Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 10-06-2011) 25-07-2011, n. 29813

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La presente vicenda riguarda l’addebito di bancarotta fraudolenta impropria ascritta agli attuali ricorrenti, nella veste o di amministratori formali o di amministratori di fatto, di WOODSTYLE Srl., dichiarata fallita dal Tribunale di Udine il 31.5.2001.

Società che trovò prosecuzione in MOBILUNION Srl. in liquidazione.

I ricorrenti presiedettero, secondo i giudici del merito, alla gestione nella prima fase della vicenda, sino a quando – cioè – essi cedettero le quote (24.11.1997) di WOODSTYLE Srl., trasferendo il relativo magazzino da (OMISSIS) e la sede della società a (OMISSIS) (domicilio eletto presso un inconsapevole commercialista), lasciando la gestione nelle mano del nuovo titolare del capitale, G.P., il quale fu preposto alla gestione della nuova MOBILUNION Srl. Quest’ultimo organismo si palesò ben presto insolvente: fu posto in liquidazione ed il liquidatore formulò istanza di fallimento, rinvenendo un attivo nullo e l’impossibilità a far fronte agli impegni già assunti.

Avviatosi il processo penale, gli imputati scelsero il rito abbreviato ed il Tribunale di Udine li ritenne effettivi gestori (salvo che per S.C., ritenuta mera concorrente esterna nel reato commesso materialmente dai parenti), dell’organismo anche nella nuova fase di attività della società, condannando i medesimi per i reati di bancarotta e la Corte d’Appello di Trieste confermò la condanna del primo grado.

Ricorre la difesa dei prevenuti censurando la ritenuta carente e contraddittoria motivazione, perchè i giudici del merito erroneamente ritennero che la conduzione della società fosse rimasta nelle mani dei ricorrenti quando, invece, vi era stato un effettivo trasferimento dell’azienda al nuovo organismo MOBILUNION, passaggio che aveva contemplato il trasferimento reale delle componenti patrimoniali. L’impugnazione osserva, ancora, che la gestione, successiva alla cessione delle quote già intestate ai ricorrenti, segnò una cesura con la vecchia gestione (quella che era coinvolta in WOODSTYLE Srl., tanto che nessuna insinuazione provenne dai creditori di quella società la quale all’atto della cessione non aveva debiti.

Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile sia perchè versato in fatto sia perchè reiterativo di doglianze di appello, rigettate, con idonea e convincente motivazione, dalla Corte territoriale.

I giudici triestini richiamano, a sostegno dell’assunto di condanna, le dichiarazioni di G.P., fonte di accusa verso i ricorrenti, prova idonea e concludente poichè le affermazioni del predetto risultano riscontrate per più versi.

Richiamano, ancora, la fonte testimoniale costituita da fornitori, attestanti nei ricorrenti gli effettivi amministratori del nuovo organismo, che ragionevolmente non poteva essere gestito dal G., mero magazziniere.

Ricordano che la documentazione fatturativa, rivenuta dalla Guardia di Finanza, attesta l’emissione di fatture di vendita da MOBILUNION verso acquirenti, i quali dichiararono di avere versato il prezzo dei beni a mani di S. e degli A.. Sottolineano l’esistenza di firme per quietanza (per debiti locativi o commerciali) interessanti la MOBILUNION, per causali riferibili agli A. (ancorchè sottostanti alla dicitura di G.) o l’incasso nelle mani degli imputati di somme provento di assicurazione (per danni patiti da WOODSTYLE Srl.), ecc. Circostanze tutte che hanno permesso, con logica e ragionevolezza, di smentire radicalmente la prospettazione difensiva e che addebitano ai prevenuti anche il mancato rinvenimento di automobili ed automezzi, già ad essi disponibili, ovvero che inducono a ritenere che questi beni strumentali furono ceduti dagli imputati i quali non hanno sul punto reso dichiarazioni di esauriente giustificazione.

Pertanto i motivi di ricorso, ricalcando censure già svolte in sede di appello, non tengono in alcun conto le logiche e ragionevoli osservazioni della Corte territoriale.

Alla dichiarazione di inammissibilità segue non soltanto la condanna alle spese processuali ma anche al pagamento della sanzione ex art. 616 c.p.p. che si ritiene equo fissare in Euro 1.000,00.

P.Q.M.

dichiara inammissibile i ricorsi e condanna ciascuno dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento nonchè al versamento della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa per le Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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