T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 02-08-2011, n. 6914 Atti amministrativi diritto di accesso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato in data 18 febbraio 2011, depositato il successivo 24 febbraio, il Consorzio D. ha impugnato la comunicazione 21 gennaio 2011, con la quale il Dipartimento per la programmazione ed il coordinamento della politica economica della Presidenza del Consiglio dei ministri ha comunicato al Consorzio il differimento della valutazione dell’istanza, presentata il 17 dicembre 2010, per l’accesso alla delibera CIPE 18 novembre 2010, relativa al "sistema intermodale integrato RomaLatina. Tratta Tor dei Cenci – Latina e collegamento Cisterna – Valmontone: approvazione del progetto definitivo e delle opere connesse", ed agli atti relativi.

Rilevato che il provvedimento dispone il contestato differimento dell’accesso sino "al momento successivo alla pubblicazione della delibera" in dichiarata applicazione della disposizione dell’art. 7, comma 3, del regolamento interno del CIPE, ha esposto parte ricorrente, previa illustrazione della latitudine dell’istituto dell’accesso ad atti, come regolato dalla l. 7 agosto 1990, n. 241, che la norma citata consente il differimento in relazione ai soli atti endoprocedimentali, novero in cui non rientra la delibera oggetto di istanza, ed unicamente in presenza di taluni presupposti che, nella specie, ritiene del tutto assenti.

Parte ricorrente ha, indi, domandato l’annullamento del provvedimento gravato, con conseguente accertamento giudiziale del proprio diritto ad ottenere la documentazione richiesta, deducendo a sostegno le censure di violazione di legge, violazione e falsa applicazione degli artt. 24, commi 3 e 7 e 25, comma 3 della l. 241/90, violazione e falsa applicazione dell’art. 7, comma 3, del regolamento CIPE adottato con deliberazione n. 63/98 e s.m.i., eccesso di potere per difetto e contraddittorietà della motivazione, difetto di istruttoria e travisamento dei fatti.

Si sono costituite in resistenza le intimate articolazioni amministrative.

Si è costituita in resistenza anche la controinteressata A.D.L. s.p.a..

Con atto notificato in data 11 marzo 2011, depositato il successivo 15 marzo 2011, parte ricorrente, rappresentato che nelle more del giudizio, e segnatamente il 25 febbraio 2011, è intervenuto il provvedimento con il quale l’amministrazione, esitando l’istanza di riesame in via amministrativa presentata dal Consorzio in data antecedente alla proposizione del gravame, ha respinto la richiesta di accesso, per carenza del sottostante interesse, ha impugnato anche il predetto provvedimento negativo.

L’impugnazione è affidata ad un primo motivo – che assume gli stessi titoli di censura già proposti avverso l’atto di differimento – con il quale parte ricorrente si duole che il gravato diniego perviene ad una indebita assimilazione tra l’interesse all’accesso e l’interesse alla difesa.

In particolare, espone parte ricorrente, contrariamente a quanto sostenuto nell’atto, che il proprio interesse all’accesso agli atti richiesti non viene scalfito dalla circostanza che tali atti sono estranei al contenzioso precedentemente interposto dal Consorzio avverso atti del CIPE, tutt’ora pendente, non essendovi un necessario nesso di strumentalità tra diritto all’accesso e diritto di difesa in giudizio.

Con un secondo motivo – eccesso di potere per difetto e contraddittorietà della motivazione, contraddittorietà con gli atti presupposti, violazione di legge, violazione e falsa applicazione degli artt. 24, commi 3 e 7 e 25, comma 3 della l. 241/90, violazione e falsa applicazione dell’art. 7, comma 3, del regolamento CIPE adottato con deliberazione n. 63/98 e s.m.i., eccesso di potere per difetto e contraddittorietà della motivazione, difetto di istruttoria e travisamento dei fatti – parte ricorrente sostiene, in via cautelativa, che, qualora il provvedimento di diniego dovesse ritenersi ripropositivo del differimento, come pure possibile alla luce del tenore di parte del suo contenuto, esso sarebbe comunque affetto dalle stesse illegittimità già denunziate avverso l’atto originario di differimento.

