Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 09-06-2011) 25-07-2011, n. 29606 Violenza sessuale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Bologna ha confermato la dichiarazione di colpevolezza di P.V. in ordine al reato di cui agli art. 81 cpv. e 609 bis c.p. e art. 609 ter c.p., comma 1, n. 1), a lui ascritto per avere, con abuso delle condizioni di inferiorità psichica della parte lesa, nonchè con violenza e minacce, costretto Pa.Ma., di anni undici, a subire atti sessuali, consistiti nel toccarla per tutto il corpo e, in due distinte occasioni, nella congiunzione carnale.

La Corte territoriale ha rigettato i motivi di gravame con i quali l’appellante aveva contestato l’attendibilità della parte lesa e chiesto, in subordine, la riduzione della pena inflitta.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore dell’imputato, che la denuncia per violazione di legge e vizi della motivazione.

Motivi della decisione

Con il primo mezzo di annullamento il ricorrente deduce l’improcedibilità dell’azione penale per difetto di tempestiva querela.

Si osserva che i fatti di cui alla contestazione si sarebbero verificati tra il (OMISSIS), mentre la querela è stata presentata dal padre della minore in data 26.7.2005, oltre la scadenza del termine di novanta giorni concesso dalla legge per proporla.

Si deduce che nel caso in esame non è stato accertato il momento in cui il padre della minore ha avuto effettiva conoscenza dei fatti, sicchè l’affermazione di questi di avere avuto notizia degli abusi sessuali solo poco tempo prima del giorno in cui ha presentato denuncia costituisce un espediente processuale per spostare in avanti il dies a quo per la proposizione della querela. Con il secondo mezzo di annullamento si denuncia contraddittorietà ed illogicità della motivazione, nonchè travisamento della prova ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. e).

In sintesi, si deduce che l’affermazione di colpevolezza dell’imputato non è stata fondata su risultanze probatorie o indiziarie certe.

Si osserva che nel caso in esame non vi è prova che fra il P. e la Pa. vi sia stato un rapporto sessuale, non essendo stato espletato alcun accertamento medico sul punto, nè sono stati accertati elementi di prova, tramite le dichiarazioni di parenti o conviventi della minore, che evidenziassero segnali, dal punto di vista medico, che la stessa avesse subito un rapporto sessuale completo. L’unica congiunzione carnale tra i due minori si sarebbe verificata nell’abitazione di un amico dell’imputato, ma non è stata effettuata alcuna indagine per identificare detta persona e sentirla quale teste. Sono stati svalutati elementi di contrasto tra le dichiarazioni della parte lesa e quelle delle sue amiche ed, in particolare, il fatto che secondo tale S.M. il rapporto sessuale tra i due sarebbe avvenuto nella sua abitazione. La stessa parte lesa aveva riferito di avere avuto in precedenza un rapporto sessuale con un ragazzo di Salerno. Non è stato valutato adeguatamente il movente che potrebbe avere indotto la parte lesa a formulare una accusa non veritiera, essendo emerso dalle dichiarazioni delle predette testi che le accuse sono state formulate dalla Pa. dopo aver appreso che il P. si era fidanzato con un’altra ragazza, mentre sono state svalutate le dichiarazioni dello stesso imputato, secondo il quale egli ignorava l’età della parte lesa e aveva deciso di non frequentarla quando aveva appreso che la stessa aveva undici anni, negando di avere avuto rapporti sessuale con la medesima.

Con l’ultimo mezzo di annullamento si denuncia (a violazione ed errata applicazione degli artt. 62 bis e 163 c.p., nonchè dell’art. 609 ter c.p., n. 1).

Si deduce che l’imputato ignorava l’effettiva età della minore, sicchè doveva essere esclusa l’aggravante speciale di cui alla disposizione citata e che l’incensuratezza del minore e le modalità non violente dell’azione avrebbero dovuto indurre i giudici di merito a rideterminare la pena irrogata con la concessione del beneficio della sospensione della stessa.

Il ricorso è manifestamente infondato.

L’intempestività della querela non è stata dedotta nella sede di merito e, pertanto, il motivo di ricorso sul punto è inammissibile, richiedendo in ogni caso un accertamento di fatto non esperibile in sede di legittimità.

Peraltro, è noto che, secondo il consolidato indirizzo interpretativo di questa Corte (sez. 6, 23.9.1998 n. 10721, Restano, RV 211740; sez. 5, 199902486, Poli e altri, RV 212720; sez. 6, 24.6.2003 n. 35122, RV 226327) l’imputato che contesta l’effettiva data in cui l’esercente il diritto di querela è venuto a conoscenza del fatto illecito, deve fornirne prova; prova che ovviamente doveva essere prodotta nella sede di merito.

In ogni caso, infine, l’azione penale era procedibile di ufficio, ai sensi dell’art. 609 septies c.p., comma 4, n. 1.

Il secondo motivo di gravame è manifestamente infondato.

I rilievi del ricorrente in ordine alla affermazione di colpevolezza si sostanziano in censure fattuali, inammissibili in sede di legittimità, afferenti a rilievi già dedotti nella sede di merito e puntualmente esaminati nella sentenza impugnata.

Peraltro, la motivazione della sentenza è assolutamente esaustiva ed immune da vizi logici su tutti i punti dedotti dal ricorrente.

In particolare, la Corte territoriale ha evidenziato la piena attendibilità intrinseca ed estrinseca della parte lesa, desunta dalla assenza di animosità della minore nei confronti dell’imputato, oltre che dalla coerenza del racconto nelle varie sedi; l’esistenza di riscontri costituiti dalle deposizioni delle amiche della Pa.; l’irrilevanza degli elementi di contraddizione tra le varie dichiarazioni, che riguardano particolari marginali;

l’inesistenza di motivi di ritorsione; la irrilevanza di un accertamento medico, considerato il lungo periodo di tempo trascorso dai fatti.

E’, infine, manifestamente infondato il terzo motivo di gravame.

Anche le deduzioni del ricorrente sul punto del trattamento sanzionatorio, oltre ad essere di merito, sono manifestamente infondate.

La sentenza di primo grado, invero, ha puntualmente evidenziato la gravità della condotta dell’imputato per avere abusato delle condizioni di inferiorità fisica e psicologica della minore, di circa undici anni, mentre l’assunto difensivo secondo il quale la P. avrebbe affermato di avere più di quattordici anni è rimasto del tutto privo di qualsiasi riscontro probatorio.

La pronuncia di primo grado ha altresì evidenziato l’elevata gravità delle conseguenze dannose arrecate alla persona offesa, che ha dovuto seguire un lungo percorso di sostegno psicologico ed è ancora provata da una condotta profondamente lesiva della sua libertà di autodeterminazione, sicchè il diniego delle attenuanti generiche ed il trattamento sanzionatorio inflitto all’imputato hanno formato oggetto di motivazione assolutamente esaustiva ed immune da vizi logici, non censurabile in sede di legittimità sotto i profili denunciati con il mezzo di annullamento. Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 606 c.p.p., u.c..

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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