T.A.R. Basilicata Potenza Sez. I, Sent., 02-08-2011, n. 440 Demolizione di costruzioni abusive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.- Con ricorso notificato in data 25 ottobre 2010 e depositato in data 27 ottobre 2010 F.M. ha chiesto l’annullamento, previa sospensione dell’efficacia, dell’ordinanza n. 30 del 20 luglio 2010 con la quale il responsabile dell’Ufficio tecnico del Comune di Marsicovetere ingiungeva la demolizione di opere realizzate in parziale difformità ed in assenza del permesso di costruire in area iscritta in catasto al foglio di mappa n.25, part. lle n. 399 e n. 401, alla Via Rocco Scotellaro.

L’ordinanza era fondata sulla base dei seguenti rilievi:

quattro finestre sul lato est del fabbricato, delle quali due aventi distanza di m 1, 30 circa dal confine e due su proprietà privata e sopraelevazione del fabbricato, realizzate in parziale difformità dalle concessioni edilizie n. 5/1987 e n. 89/90 "ed in assenza delle denunzie ai sensi Legge n. 1086/71 e L.R. n. 40/82 presso il Genio civile di Potenza";

realizzazione di due manufatti in assenza di permesso di costruire ed in assenza delle denunzie ai sensi degli art. 94 (autorizzazione ufficio tecnico regionale per lavori da eseguirsi in zone sismiche) e 65 (omessa denuncia allo sportello unico delle opere di conglomerato cementizio armato prima del loro inizio) del d.p.r. n. 380/2001.

2.- Si è costituito, per resistere al ricorso, il Comune di Villa D’Agri, eccependo, in via preliminare la irricevibilità del ricorso e comunque la sua infondatezza nel merito.

3.- Con ordinanza n. 325/2010 la domanda cautelare è stata accolta.

4.- In via preliminare, il Comune intimato ha eccepito la irricevibilità del ricorso proposto per essere lo stesso stato notificato (in data 25 ottobre 2010) oltre il termine decadenziale di sessanta giorni dalla notifica del provvedimento impugnato (avvenuta in data 21 luglio), ritenendo che nella fattispecie non possa trovare applicazione la sospensione feriale dei termini dal 1°agosto al 15 settembre ed invocando a sostegno di tale assunto il disposto contenuto nell’art. 54, comma 3, del c.p.a..

4.1.- L’eccezione è priva di pregio.

L’art. 54, comma 3, del c.p.a., richiamando quanto già previsto dalla l. 7 ottobre 1969 n. 742 (che riproduce il testo dell’art. 5 della legge 14 luglio 1965, n. 818) prevede che la sospensione feriale dei termini non si applica al procedimento per la sospensione del provvedimento impugnato.

L’esclusione della sospensione feriale dei termini riguarda, quindi, unicamente le scadenze inerenti al procedimento incidentale cautelare e non anche le diverse scadenze relative al procedimento cognitorio principale.

Di conseguenza, detta sospensione risulta applicabile, secondo la regola generale, al ricorso principale, che è pertanto ricevibile.

5.Nel merito, con il primo motivo di ricorso è dedotta l’illegittimità dell’impugnata ordinanza per incompetenza dell’autorità emanante, poiché non spetterebbe al dirigente del servizio tecnico comunale irrogare la sanzione della demolizione per l’inosservanza degli obblighi di denunzia di cui agli articoli 94 e 65 del d.p.r. 6 giugno 2001, n. 380 previsti per le opere in conglomerato cementizio, ma spetterebbe, invece, al giudice penale ordinare la demolizione con decreto o con sentenza di condanna a norma dell’art. 98 del d.p.r. n. 380/2001.

5.1.- La censura è infondata.

L’ordinanza di demolizione è stata adottata a norma degli artt. 31 e 34 del d.p.r. n. 380 del 2001 che attribuiscono al Comune i poteri repressivi e sanzionatori in caso di accertamento di opere realizzate in assenza di permesso di costruire o in difformità totale o parziale dallo stesso.

L’art. 31 cit., al comma 2, attribuisce in maniera esplicita la competenza al dirigente o al responsabile del competente ufficio comunale, il quale, accertata l’esecuzione di interventi in assenza di permesso, in totale difformità dal medesimo, ovvero con variazioni essenziali, ingiunge al proprietario e al responsabile dell’abuso la rimozione o la demolizione.

I poteri di accertamento, di repressione e sanzionatori degli abusi edilizi sono quindi attribuiti dal legislatore al dirigente o al responsabile dell’ufficio amministrativo e detta competenza non è derogata dagli invocati articoli 94, 65 e 98 del d.p.r. 6 giugno 2001, n. 380.

L’art. 65 del d.p.r. 380 del 2001 prevede particolari adempimenti da osservare da parte degli esecutori di opere realizzate in conglomerato cementizio armato.

L’art. 94 del d.p.r. 380 del 2001, ai commi 1 e 2 precisa che: " Fermo restando l’obbligo del titolo abilitativo all’intervento edilizio, nelle località sismiche, ad eccezione di quelle a bassa sismicità all’uopo indicate nei decreti di cui all’articolo 83, non si possono iniziare lavori senza preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della regione. L’autorizzazione è rilasciata entro sessanta giorni dalla richiesta e viene comunicata al comune, subito dopo il rilascio, per i provvedimenti di sua competenza".

Gli articoli 65 e 94 del d.p.r. 380 del 2001 dettano quindi prescrizioni speciali, contenute nel capo II della parte seconda del titolo IV, per lavori realizzati con materiali in conglomerato cementizio e in zone sismiche e per la violazione delle quali è previsto uno speciale procedimento sanzionatorio di competenza del giudice penale, il quale a norma dell’art. 98 del testo unico di cui al d.p.r. n.380 del 2001 con il decreto o con la sentenza di condanna può ordinare la demolizione delle opere o delle parti di esse costruite in difformità alle norme del capo II ovvero impartire le prescrizioni necessarie per rendere le opere conformi alle norme stesse.

La natura speciale di tali disposizioni per le quali è previsto uno speciale potere sanzionatorio del giudice penale non priva, come supposto dal ricorrente, il responsabile o il dirigente del Comune del suo potere repressivo e sanzionatorio, attribuito in via generale dall’art. 31, comma 2, del d.p.r. n. 380/2001 nelle ipotesi in cui, come nella specie, è assunta la realizzazione di opere in assenza e in difformità parziale dal permesso di costruire.

6.- Con il secondo motivo di ricorso si afferma che l’ordinanza impugnata sarebbe viziata da eccesso di potere e da difetto di istruttoria in relazione all’ordine di demolizione o di ripristino delle quattro finestre del lato est del fabbricato: a dire del ricorrente le due finestre del vano sottotetto, pur essendo previste nella pianta del sottotetto, non sarebbero state poi riportate dal progettista nel disegno del prospetto Est del fabbricato e ciò avrebbe indotto in errore il redattore dell’ordinanza che avrebbe considerato come non assentite le due finestre del sottotetto, che invece erano già state autorizzate con permesso di costruire n. 89/1990.

6.1.- La censura è fondata con esclusivo riferimento al profilo relativo al difetto di istruttoria.

Nell’ordinanza impugnata non si dà infatti conto delle risultanze dell’istruttoria e degli accertamenti effettuati, che hanno indotto il Comune a riscontrare una parziale difformità delle quattro finestre del lato est e della sopraelevazione dalle concessioni edilizie del 7 marzo 1987, n. 5 e del 6 giugno 1990, n. 89.

Tale lacuna istruttoria è tanto più evidente alla luce degli elaborati progettuali, depositati agli atti di causa dal ricorrente- e non contestati dal Comune- allegati ai progetti assentiti rispettivamente con concessione edilizia n. 5/1987 e n. 89/1990, dai quali emerge la previsione, nelle piante di progetto, delle quattro finestre sul lato Est del fabbricato.

Ritiene, quindi, il Collegio che sia stata omessa una completa esaustiva disamina dei progetti già assentiti.

7.- Strettamente connesso al motivo di censura appena esaminato è il terzo motivo di ricorso, con il quale l’ordinanza impugnata è censurata per difetto di motivazione, nonché per eccesso di potere nella parte in cui denuncia una difformità parziale delle quattro finestre del lato est e della sopraelevazione dal permesso di costruire.

7.1.Anche tale censura coglie nel segno.

L’art. 3, della legge 7 agosto 1990, n. 241, prevede che tutti i provvedimenti amministrativi, tranne gli atti normativi e quelli a contenuto generale, devono essere motivati, precisando che: "La motivazione deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione, in relazione alle risultanze dell’istruttoria".