Le parti resistenti hanno articolato in memorie le proprie difese.

In particolare, l’amministrazione resistente eccepisce la improcedibilità dell’azione proposta avverso l’atto di differimento, stante la sopravvenuta adozione del diniego, ed afferma l’infondatezza nel merito dell’impugnativa, a mente delle motivazioni puntuali contenute nel diniego stesso. La difesa erariale eccepisce anche l’inammissibilità del gravame per carenza di interesse al ricorso, essendo stata nelle more estinta, a mezzo di provvedimento della Regione Lazio, Arcea s.p.a., società mista a prevalente capitale della medesima Regione, alla quale partecipava, tra i soci privati, anche il Consorzio ricorrente, e confuta analiticamente la fondatezza delle censure da esso Consorzio formulate.

Analoghe conclusioni sono state rassegnate dalla controinteressata A.D.L. s.p.a., che assume la cessata materia del contendere in relazione al ricorso principale e l’inammissibilità per carenza di interesse ad agire e di legittimazione attiva in relazione ai motivi aggiunti, dei quali sostiene, in ogni caso, l’infondatezza.

La parte ricorrente ha replicato in memoria alle predette difese.

Dopo il rinvio della trattazione della controversia disposto alla camera di consiglio dell’11 maggio 2011, la causa è stata chiamata in decisione alla camera di consiglio del 25 maggio 2011.

Motivi della decisione

1. Si controverte in tema di diritto di accesso ad atti.

La questione è proposta dal Consorzio D., che si è visto, prima, differire, poi, denegare dal competente Dipartimento della Presidenza del Consiglio dei ministri l’istanza formulata, in qualità di socio privato di A.L. s.p.a. – società a partecipazione maggioritaria della Regione Lazio – ed a scopo di difesa in giudizio, di accesso agli atti relativi alla delibera CIPE n. 88 del 18 novembre 2010, che ha approvato il progetto definitivo del "Sistema intermodale integrato RomaLatina, tratta Tor de CenciLatina e collegamento Cisterna Valmontone" e delle opere connesse, e che ha impugnato i predetti atti di differimento e di diniego rispettivamente con il ricorso e con i motivi aggiunti in trattazione.

Resistono il Dipartimento per la programmazione ed il coordinamento della politica economica della Presidenza del Consiglio dei ministri e la controinteressata A.D.L. s.p.a..

2. Ai fini di una miglior comprensione della vicenda contenziosa all’esame, e per quanto qui di stretto interesse, osserva il Collegio che gli atti di causa fanno emergere:

– che con delibera 2 aprile 2008, n. 55, il CIPE ha disposto la modifica del soggetto aggiudicatore del "Corridoio intermodale Roma- Latina e del collegamento Cisterna – Valmontone", già individuato nella Regione Lazio e sostituito da A.D.L. s.p.a.;

– che il Consorzio D., socio privato di A.L. s.p.a. (la cui tipologia di attività è "Progettazione, esecuzione e manutenzione rete autostradale e non autostradale regionale", come si desume dalla d.g.r. 29 dicembre 2010, n. 612, di cui in immediato seguito) ha impugnato con ricorso pendente innanzi a questo Tribunale (r.g. 4866/2008) la predetta delibera CIPE 55/2008 nonché gli atti ad essa presupposti, ivi compresi quelli propedeutici alla costituzione di A.D.L. s.p.a.;

– che il Consorzio D. ha altresì impugnato con ricorso pendente innanzi a questo Tribunale (r.g. 5395/2009) l’avviso di preinformazione pubblicato in data 4 maggio 2009 per l’affidamento della concessione di costruzione e gestione dell’intervento "Sistema Intermodale Integrato Pontino Roma – Latina e Cisterna – Valmontone", per un importo stimato di Euro 2.000.000.000,00, e gli atti connessi;

– che con deliberazione giuntale 29 dicembre 2010, n. 612, in sede di ricognizione delle società partecipate ai sensi dell’art. 3, commi 27, 28 e 29 della legge finanziaria per il 2008 (244/2007), la Regione Lazio ha dismesso, tra altre, la propria partecipazione ad Arcea s.p.a. "tramite scioglimento e liquidazione" della società;

– che con due ricorsi pendenti innanzi a questo Tribunale (r.g. 3486/2011; 3392/2011) sia Arcea s.p.a. che il Consorzio D. hanno impugnato la predetta delibera regionale 612/2010.

