deriva dal fatto in sé d’aver errato nel considerare applicabili a determinati terreni alcune norme del P.S.; la lesione potrà emergere solo quando l’Amministrazione comunale assumerà atti, provvedimenti, o comportamenti fondati su norme del R.U non ricavabili dal Piano Strutturale.

Il profilo d’illegittimità testé esaminato non quindi merita condivisione.

Con il motivo XII parte appellante sostiene che erroneamente nel R.U, e nella sua Relazione in particolare, anche la parte del terreno interessata dalla lottizzazione convenzionata sia stata impropriamente inserita "tra gli ambiti territoriali per la protezione delle risorse idriche"; dal che discenderebbe, poiché si tratterebbe di classificazione fondata su fatto inesistente, l’essersi voluto ad ogni costo impedire il reinserimento di quest’ultima nella pianificazione urbanistica comunale.

Che la proprietà V., nella parte comprendente terreni diversi da quelli interessati dalla lottizzazione convenzionata, sia stata correttamente inserita tra gli "Ambiti territoriali per la protezione delle risorse idriche" non viene contestato dallo stesso appellante.

E’ poi vero in punto di fatto che la proprietà V. è costituita da una vasta area (di circa 43 h) nella quale tra tutti i terreni che la compongono non vi è discontinuità.

Ne consegue ad avviso del collegio, che non si vede in cosa possa consistere l’errore rilevato da parte appellante sulla base di un argomento che appare piuttosto come un artificio dialettico di cui il primo giudice ha ritenuto fondatamente l’inconferenza atteso che " il riferimento contenuto nella Relazione alla proprietà V. riguarda tale proprietà nella sua globalità e le classificazioni ad essa attribuite".

Il motivo non ha dunque alcun pregio.

Quanto alla ritenuta inedificabilità assoluta che discenderebbe dal vincolo idrogeologico, la cui introduzione non avrebbe altro scopo che quello di impedire il reinserimento della lottizzazione convenzionata, è sufficiente ribadire, come già rilevato dal giudice di primo grado, che dal detto vincolo non discende affatto un siffatto effetto, e dunque non vi è alcun vizio della funzione pianificatoria nella introduzione di esso, poiché il suo esercizio appare inteso al perseguimento di una finalità di tutela traente ragione dalle caratteristiche oggettive dei luoghi, come ampiamente documentato dalla stessa Relazione del R.U..

Sotto ulteriore profilo parte appellante si duole del fatto che, non essendo stata assoggettata la sua proprietà a " parco pubblico" o comunque a spazio con destinazione pubblicistica specifica, non sarebbe stato possibile prevederne la fruizione per il raggiungimento di un interesse pubblico genericamente collegato con la "qualità dell’ambiente " ovvero con la "fruizione del tempo libero".

Parte appellante muove da un presupposto errato.

Le caratteristiche oggettive dei luoghi, ampiamente documentate dagli atti impugnati, generano un vincolo di tipo conformativo e non di tipo espropriativo, sulla cui diversità è sufficiente richiamare il ben noto e risalente insegnamento della Corte Costituzionale (sentenza n.55/1968).

Da tale premessa discende che le finalità di interesse pubblico che la disciplina del R.U collega, con riferimento alla proprietà V., "alla qualità dell’ambiente" ed "alla fruizione del tempo libero", è legittima le quante volte possa discendere, come nella fattispecie, dalle oggettive caratteristiche dei luoghi.

Di esse la pianificazione urbanistica, – secondo una funzione che dalle norme in esame si ricava come più ampia di quella che parte appellante vorrebbe applicata – deve necessariamente tener conto per favorirne, con scelte di merito non sindacabili, la conservazione ed il godimento.

Il motivo deve essere respinto.

Con il motivo XIII vengono contestate le singole destinazioni attribuite, ai terreni della proprietà V., dal R.U..

Con tale motivo si lamenta che, attesa l’erroneità dei presupposti e dei parametri di valutazione utilizzati, il Comune avrebbe illegittimamente incluso i terreni di proprietà V. nel titolo IV "Territorio aperto", assoggettandoli ai seguenti articoli delle "Norme" del R.U.:

a) art. 51; "Boschi di rilevante valore ambientale e paesistico, boschi della Dorsale passo della Catena, il Pratone, TorreTonda";

b) art. 54; "Aree con sistemazioni agrarie e storiche";

c) art. 61; "Percorsi territoriali di interesse storico paesistico";

d) art. 63; "Ambiti territoriali per la protezione delle risorse idriche";

e) art. 68; "Coltivi del paesaggio mezzadrile in area di protezione paesistico e storico ambientale";

f) art.71; "Aree agricole degradate".

Al riguardo va anzitutto premesso che le censure di parte appellante vanno dichiarate improcedibili per sopravvenuta carenza d’interesse, considerato che il Comune di Fiesole ha approvato un nuovo R.U.(approvato con delibera consiliare n.30/2009), peraltro anch’esso impugnato dal medesimo appellante, con la conseguenza che alcun vantaggio potrebbe derivare dal loro eventuale annullamento.

Ciò nonostante, ritiene il collegio di procedere, per completezza, al loro esame, giungendo all’esito che segue e la cui coincidenza con quello a cui è giunta la sentenza impugnata, deriva dalla sostanziale identità delle argomentazioni qui svolte con quelle enunciate in primo grado.

