T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 02-08-2011, n. 6913 Trattamento economico

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato in data 14 aprile 1998, depositato il successivo 22 aprile, l’istante ha esposto di essere magistrato della Corte dei Conti dal 1° marzo 1963, di aver rassegnato le dimissioni a decorrere dal 29 ottobre 1976, data alla quale godeva del trattamento economico di presidente di sezione, al 6° aumento periodico biennale, e precedeva in ruolo il collega D., e di essere stato riammesso in servizio, a domanda, a decorrere dal 20 luglio 1993.

In relazione alla determinazione del trattamento economico successiva alla riammissione in servizio, ha sostenuto il ricorrente che la differenza tra il proprio trattamento e quello del predetto collega, alla luce della durata del periodo di quiescenza (anni 16, mesi 7 e giorni 22), avrebbe dovuto corrispondere a 8 aumenti periodici di stipendio.

Rilevato, invece, che tale differenza era notevolmente superiore, ha esposto il ricorrente di aver richiesto la rideterminazione del proprio trattamento economico, assumendo a parametro quello del collega D., decurtato di otto scatti biennali, e di essersi visto rigettare la richiesta con atto del 24 marzo 1998, opponendovi l’amministrazione l’abrogazione dell’istituto del cd. "allineamento stipendiale".

Di tale diniego il ricorrente ha indi domandato l’annullamento, sostenendone l’illegittimità per: violazione ed errata applicazione degli artt. 132 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 e 60 del r.d. 12 ottobre 1933, n. 1364; eccesso di potere per illogicità, disparità di trattamento e manifesta ingiustizia, con conseguente riconoscimento del suo diritto patrimoniale ad ottenere la favorevole rideterminazione, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali.

A sostegno della domanda, il ricorrente ha invocato statuizioni della giurisprudenza amministrativa che, in tema di riammissione in servizio del dipendente cessato per dimissioni, ha riconosciuto che la perdita dell’anzianità nella qualifica di riassunzione va limitata al mancato riconoscimento dell’anzianità pregressa ai soli fini della collocazione in ruolo e della progressione giuridica di carriera, salvi i soli effetti economici.

Il ricorrente ha anche invocato l’art. 60 del r.d. 1364/1933, che, nel prevedere le modalità di ricollocazione del magistrato contabile nel grado, non contiene alcun riferimento ad una diversa decorrenza di anzianità.

Si sono costituite in resistenza le intimate amministrazioni, sostenendo l’infondatezza del gravame, di cui hanno domandato il rigetto.

Preso atto della documentazione depositata dall’amministrazione resistente in adempimento dell’ordinanza istruttoria della Sezione n. 5061/98, il ricorrente ha proposto motivi aggiunti di gravame, notificati il 1° settembre 1998 e depositati successivo 9 settembre.

Affidandosi agli stessi titoli di censura già formulati in ricorso, il ricorrente ha sostenuto che gli atti depositati confermano l’erroneità dell’affermazione dell’amministrazione di avere, nella specie, rispettato le suddette statuizioni amministrative, ed ha rappresentato che la doverosa osservanza del principio di salvaguardia dell’anzianità maturata agli effetti economici ivi statuita rende irrilevante nei suoi confronti, così come per il sopra nominato collega e per tutti gli altri che ne hanno usufruito, l’intervenuta abrogazione dell’allineamento stipendiale, non vertendosi in ambito di una applicazione retroattiva dell’istituto.

Con atto notificato in data 28 novembre 2000, depositato il successivo 30 novembre, il ricorrente ha interposto ulteriori motivi aggiunti, domandando l’annullamento anche del provvedimento della Corte dei Conti 15 novembre 2000, n. 9504, che ha nuovamente negato la rideterminazione del suo trattamento economico, avverso il quale ha indirizzato le censure di: violazione ed errata applicazione dell’art. 4, comma 9, della l. 6 agosto 1984, n. 425, nonché delle leggi 2 aprile 1979, n. 97 e 19 febbraio 1981, n. 27; eccesso di potere per difetto di istruttoria, difetto di motivazione, illogicità manifesta, disparità di trattamento e manifesta ingiustizia.