3. Tanto premesso, è d’uopo esaminare prioritariamente le eccezioni pregiudiziali spiegate dalle parti resistenti.

3.1. Si sostiene che il ricorrente Consorzio D. non è legittimato a dolersi in questa sede del diniego di accesso ad atti, poiché, per effetto della d.g.r. giuntale 29 dicembre 2010, n. 612, la cessazione della compagine asseritamente deputata alla realizzazione dell’intervento di cui sopra, alla quale partecipa come socio privato, lo ha reso privo di una situazione giuridica differenziata rispetto alla generalità dei consociati.

Si afferma, inoltre, la sopravvenuta carenza di interesse all’annullamento dell’atto impugnato con il ricorso principale, recante il differimento dell’accesso, superato, nelle more del giudizio, dal provvedimento di diniego all’accesso.

3.2. Le predette eccezioni vanno apprezzate alla luce delle seguenti coordinate interpretative.

Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, nel processo amministrativo l’interesse a ricorrere è caratterizzato dalla presenza degli stessi requisiti che qualificano l’interesse ad agire di cui all’art. 100 c.p.c., vale a dire dalla prospettazione di una lesione concreta ed attuale della sfera giuridica del ricorrente e dall’effettiva utilità che potrebbe derivare a quest’ultimo dall’eventuale annullamento dell’atto impugnato, dovendo il ricorso essere considerato inammissibile per carenza di interesse laddove l’annullamento giurisdizionale di un atto amministrativo non sia in grado di arrecare alcun vantaggio all’interesse sostanziale del ricorrente (da ultimo, C. Stato, V, 4 marzo 2011, n. 1734).

Sempre per consolidata giurisprudenza, il giudizio in materia di accesso – anche se si atteggia come impugnatorio nella fase della proposizione del ricorso, in quanto rivolto contro l’atto di diniego o avverso il silenzio diniego formatosi sulla relativa istanza e il relativo ricorso deve essere esperito nel termine perentorio di 30 giorni (C. Stato, ad. plen. 24 giugno 1999, n.16) – è sostanzialmente rivolto ad accertare la sussistenza o meno del titolo all’accesso nella specifica situazione alla luce dei parametri normativi, indipendentemente dalla maggiore o minore correttezza delle ragioni addotte dall’amministrazione per giustificarne il diniego (C. Stato, VI, 9 maggio 2002, n. 2542).

Tant’è vero che, anche nel caso di impugnativa del silenzio diniego sull’accesso, l’amministrazione può dedurre in giudizio le ragioni che precludono all’interessato di avere copia o di visionare i relativi documenti, e la decisione da assumere, che deve comunque accertare la sussistenza o meno del titolo all’esibizione, si deve formare tenendo conto anche di tali deduzioni (C. Stato, IV, 2 luglio 2002, n.3620; V, 11 maggio 2004, n. 2966).

Ciò anche in quanto con l’introduzione dell’azione a tutela dell’accesso, il legislatore ha inteso assicurare all’amministrato la trasparenza della pubblica amministrazione, indipendentemente dalla lesione, in concreto, di una determinata posizione di diritto o di interesse legittimo(da ultimo, C. Stato, V, 14 febbraio 2011, n. 942).

In altre parole, l’interesse alla conoscenza dei documenti amministrativi è stato elevato a bene della vita autonomo, meritevole di tutela separatamente dalle posizioni sulle quali abbia poi ad incidere l’attività amministrativa, eventualmente in modo lesivo.

Ne deriva che il diritto di accesso non è meramente strumentale alla proposizione di una azione giudiziale, ma assume un carattere autonomo rispetto ad essa; ciò significa anche che il rimedio speciale previsto a tutela del diritto di accesso deve ritenersi consentito anche se l’interessato non può più agire, o non possa ancora agire, in sede giurisdizionale, in quanto l’autonomia della domanda di accesso comporta che il giudice, chiamato a decidere su tale domanda, deve verificare solo i presupposti legittimanti la richiesta di accesso e non anche la possibilità di utilizzare gli atti richiesti in un giudizio.

A maggior ragione, il ridetto rimedio giudiziale è consentito ogniqualvolta l’accesso venga in rilievo per la cura o la difesa di dimostrati interessi giuridici del richiedente, fatti valere o da far valere in giudizio (principio c.d. della tendenziale prevalenza del c.d. accesso difensivo).

Tant’è che nell’ambito del Capo V della l. 7 agosto 1990, n. 241, dedicato all’istituto dell’accesso, l’art. 24, che contempla e regola le fattispecie di esclusione del diritto di acceso, chiarisce al comma 7 che "Deve comunque essere garantito ai richiedenti l’accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici".

Può solo aggiungersi, sul punto, che l’interesse all’accesso ai documenti deve essere considerato in astratto, senza spazi per apprezzamenti in ordine alla fondatezza o ammissibilità della domanda giudiziale proponibile, sicché la legittimazione all’accesso non può essere valutata facendo riferimento alla legittimazione della pretesa sostanziale sottostante, ma ha consistenza autonoma, indifferente allo scopo ultimo per cui viene esercitata (C. Stato, IV, 30 novembre 2009, n. 7486).

3.3. Applicando i suesposti principi alla fattispecie in esame deve essere affermato che:

a) sussiste l’interesse del Consorzio D. ad agire in giudizio per la tutela del proprio diritto all’accesso, dichiaratamente e chiaramente preordinato alla difesa del Consorzio in contenziosi già interposti avverso atti amministrativi che (come anche meglio in seguito) conformano lo stesso ambito provvedimentale implicato dagli atti oggetto di istanza di accesso.

Nulla muta considerando le vicende relative ad Arcea s.p.a., e, segnatamente, la dismissione della partecipazione regionale nella società mediante "scioglimento e liquidazione", disposta con d.g.r. n. 612 del 2010.

Infatti, come ampiamente argomentato e comprovato dal Consorzio nella memoria difensiva depositata in data 20 maggio 2011, non solo non risulta che alla delibera regionale possa essere ricondotto un automatico effetto estintivo del soggetto giuridico Arcea s.p.a., ma, vieppiù, gli stessi effetti del provvedimento di dismissione non possono ritenersi allo stato neanche consolidati, alla luce dei gravami interposti sia da Arcea s.p.a. sia dallo stesso Consorzio avverso la delibera, ancora pendenti;

b) permane l’interesse ad agire del Consorzio D. nei confronti della determinazione di differimento dell’accesso.

E ciò ancorchè nelle more del giudizio sia intervenuto il diniego di accesso.

Invero, per come sopra chiarito, la decisione da assumere nella presente sede giudiziale esprime al massimo grado l’effettività della tutela giudiziale.

Tant’è che l’art. 116 del codice del processo amministrativo, che disciplina il rito in materia di accesso ai documenti amministrativi, prevede che, all’esito del giudizio, il giudice, sussistendone i presupposti, ordina l’esibizione dei documenti richiesti, entro un termine non superiore, di norma, a trenta giorni, dettando, ove occorra, le relative modalità.

Non può, pertanto, restare estraneo all’ambito sottoposto a cognizione il profilo delle modalità, anche temporali, dell’esercizio del diritto di accesso.

Anche tenendo presente l’ordinaria struttura impugnatoria del giudizio amministrativo si perverrebbe alla stessa conclusione.

Ciò in quanto, come fatto constare dal Consorzio ricorrente nel secondo mezzo dell’atto di proposizione di motivi aggiunti, se è vero che il provvedimento sopravvenuto in corso di causa respinge l’istanza di accesso, è altresì vero che il provvedimento stesso richiama, comunque, nella parte finale (come già faceva il precedente atto di differimento), l’art. 7, comma 3, del regolamento interno del CIPE, che dispone che l’accesso agli atti endoprocedimentali inerenti alle deliberazioni del CIPE è differito sino alla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della deliberazione cui afferiscono gli atti stessi.