Nella specie, l’ordinanza impugnata si limita a fondare l’ordine di ripristino o di demolizione sulla base della mera generica affermazione che le opere edilizie di cui al punto 1 ("presenza sul lato est del fabbricato di n. 4 finestre, di cui 2 aventi distanza di m 1, 30 circa dal confine e 2 su proprietà privata e sopraelevazione del fabbricato") "…risultano realizzate in parziale difformità dalle concessioni edilizie n. 5 del 7/3/1987 e n. 89/90…".

Non vi è traccia nell’ordinanza dell’avvenuto esame dei progetti delle opere assentite con le concessioni edilizie n. 5/1987 e n. 89/1990 e dell’analitica indicazione delle difformità riscontrate.

8.- Con riferimento all’ordine di demolizione relativo ai due manufatti abusivi (il primo delle dimensioni di m 3 x 2,50 di altezza m 2, 00 circa ed il secondo di m 3x 2 di altezza) realizzati in assenza di permesso di costruire, il ricorrente deduce la violazione dell’art. 31 del d.p.r. n. 380 del 2001, poiché non sarebbero state specificate le aree che in caso di inottemperanza sarebbero state acquisite di diritto al patrimonio del Comune.

8.1.- Il motivo è infondato.

Secondo l’art. 31 d.p.r. n. 380/01 "il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale, accertata l’esecuzione di interventi in assenza di permesso, in totale difformità dal medesimo, ovvero con variazioni essenziali…, ingiunge al proprietario e al responsabile dell’abuso la rimozione o la demolizione, indicando nel provvedimento l’area che viene acquisita di diritto, ai sensi del comma 3. Se il responsabile dell’abuso non provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi nel termine di novanta giorni dall’ingiunzione, il bene e l’area di sedime, nonché quella necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del comune. L’area acquisita non può comunque essere superiore a dieci volte la complessiva superficie utile abusivamente costruita".

Ritiene il Collegio, in adesione al pacifico e condivisibile orientamento della giurisprudenza amministrativa (ex multis: Consiglio Stato, sez. IV, 26 settembre 2008, n. 4659) che l’indicazione dell’area di sedime da acquisire al patrimonio comunale non deve considerarsi requisito essenziale dell’ordinanza di demolizione – e dunque la mancanza non ne inficia la legittimità – poichè non incide sulla funzione principale dell’atto (ovvero quella ripristinatoria). Tale specificazione costituisce invece elemento essenziale del distinto provvedimento con cui l’amministrazione accerta la mancata ottemperanza alla demolizione da parte dell’ingiunto.

Ne consegue che l’omessa indicazione delle aree da acquisire al patrimonio dell’ente non vizia l’ordinanza di demolizione, fermo restando, però, che l’individuazione delle aree da acquisire sia comunque comunicata all’interessato nell’ambito del procedimento sanzionatorio prima di procedere alla demolizione e quindi almeno con il successivo atto di accertamento dell’inottemperanza all’ordine di demolizione, in modo da consentire all’interessato di verificare il rispetto dei limiti quantitativi all’acquisizione previsti dall’art. 31 d.p.r. n. 380/01.

9.- Sempre con riferimento all’ordine di demolizione relativo ai due manufatti abusivi, il ricorrente deduce che uno dei due manufatti sarebbe stato realizzato in data anteriore al 1987 e pertanto il lungo tempo trascorso dalla sua realizzazione e l’inerzia della P.A. preposta alla vigilanza avrebbe necessitato una più specifica motivazione in ordine all’interesse pubblico sotteso alla necessità della sua rimozione.

9.1.- La censura non merita accoglimento.

E’ ius receptum di questo Tribunale che l’ordine di demolizione di opera abusiva, come tutti i provvedimenti sanzionatori in materia edilizia, è atto vincolato che non richiede una specifica valutazione e correlativa esplicazione delle ragioni di interesse pubblico attuale e concreto alla demolizione né una comparazione di quest’ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, poiché non è ravvisabile alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il trascorrere del tempo non può legittimare (T.A.R. Basilicata Potenza, sez. I, 06 aprile 2011, n. 159; T.A.R. Basilicata Potenza, 15 febbraio 2006, n. 96; T.A.R. Basilicata Potenza, 17 luglio 2002, n. 518).

10.- Alla luce di tutte le considerazioni svolte il ricorso è accolto solo in parte nei termini sopra precisati, fatta salva comunque l’ulteriore attività dell’amministrazione.

11.- In ragione del parziale accoglimento del ricorso e quindi della reciproca soccombenza tra le parti, le spese processuali sono integralmente compensate a norma dell’ art. 92, comma 2, c.p.c..

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte nei limiti di cui in motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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