Con i mezzi aggiunti, il ricorrente ha rappresentato che nelle more del giudizio è intervenuto il parere del Consiglio di Stato, Commissione speciale per il pubblico impiego, n. 1197 del 12 febbraio 1998, reso su ricorso straordinario al Capo dello Stato proposto da alcuni consiglieri di Stato che ha statuito l’applicazione alla fattispecie sottoposta a consultazione dell’art. 4, comma 9, della l. 6 agosto 1984, n. 425, che prevede l’attribuzione al personale che ha conseguito la nomina a magistrato di Corte di Appello o a magistrato di Cassazione, a seguito di concorso per esami, un’anzianità in misura pari a quella riconosciuta al magistrato di pari qualifica con maggiore anzianità effettiva che lo segue in ruolo.

Per l’effetto, il ricorrente, ribadita la domanda di vedersi riconosciuto alla data della riammissione in servizio il diritto ad un trattamento economico pari a quello del collega D., decurtato di 8 aumenti biennali, ha introdotto la domanda subordinata volta al riconoscimento in suo favore, alla stessa data, del diritto al trattamento economico in godimento del primo magistrato contabile di nomina governativa che lo segue in ruolo.

Con ordinanza 1839/2010 la Sezione ha disposto ulteriori adempimenti istruttoria a carico dell’amministrazione resistente, che vi ha successivamente adempiuto.

Le parti hanno affidato a memoria lo sviluppo delle rispettive tesi difensive.

Il ricorso è stato trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 25 maggio 2011.

Motivi della decisione

1. Con il ricorso e con i primi motivi aggiunti il ricorrente, magistrato contabile che ha rassegnato le dimissioni dal 29 ottobre 1976, ed è stato riammesso in servizio, a domanda, dal 20 luglio 1993, ha lamentato che il trattamento economico riconosciutogli all’atto della riammissione in servizio non rispetta i principi affermati nella sentenza del Consiglio di Stato 9 febbraio 1996, n. 147.

La invocata statuizione, in riferimento alla riassunzione a domanda del dipendente già cessato dal servizio, ai sensi dell’art. 132, terzo comma, del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, chiarisce che il mancato riconoscimento dell’anzianità pregressa deve essere inteso solo ai fini della collocazione in ruolo e della progressione giuridica di carriera, salva la valutazione dell’anzianità a fini economici.

Sulla base di tale affermazione, e tenuto conto del periodo durante il quale è stato cancellato dal ruolo (anni 16, mesi 7 e giorni 22), il ricorrente ha rilevato che la differenza tra il trattamento in parola e quello in contemporaneo godimento del collega D., che all’atto delle dimissioni lo seguiva immediatamente in ruolo, è di molto superiore a quella derivante dalla applicazione dei principi di cui alla summenzionata statuizione, corrispondente a soli 8 aumenti periodici di stipendio.

Il ricorrente ha domandato, pertanto, il riconoscimento della 8^ classe di stipendio (anziché della VI^) e dei venti aumenti biennali siccome riconosciuti al nominato collega, con sottrazione dei soli otto scatti di stipendio corrispondenti al periodo di mancata prestazione del servizio.

A sostegno della domanda, il ricorrente ha esposto che l’amministrazione non può essere seguita quando oppone alla predetta richiesta l’intervenuta abrogazione dell’istituto dell’allineamento stipendiale, che ritiene improduttiva di effetti nei suoi confronti, così come è avvenuto per il sopra nominato collega e per tutti gli altri che ne hanno usufruito e continuano ad usufruirne, non vertendosi in un ambito di applicazione retroattiva dell’istituto.

2. La pretesa sopra descritta deve essere respinta, poiché, come correttamente segnalato dalla difesa erariale, non tiene conto delle sostanziali variazioni intervenute nella disciplina normativa del trattamento economico dei magistrati.

Si osserva, al riguardo, che il trattamento economico spettante al ricorrente è stato determinato con D.P.C.M. 10 febbraio 1994, ai sensi dell’art. 4 della l. 6 agosto 1984, n. 425, disposizioni relative al trattamento economico dei magistrati, vigente al momento della riammissione in servizio dell’interessato (20 luglio 1993).

Per l’effetto, è stato valutato, secondo i criteri indicati nel predetto art. 4, comma 2 ("I periodi di servizio e di attività professionale, richiesti dai rispettivi ordinamenti per l’accesso alle carriere di magistratura e di avvocatura dello Stato, sono riconosciuti, in favore dei magistrati e degli avvocati dello Stato nominati a seguito di pubblico concorso, nella misura fissa di cinque anni e sono valutati attribuendo un beneficio del 3 per cento per ciascun anno, da calcolare sullo stipendio o livello retributivo iniziali dell’attuale carriera di appartenenza"), tutto il servizio prestato dal ricorrente nella carriera di magistratura (militare e della Corte dei Conti) nelle qualifiche inferiori a quella di consigliere e per intero il servizio prestato in quest’ultima nell’ultima qualifica.