Ne consegue che non può, comunque, ritenersi improduttivo di utilità nei confronti del ricorrente, che agisce in giudizio per l’accertamento del suo titolo all’accesso, l’annullamento di detrminazioni che incidono sul momento nel quale tale titolo può essere esercitato.

4. Esaurito l’esame delle questioni pregiudiziali, e passando al merito delle questioni controverse, il Collegio ritiene il ricorso fondato nei termini che seguono.

5. L’istanza di accesso per cui è causa ha ad oggetto la delibera assunta dal CIPE nella seduta del 18 novembre 2010, n. 88 e gli atti connessi.

Tale delibera, secondo quanto appreso dal ricorrente tramite gli organi di stampa, ha approvato il progetto definitivo del "Sistema intermodale integrato RomaLatina, tratta Tor de CenciLatina e collegamento Cisterna Valmontone" e delle opere connesse.

Le parti resistenti nulla oppongono in merito a tale punto di fatto, che può ritenersi, pertanto, accertato, sebbene ai soli fini del presente giudizio, anche nella attuale materiale inesistenza della delibera, che non è stata ancora pubblicata.

Nell’istanza di accesso, il Consorzio ricorrente – socio privato di A.L. s.p.a., società a prevalente capitale regionale deputata alla "Progettazione, esecuzione e manutenzione rete autostradale e non autostradale regionale" – ha espressamente correlato l’interesse all’ottenimento degli atti richiesti ai "fini di una compiuta difesa" nei giudizi dal medesimo Consorzio interposti sia avverso la delibera 2 aprile 2008, n. 55, con la quale il CIPE ha disposto la modifica del soggetto aggiudicatore del "Corridoio intermodale Roma- Latina e del collegamento Cisterna – Valmontone", già individuato nella Regione Lazio e sostituito da A.D.L. s.p.a., e gli atti connessi, ivi compresi quelli propedeutici alla costituzione di A.D.L. s.p.a., sia avverso l’avviso di preinformazione pubblicato in data 4 maggio 2009 per l’affidamento della concessione di costruzione e gestione dell’intervento "Sistema Intermodale Integrato Pontino Roma – Latina e Cisterna – Valmontone", per un importo stimato di Euro 2.000.000.000,00.

Alla luce di tali premesse, non occorre spendere molte parole per concludere che, a fronte del collegamento, oggettivo e funzionale, rinvenibile tra la delibera CIPE n. 55 del 2008 e la delibera CIPE n. 88 del 2010, non è dato comprendere, neanche in forza delle difese formulate nel presente giudizio dalle parti resistenti, in forza di quali elementi l’amministrazione, nel denegare l’accesso, abbia potuto rilevare che il Consorzio richiedente, rispetto "a tale ulteriore vicenda" (ovvero quella che forma oggetto della delibera 88/2010) "allo stato, si qualifica come soggetto terzo e che, quindi, l’interesse dello stesso non può ritenersi attinente all’azione amministrativa in relazione alla quale l’istanza di accesso è stata presentata".

La suddetta affermazione, oltre ad essere disarmonica con i dati presupposti, risulta, altresì, anche contraddittoria con quanto precedentemente affermato nello stesso provvedimento, laddove l’amministrazione rileva "che gli atti di cui è chiesta l’ostensione riguardano una vicenda che, sebbene collegata, è diversa e successiva rispetto a quella oggetto di giudizio".

E’ evidente, infatti, che, a fronte dell’unitarietà dell’ambito provvedimentale costituito dall’intervento, la circostanza che le due deliberazioni lo regolino sotto diverse angolazioni – ciò che determina la diversità dell’oggetto, dei destinatari e della tempistica delle delibere nn. 55/2008 e 88/2010, correlata non già ad una ontologica estraneità delle fattispecie, bensì all’andamento assunto dal procedimento – non è in alcun modo suscettibile di incidere, interrompendolo, sulla connessione oggettiva esistente tra le fattispecie stesse.

