Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 10-06-2011) 25-07-2011, n. 29815

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Gli imputati furono tratti a giudizio avanti il Tribunale di Busto Arsizio perchè ritenuti colpevoli – quali amministratori – di bancarotta fraudolenta impropria, patrimoniale e documentale, conseguente al fallimento – dichiarato il (OMISSIS) – di EUROSERVICES Srl.

L’addebito riguarda il mancato rinvenimento di denaro di cassa, di beni sociali, di grave disordine contabile, ostativo alla ricostruzione del movimento degli affari.

I primi giudici condannarono i due attuali imputati e la Corte d’Appello di Milano ha confermato la prima condanna (dichiarando la prescrizione del reato di bancarotta semplice originariamente ascritta ai sensi della L. Fall., art. 217, comma 1, n. 41.

Il ricorso interposto dalla difesa degli O. eccepisce:

– l’inosservanza della legge processuale per esser stato notificato il decreto di citazione al giudizio di appello al domicilio eletto dall’ O.E., anzichè al luogo di reale residenza, comunicato ai giudici al momento del suo trasferimento in (OMISSIS), sicchè il decreto stesso sarebbe dovuto essere notificato al difensore ex art. 161 c.p.p., comma 1;

– carenza di motivazione su rilievi espressamente formulati in sede di appello e, cioè, l’assenza di valore delle attrezzature non rinvenute, l’assenza di responsabilità dei prevenuti negli ammanchi riferibili ad epoca antecedente l’assunzione della carica; i ricorrenti lamentano, ancora, l’assenza di motivazione sull’addebito di fraudolenza documentale;

– l’illogica reiezione dell’istanza di riconoscimento dell’attenuante di cui alla L. Fall., art. 219, u.c..

E’ pervenuta alla Corte, in data 23.5.2011, memoria difensiva che segnala la necessità di applicare la novella di cui al c.d. decreto correttivo (n. 169/07) il quale – nel contesto della complessiva riforma della L. Fall. – ha modificato i parametri di fallibilità dell’imprenditore, valutazione che necessariamente compete al giudice penale.

Motivi della decisione

I ricorsi sono infondati e non vengono accolti, con conseguente condanna di ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Per quanto riguarda il primo motivo si osserva che il recapito, ove venne indirizzata la notifica, corrispondeva al domicilio ritualmente dichiarato dall’imputato, luogo che – nonostante le indicazioni difensive – non fu mai fatto oggetto di revoca e che si presenta, quindi, come quello processualmente idoneo a ricevere l’avviso di udienza.

Nel merito la censura è del tutto priva di fondamento, poichè i ricorrenti non hanno tenuto in conto i passaggi della motivazione.

I giudici di primo e secondo grado hanno articolatamente argomentato sia in ordine alla mancata giustificazione dei beni, non più rivenuti in sede di inventario. Questi beni non si identificavano – come lascerebbe presumere il ricorso – con gli apparecchi distributori, bensì riguardava anche gli arredi acquistati in epoca di sicuro dissesto, nonchè le disponibilità liquide di cassa che, seppur già sottratte prima dell’assunzione della carica gestoria (quando, peraltro, vi è prova della fattiva presenza anche di O.E.), furono oggetto di ulteriore manomissione nel periodo di gestione degli O..

L’appunto relativo alla bancarotta fraudolenta documentale non venne originariamente proposto al giudice di appello, sicchè esso risulta inammissibile allo scrutinio di questa Corte. Comunque esso non risulta minimamente fondato: la decisione impugnata riporta integralmente quella di primo grado, a cui evidentemente rinvia a scopo integrativo, e la sentenza del primo giudice tratta delle manchevolezze nella registrazione e conservazione del compendio documentale, con argomentazione esauriente.

L’ammontare degli importi oggetto di distrazione impedisce, come già motivatamente osservato dai giudici milanesi il riconoscimento dell’attenuante invocata, anche in relazione alla inerzia dimostrata nel corso della vicenda concorsuale.

Di nessun interesse è l’argomentazione dedotta con memoria difensiva, alla luce della nota decisione delle Sezioni Unite 28 febbraio 2008, N. (ma essa era già stata avanzata ai giudici del merito), la quale ha affermato che il giudice penale investito del giudizio relativo a reati di bancarotta non può sindacare la sentenza dichiarativa di fallimento non solo quanto al presupposto oggettivo dello stato di insolvenza dell’impresa, ma anche quanto ai presupposti soggettivi inerenti alle condizioni previste dalla L. Fall., art. 1, per la fallibilità dell’imprenditore, sicchè le modifiche apportate alla L. Fall., art. 1, ad opera del D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5 e poi del D.Lgs. 12 settembre 2007, n. 169, non esercitano influenza ai sensi dell’art. 2 c.p. sui procedimenti penali in corso.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi i condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *