Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 09-06-2011) 25-07-2011, n. 29847 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

A.E.C. venne arrestato nella flagranza dei reati di furto in abitazione e di resistenza nei confronti dei pubblici ufficiali intervenuti sul posto, a cui egli cagionava lesioni lievi.

Il Tribunale della Libertà di Palermo, con Ordinanza dell’1.4.2011, ha rigettato l’istanza difensiva volta alla modifica del regime cautelare carcerario.

Interpone personalmente ricorso il prevenuto ed eccepisce:

– carenza ed illogicità della motivazione nella parte in cui attesta la pericolosità del ricorrente che, invece, è incensurato e che ha dimostrato di agire senza alcuna professionalità criminale, con azione non così violenta se i suoi esiti si ridussero al cagionamento di lesioni meramente lievi, che a fronte della reazione degli anziani proprietari si diede alla fuga senza resistere alla loro azione;

– carenza ed illogicità della motivazione nella parte in cui rigetta la richiesta di sostituzione della misura cautelare carceraria con altra meno afflittiva, avendo mal interpretato il rigetto della istanza di patteggiamento del GIP, non determinata dall’accertata incongruità della pena proposta, ed avendo illogicamente ritenuto che la mancanza di parente disposto ad accogliere l’imputato presso di sè sia oggettivamente ostativa alla modifica richiesta.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

Il giudizio di pericolosità si fonda sulla condotta indubbiamente aggressiva mostrata dal ricorrente, allorquando fu scoperto il suo tentativo di furto (che, per il vero, avrebbe dovuto essere qualificato quale tentata rapina, cfr. Cass. pen., sez. 2, 9 luglio 2008, Snitikov, Ced Cass., rv. 243273), dispiegata nei confronti sia della persona offesa, sia del vicino di casa, sia verso gli ufficiali di PG. intervenuti, azione che, nonostante il numero soverchiante delle persone accorse, riuscì capace di cagionare a costoro lesioni.

Osservazione che logicamente dimostra il grado inconsueto di aggressività del prevenuto e la sua conseguente pericolosità.

Coerente al dettato normativo è, inoltre, rammentare la pluralità di atti illeciti e la loro intrinseca gravità, al fine di attestare la pericolosità sociale evidenziata dalla commissione di delitti contro l’incolumità fisica e contro il patrimonio. A poco rilevano, a questi fini, il grado di impaccio mostrato nell’esecuzione del programma criminoso.

Le "specifiche modalità e circostanze del fatto" di cui all’art. 274 c.p.p., lett. c), in base alle quali il giudice, fra gli altri elementi, deve valutare le esigenze cautelari nel singolo caso concreto, possono essere prese in considerazione, per il giudizio sulla pericolosità dell’indagato. Nulla impedisce, pertanto, di attribuire alle medesime modalità e circostanze la valenza sia della gravità del fatto, sia della capacità a delinquere.

Nè, d’altra parte, lo stato di incensuratezza dimostra automaticamente l’assenza di pericolosità, potendo questa essere desunta, come espressamente previsto dall’art. 274 c.p.p., lett. c) dai comportamenti o dagli atti concreti dell’agente, oltre che dai precedenti penali (cfr. Cass. pen., sez. 6, 2 ottobre 1998, Mocci, Ced Cass., rv. 211756).

Suggestiva e maliziosa è la lettura delle carte processuali a sostegno del successivo mezzo.

L’Ordinanza impugnata dispiega motivazione per giustificare il rigetto dell’istanza di affievolimento della misura inflitta, sottolineando l’impossibilità di rinvenire un luogo suscettibile di idonea vigilanza, dal momento che la persona, indicata come proprio parente (tal " V.") asseritamente residente in (OMISSIS), non è stato nè identificato nè reperito sicchè non sì dispone di una sistemazione che assicuri sufficiente garanzia di controllo, del tutto necessario in persona portata alla reazione verso il comando dell’Autorità. La motivazione non risulta illogica e distante dal precetto normativo.

Al rigetto del ricorso segue la condanna delle spese processuali.

Si delega la Cancelleria per gli incombenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p..

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda la Cancelleria per gli incombenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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