Pertanto, non vi è dubbio che va riconosciuto in capo al ricorrente Consorzio il titolo ad accedere alla delibera CIPE n. 88 del 2010 ed agli atti connessi.

Va, conseguentemente, annullato l’atto del 25 febbraio 2011, impugnato con i motivi aggiunti, nella parte in cui l’amministrazione ha respinto l’istanza di accesso formulata dal Consorzio per carenza del sottostante interesse.

6. Si rende necessario ora accertare il momento nel quale il titolo all’accesso può essere dal Consorzio esercitato.

Sia nell’atto di differimento, sia nel diniego, l’amministrazione ha infatti opposto alla istanza di accesso del Consorzio ricorrente il comma 3 dell’art. 7 del regolamento interno del CIPE, sostenendo, in ogni caso, che l’accesso va differito sino alla data di pubblicazione della delibera n. 88 del 2010.

La questione, ribadito che la delibera in parola, ancorchè assunta il 18 novembre 2010, non risulta ancora essere stata pubblicata, deve essere delibata alla luce delle pertinenti norme della deliberazione 13 maggio 2010, n. 58, regolamento interno del CIPE.

6.1. Per quanto qui di interesse, ai sensi del comma 1 dell’art. 7 del predetto regolamento 58/2010, al termine di ogni seduta, l’ufficio stampa della Presidenza del Consiglio dei ministri, eventualmente coadiuvato dal DIPE, redige il comunicato relativo ai lavori della seduta, disponendo per la diffusione dello stesso agli organi di informazione. Il comunicato è sottoposto al Presidente per l’approvazione. Fino al momento della divulgazione del comunicato stampa, l’esito dei provvedimenti adottati resta riservato. Restano comunque riservate le notizie inerenti l’andamento della discussione.

Secondo il comma 2 dello stesso articolo 7, i componenti del Comitato sono tenuti alla riservatezza sull’esito della discussione fino alla divulgazione ufficiale del comunicato.

Il comma 3 dell’art. 7 dispone in merito all’accesso.

La disposizione, in particolare:

– sottrae all’accesso, ai sensi dell’art. 24, comma 1, lettera c) e comma 2, l. 241/90, tutti gli atti endoprocedimentali, ivi comprese proposte, valutazioni, elaborazioni e relative modifiche, inerenti alle deliberazioni del Comitato relative ad atti amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione;

– specifica che, per gli atti di cui sopra, ai sensi dell’art. 24, comma 7, l. 241/90, l’accesso è comunque consentito, ove la loro conoscenza sia necessaria per curare o per difendere gli interessi giuridici dei richiedenti;

– differisce l’accesso agli atti endoprocedimentali, ivi comprese proposte, valutazioni, elaborazioni e relative modifiche, inerenti a tutte le altre deliberazioni del Comitato, in relazione all’esigenza di salvaguardare la riservatezza di persone fisiche o giuridiche, gruppi ed imprese ed al fine di salvaguardare le esigenze dell’amministrazione nella fase preparatoria dei provvedimenti, ai sensi dell’art. 24, comma 4, l. 241/90, e dell’art. 9, comma 2, decreto del Presidente della Repubblica 12 aprile 2006, n. 184, alla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana della deliberazione cui si riferisce l’atto richiesto.

L’art. 6, comma 6 del regolamento prevede che al DIPE spetta il compito di redigere il testo definitivo dei provvedimenti adottati in seduta, in conformità a quanto deliberato.

L’art. 11 del regolamento recita che le deliberazioni adottate dal Comitato, dopo la sottoscrizione del Presidente, sono numerate in ordine progressivo ed inoltrate, ricorrendone i presupposti, alla Corte dei conti per il controllo preventivo o successivo, di cui all’art. 3 della legge n. 20/1994, unitamente agli esiti delle verifiche effettuate dalla Ragioneria Generale dello Stato, e successivamente inviate per la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, secondo la vigente normativa. Nelle more della registrazione e della conseguente pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, copia delle delibere adottate può essere rilasciata, su espressa richiesta scritta dei soggetti interessati, ove sussistano precise condizioni di pubblico interesse. Nelle copie deve essere data puntuale indicazione che il provvedimento è in corso di registrazione.