La censura concernente l’assoggettamento dei terreni della proprietà V. all’art.51 del R.U.; "Boschi di rilevante valore ambientale e paesistico, boschi della Dorsale passo della Catena, il Pratone, TorreTonda"; è infondata.

Ed invero, alla luce della definizione che la stessa norma sopra citata utilizza per definire i "boschi", non occorrono molte parole per convincersi che è palesemente inattendibile l’avviso di parte appellante quando non considera tali l’insieme delle numerose piante da essa stessa collocate anni addietro sull’area interessata dalla lottizzazione convenzionata in funzione della sua futura urbanizzazione.

E’ infondata anche la censura riguardante l’art. 54; "Aree con sistemazioni agrarie e storiche".

Il richiamo che tale norma effettua all’art.26 delle Norme del Piano Strutturale, con conseguente applicazione della relativa disciplina, cui verrebbe quindi assoggettata la proprietà V., specie quella coincidente con la lottizzazione convenzionata, non è illegittimo. Infatti, tale rinvio deriva pacificamente dall’essere la proprietà V. inclusa nel sistema territoriale E), cui è applicabile l’art.26 anzidetto, concernente, appunto, le "aree con sistemazioni agrarie storiche"; ed è irrilevante che quest’ultima norma non potrebbe riferirsi alla parte della proprietà V. riguardante la lottizzazione convenzionata, poiché l’art.54 si riferisce a tutte le aree della detta proprietà, considerandole unitariamente ed indivisibilmente, per aver avuto non irrazionalmente riguardo al loro carattere distintivo assolutamente prevalente.

Con riferimento all’art.68 del R.U., parte appellante contesta che i terreni di sua proprietà siano stati inclusi tra i "Coltivi del paesaggio mezzadrile in area di protezione paesistico e storico ambientale"; classificazione discendente dall’art.46 ter del Piano Strutturale, che riguarda le aree a prevalente funzione agricola.

Parte appellante nega che i terreni in questione siano "a prevalente funzione agricola"; piuttosto, assume, hanno e sopratutto hanno avuto una destinazione artigianale produttiva; sotto quest’ultimo profilo il collegio deve qui richiamare quanto già in precedenza esposto sul medesimo tema della destinazione artigianale produttiva delle aree della proprietà V., e di quelle facenti parte della lottizzazione convenzionata in particolare.

Per quanto concerne, poi, il dedotto radicale mutamento verificatosi nel sistema di coltivazione dei campi, con la conseguente scomparsa della mezzadria, è sufficiente osservare che la classificazione contestata è di carattere storicodescrittivo e non vi è in essa alcun riferimento all’attualità, laddove, infatti, si prende atto che trattasi di "aree interessate da consistenti processi di abbandono e di conduzione parttime".

E’ vero allora che il riferimento alla mezzadria non ha avuto un effetto deviante del percorso logico che ha condotto alla contestata classificazione, bensì del tutto coerentemente s’è trattato di un riferimento utilizzato per esaltare le caratteristiche oggettive dei terreni, in funzione delle quali viene dettata la relativa disciplina di destinazione e d’uso.

Viene contestato infine anche l’art.71, cui corrisponde la classificazione: "Aree agricole degradate".

Parte appellante assume che illegittimamente parte del suo terreno è stato assoggettato a tale norma, in quanto non vi sono in esso elementi di degrado di alcun genere; si sarebbe allora verificato "un marchiano errore di fatto".

Senonché gli elementi di confronto offerti da parte appellante in questa sede non consentono al collegio di escludere che in punto di fatto le aree di proprietà V. siano, a tenore della norma anzidetta, tra quelle "… nelle quali lo stato di conservazione delle sistemazioni agrarie è inferiore al 50% e sono contemporaneamente interessate da fenomeni di abbandono colturale", cui la contestata classificazione vuole riferirsi.

I motivi del ricorso in appello riguardanti le questioni sollevate con il ricorso di primo grado n.275/2001 e qui numerate da XI al XIII vanno quindi respinti.

Con il successivo motivo n.XIV parte appellante lamenta l’illegittimità derivata dell’impugnato Regolamento Urbanistico per l’illegittimità della variante delle zone agricole, della delibera n.184/1990 di riadozione del piano regolatore del 1971 e del Piano strutturale.

La censura è palesemente inammissibile ed infondata alla luce delle argomentazioni svolte in precedenza in questo giudizio.

Con il motivo XV parte appellante chiede l’ammissione di C.T.U. e prova per testi; ritiene il collegio che la richiesta debba essere respinta, ritenendo che la più che abbondante documentazione versata in giudizio dalle parti, allegandola agli atti scritti difensivi ovvero separatamente da essi, sia stata ampiamente sufficiente a dar conto delle situazioni di fatto intorno alla quali si sono sviluppati gli argomenti trattati in tali scritti.

A conclusione di tutto quanto sopra ritenuto dal collegio, la sentenza di primo grado deve essere in parte riformata ed in parte confermata.

La complessità della controversia giustifica la integrale compensazione di entrambi i gradi di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando, riunisce gli appelli in epigrafe; accoglie gli appelli del Comune di Fiesole (n. 9830/2005) e della Regione Toscana (n.967/2006) con conseguente riforma della sentenza impugnata nella parte in cui ha accolto i ricorsi di primo grado n.2990/1984 e n.4098/1994; dichiara in parte improcedibile ed in parte respinge l’appello di G. V. n.743/2006.

Spese del doppio grado compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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