Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 09-06-2011) 25-07-2011, n. 29625

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. D.B.A. – indagato per aver abusivamente esercitato l’attività di organizzazione di scommesse o di concorsi pronostici, di scommesse o concorsi pronostici gestiti dal Coni e dall’Unire o dai Monopoli di Stato ( L. n. 401 del 1989, art. 4, comma 1), senza avere la concessione, l’autorizzazione o la licenza di cui al R.D. 18 giugno 1931, n. 773, art. 88 (TULPS) (art. 4, comma 4 bis stessa legge) e per aver effettuato la raccolta o la prenotazione di scommesse o di concorsi pronostici per via telefonica o telematica senza avere ottenuto l’autorizzazione del Ministero delle Comunicazioni (art. 4 ter stessa legge) – proponeva istanza di riesame avverso il decreto di convalida di sequestro probatorio emesso dal P.M. presso il tribunale di Lecce ( art. 355 c.p.p.) in data 21.10.2010.

Con ordinanza del 16 novembre 2010 il tribunale di Lecce respingeva l’istanza di riesame presentata dal D.B..

Il tribunale rilevava che le condotte ascritte all’indagato ponevano la problematica della disciplina delle scommesse on line su siti di imprese scommettitrici stabilite all’estero in paesi appartenenti alla Comunità Europea, ed ivi a tanto autorizzate dalla locale legislazione; problematica che il tribunale tratta diffusamente per pervenire alla conclusione che dell’insussistenza in parte qua del contrasto della normativa nazionale con quella comunitaria.

In particolare il tribunale rilevava che nel caso di specie gli agenti di pg., recatisi presso l’esercizio pubblico del ricorrente, per effettuare un controllo sull’eventuale esercizio di ricezione di scommesse su eventi sportivi, avevano accertato che: a) il ricorrente è responsabile del suddetto esercizio commerciale; b) all’interno del locale era accertata la presenza di avventori che effettuavano scommesse su eventi sportivi, ricevendo il tagliandino di scommessa e consegnando le somme di danaro nelle mani del personale addetto, per la precisione il sig. R.A., il quale, sentito a sommarie informazioni, riferiva le suddette circostanze; c) veniva identificato il sito internet sul quale avvenivano le scommesse; d) infine, venivano acquisiti dai militari tutti i beni ed i documenti sottoposti a sequestro.

Era altresì risultato che l’impresa gestita dal D.B. era incaricata dalla CENTURIONBET LDT TRADING AS, BET 1128.COM (società commissionaria, titolare di concessione all’esercizio dell’attività di scommesse con sede a Malta), in forza di contratto di istituzione di stabilimento in Italia, ma non è titolare della prescritta licenza di cui al R.D. 18 giugno 1931, n. 773, art. 88 (TULPS).

In particolare il ricorrente, richiesto dai militari, non esibiva detta licenza di cui al R.D. 18 giugno 1931, n. 773, art. 88 (TULPS).

Pertanto – osservava il tribunale – si doveva o ritenere che ricorresse il "fumus commissi delicti" del reato di cui alla L. n. 401 del 1989, art. 4, comma 1, tenuto conto che il D.B. era gestore responsabile dell’azienda e all’interno della stessa personale addetto provvedeva personalmente alla riscossione delle somme di danaro da destinare alle scommesse per conto dei clienti, tanto che addirittura alcuni di questi non erano nemmeno titolari di una "card" per l’effettuazione delle giocate, ovvero di un conto personale presso la società che gestisce le scommesse, ma si facevano eseguire le giocate dal personale addetto del locale, senza alcun uso di un conto personale, bensì consegnando somme di danaro contante e ricevendo un tagliandino di scommessa per ricevuta.

Quanto alle esigenze probatorie, il tribunale faceva riferimento alla necessità di disporre di detto materiale ai fini dell’accertamento dei fatti oggetto di contestazione, essendo evidente che negli impianti in sequestro erano incamerati i dati utili a verificare l’effettiva esistenza dell’attività illecita contestata.

2. Avverso questa pronuncia l’indagato propone ricorso per cassazione con due motivi.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è articolato in due motivi.

Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 125 c.p.p. lamentando che l’avviso dell’udienza camerale è stato comunicato a un’utenza fax – (OMISSIS) – diversa da quella corretta – (OMISSIS) – risultante agli atti ed indicata nella carta intestata utilizzata dal difensore per la proposizione del ricorso per riesame, non senza considerare precedenti notifiche fatte a richiesta dell’autorità giudiziaria procedente, come in occasione dell’avviso di conferimento dell’incarico per un accertamento tecnico non ripetibile, nel quale era stata espressamente indicata l’esatta utenza del difensore ossia (OMISSIS).

Con il secondo motivo il ricorrente argomenta diffusamente per sostenere che la normativa italiana doveva essere disapplicata per contrasto con quello comunitaria sicchè non vi erano gli elementi e i gravi indizi della condotta contestata all’indagato.

2. Ferma restando la legittimità in astratto della comunicazione a mezzo fax dell’avviso dell’udienza camerale per la trattazione del ricorso per riesame (arg. ex Cass., sez. F, 14 settembre 2010 – 21 settembre 2010, n. 34028) risulta nella specie che il numero di fax al quale fu comunicato l’avviso dell’udienza camerale era errato, come documentato dagli atti allegati al ricorso odierno, e quindi il difensore dell’indagato non ha avuto conoscenza dell’udienza camerale stessa, alla quale quindi non è stato posto in condizione di partecipare (e – ovviamente – non ha partecipato).

L’omissione di tale avviso è causa di nullità dell’ordinanza del tribunale trattandosi di nullità a regime intermedio (Cass., sez. 5, 21 dicembre 1999 – 11 febbraio 2000, n. 6242), dovendosi in proposito ribadire quanto già affermato da questa Corte (Cass., sez. 1, 12 giugno 1997 – 16 luglio 1997, n. 4133) secondo cui tale nullità si propaga all’ordinanza di riesame e, se tempestivamente dedotta, comporta l’annullamento con rinvio dell’ordinanza stessa, al quale, tuttavia, non segue la perdita di efficacia della misura cautelare, giacchè tale effetto si verifica solo quando il provvedimento del tribunale del riesame non intervenga nel termine stabilito, e non anche allorchè, emesso tempestivamente, sia per qualche ragione annullabile.

Pertanto l’impugnata ordinanza va annullata con rinvio al tribunale di Lecce per nuovo esame.

P.Q.M.

la Corte annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al tribunale di Lecce.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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