6.2. Dal coacervo delle disposizioni regolamentari sopra illustrate si evince, per quanto qui di interesse:

– che i lavori delle sedute del CIPE e l’esito dei provvedimenti adottati sono sommariamente resi pubblici, dopo l’approvazione del Presidente, al termine di ogni seduta, mediante comunicato agli organi di informazione (art. 7, comma 1);

– che in conformità a quanto deliberato il DIPE redige il testo definitivo dei provvedimenti (art. 6, comma 6)

– che le delibere CIPE sono portate a conoscenza di tutti gli interessati mediante pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (art. 11);

– che, in via di principio, nulla vieta l’ostensione delle delibere CIPE anche prima della loro pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, ma solo nelle more del procedimento di registrazione e di pubblicazione, su espressa richiesta scritta dei soggetti interessati, e a condizione che ne sussista un pubblico interesse (art. 11);

– che un particolare regime è dettato per l’ostensione dei relativi atti endoprocedimentali, costituiti da proposte, valutazioni, elaborazioni e relative modifiche (art. 7, comma 3);

– che, in particolare, essi atti, laddove pertengono a deliberazioni del Comitato relative ad atti amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione, sono sottratti all’accesso, a meno che la loro conoscenza sia necessaria per curare o per difendere gli interessi giuridici dei richiedenti. In tal caso, infatti, il diritto alla difesa prevale sulle esigenze di riservatezza amministrativa, ai sensi dell’art. 24, comma 7, l. 241/90 (art. 7, comma 3, primo periodo);

– che sempre tali atti sono, invece, pienamente accessibili laddove pertengono a tutte le altre deliberazioni del Comitato. Il regolamento, però, a fini di salvaguardia della riservatezza di persone fisiche o giuridiche, gruppi ed imprese, ovvero all’esigenza di salvaguardare le esigenze dell’amministrazione nella fase preparatoria dei provvedimenti, ne differisce l’ostensione al momento della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana della deliberazione cui si riferisce l’atto richiesto(art. 7, comma 3, secondo periodo).

6.3. Alla luce delle predette disposizioni, non fatte qui oggetto di impugnazione, il differimento dell’accesso alla delibera al momento della pubblicazione pure opposto al Consorzio ricorrente risulta conforme a quanto previsto dall’art. 11 del regolamento interno del CIPE.

Infatti, nessun elemento agli atti di giudizio fa emergere che l’ostensione della delibera in un momento anteriore alla pubblicazione risponda ad una finalità di pubblico interesse, come richiesto dall’art. 11.

Vieppiù, dagli atti di causa non è possibile neanche evincere se la delibera, ancorchè, come sopra sottolineato, alquanto risalente (18 novembre 2010), sia stata, all’attualità, effettivamente formata dal DIPE.

Ed è evidente che è impossibile accedere ad un documento inesistente, atteso che le previsioni normative di cui all’art. 22, lett. d), l. n. 241 del 1990, che definisce i documenti accessibili, e all’art. 2 del d.P.R. 12 aprile 2006, n. 184, che regola l’ambito di applicazione del diritto di accesso, sono inequivocabilmente rivolte a consentire la conoscenza e l’acquisizione di un atto fisicamente esistente negli archivi dell’amministrazione e puntualmente individuato nei termini e nel contenuto complessivo, di talchè la tutela giudiziale del diritto di accesso non può involvere nella tutela della pretesa alla formazione di un provvedimento (C.d.S., VI, 17 gennaio 2008, n. 82), pretesa quest’ultima che può essere fatta valere, ricorrendone le condizioni, con altri strumenti processuali.

In altre parole, l’azione per l’accesso agli atti ha ad oggetto la visione ed estrazione di copia di documenti in possesso dell’amministrazione, mentre non rientra nel suo ambito la pretesa alla formazione di nuovi atti, anche meramente ricognitivi (C. Stato, VI, 17 gennaio 2008, n. 82), e benché ricavabili dagli atti, documenti e pezze d’appoggio di cui la p.a. sia già in possesso (C. Stato, 27 settembre 2004, n. 6326).

Alle stesse conclusioni deve pervenirsi in relazione al differimento dell’accesso agli atti endoprocedimentali relativi alla delibera in parola.

Infatti, atteso che, come già sopra chiarito, l’accesso disciplinato dal capo V della l. n. 241 del 1990 ha per oggetto i documenti amministrativi nelle tipologie indicate dall’art. 22, comma 2, e cioè gli atti detenuti dall’amministrazione nella loro materialità, si osserva che non è, invece, riconducibile all’area precettiva della norma l’accesso c.d. informativo, che concerne un’attività di cognizione e di giudizio non ancora tradotta nello strumento documentale provvedimentale.

E se è vero che la stessa legge n. 241 del 1990 tutela al Capo III anche la partecipazione degli interessati al procedimento amministrativo, disponendo all’art. 10 che, nel momento fluido costituito dal processo di formazione della volontà amministrativa, da esternarsi poi nel provvedimento finale, i partecipanti al procedimento hanno diritto di prendere visione degli atti del procedimento, è altresì vero che nella fattispecie procedimentale in esame il Consorzio ricorrente non risulta aver assunto la veste di partecipante al procedimento.

Di talchè, deve concludersi che il differimento dell’accesso alla data della pubblicazione della delibera risulta legittimamente disposto anche nei confronti degli atti procedimentali.

6.4. A margine, alla luce delle difese formulate dalla parte ricorrente, va ancora rappresentato che le raggiunte conclusioni non sono suscettibili di porsi in alcun modo in antinomia con l’art. 24, comma 7, della l. 241/90, che dispone che deve comunque essere garantito ai richiedenti l’accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici.

Ed infatti il citato presidio è proprio delle ipotesi nelle quali il diritto di accesso è escluso, come attesta la ratio della disposizione e lo stesso titolo dell’art. 24 in parola, mentre nella fattispecie in esame l’ostensione è solo differita alla data di pubblicazione della delibera: e tale differimento, in assenza del provvedimento di riferimento, non risulta idoneo a ledere l’esercizio del diritto di difesa in giudizio.

Tale profilo si riflette anche nel regolamento interno CIPE, che, infatti, richiama l’art. 24, comma 7, della l. 241/90 solo nel primo periodo del comma 3 dell’art. 7, che sottrae all’accesso gli atti endoprocedimentali relativi alle deliberazioni del CIPE concernenti atti amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione – e dove si pone, pertanto, l’esigenza di tener fermo l’accesso preordinato al diritto di difesa – mentre nulla specifica nel secondo periodo, relativo agli atti endoprocedimentali delle delibere CIPE che pertengono a tutte le altre deliberazioni del Comitato, che sono dichiarati pienamente accessibili all’esito della pubblicazione della delibera cui attengono.

Infine, sempre alla luce delle difese formulate dalla parte ricorrente, sembra opportuno segnalare che, stante la accertata legittimità nell’odierno scrutinio del disposto differimento dell’accesso, è irrilevante nonché priva di qualsiasi portata viziante la circostanza che la motivazione del primo provvedimento DIPE, del 21 gennaio 2011, nel differire l’accesso, rimandi esclusivamente alla posizione assunta dalla Società A.D.L. s.p.a., in sede di partecipazione al procedimento originato dalla istanza di accesso presentata dal Consorzio.

7. Per tutto quanto precede, il ricorso deve essere accolto per quanto di ragione, per l’effetto:

– acclarandosi il diritto del Consorzio ricorrente a prendere visione e ad estrarre copia degli atti richiesti con l’istanza di accesso presentata al DIPE al momento della pubblicazione della delibera assunta dal CIPE nella seduta del 18 novembre 2010, n. 88;

– disponendosi l’annullamento del provvedimento DIPE 25 febbraio 2011, DIPE 0000864 p4 15..2.5, nella parte in cui respinge l’istanza di accesso presentata dal medesimo Consorzio per carenza di interesse.

Alla reciproca soccombenza consegue la compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso di cui in epigrafe, lo accoglie nei sensi e nei limiti di cui in motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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