Del resto, il ricorrente contesta la rideterminazione del trattamento economico esclusivamente per la mancata applicazione dell’istituto dell’allineamento stipendiale, in quanto, pur riconoscendone la scomparsa dall’ordinamento, lo ritiene operante a suo favore "ora per allora".

Ma tale impostazione del ricorrente non può essere seguita.

Ed infatti, consolidata giurisprudenza, rilevato che l’art. 2, del d.l. 11 luglio 1992, n. 333, convertito dalla l. 8 agosto 1992, n. 359, ha abrogato le norme che prevedono l’istituto dell’allineamento stipendiale, e altresì tenuto conto dell’articolo 7, settimo comma, del d.l. 19 settembre 1992, n. 384, convertito dalla l. 14 novembre 1992, n. 438, che ha disposto che la norma abrogatrice vada interpretata nel senso che alla data della sua entrata in vigore (11 luglio 1992) non possono essere più adottati provvedimenti di allineamento stipendiale, ancorché aventi effetti anteriori all’11 luglio 1992, afferma, come conseguenza della lettura congiunta delle predette disposizioni, sia che dalla menzionata data è preclusa all’amministrazione la potestà di adottare provvedimenti di allineamento stipendiale, sia, correlativamente, che dalla data stessa il diritto degli interessati resta inciso, nonostante costoro abbiano maturato i requisiti a quel fine richiesti dall’abrogata normativa (tra tante, C. Stato, IV, 8 gennaio 1998, n. 5).

Indi, per effetto del combinato disposto degli artt. 7, comma 7, d.l. n. 384/1992 e 2, comma 4, d.l. n. 333/1992, dopo la data dell’11 luglio 1992, non possono essere adottati provvedimenti di allineamento stipendiale nel trattamento economico dei magistrati o categorie equiparate, ancorché aventi effetto per il periodo pregresso, e neppure possono essere adottate pronunzie giurisdizionali che accertino il relativo diritto, ormai espunto dall’ ordinamento giuridico (C. Stato, IV, 6 settembre 2006, n. 5158).

Sul punto, può ancora aggiungersi che il sopra citato art. 7, settimo comma, del d.l. n. 384 del 1992, convertito dalla l. n. 438 del 1992, è rimasto indenne al vaglio di costituzionalità (Corte Cost. 26 gennaio 1994, n. 6).

Conseguentemente, non è censurabile l’operato dell’amministrazione che, nel determinare il trattamento economico spettante al ricorrente per effetto della riammissione in servizio, non lo ha parametrato, per effetto delle norme cogenti sopravvenute, alle posizioni economiche godute da altri magistrati, che avevano precedentemente beneficiato, sussistendone le condizioni normative, dell’allineamento stipendiale.

Nulla muta pur considerando l’art. 60 del r.d. 12 ottobre 1933, n. 1364, approvazione del regolamento per la carriera e la disciplina del personale della Corte dei conti, che prevede al secondo comma che il magistrato riammesso in servizio è collocato nel grado cui apparteneva, occupandovi l’ultimo posto, disposizione assolutamente insuscettibile di regolare la fattispecie autonomamente, ovvero in disparte quanto recato, con particolare riferimento alla materia del trattamento economico, dalle altre disposizioni sin qui citate.

3. Con i secondi mezzi aggiunti, il ricorrente ha invocato l’applicazione alla fattispecie di suo interesse del parere, nelle more intervenuto, del Consiglio di Stato, Commissione speciale per il pubblico impiego, n. 1197 del 12 febbraio 1998, reso su ricorso straordinario al Capo dello Stato proposto da alcuni consiglieri di Stato, che ha statuito nei loro confronti l’operatività dell’art. 4, comma 9, della l. 6 agosto 1984, n. 425, che attribuisce ai magistrati che hanno conseguito la nomina a magistrato di Corte di Appello o a magistrato di Cassazione, a seguito di concorso per esami, un’anzianità in misura pari a quella riconosciuta al magistrato di pari qualifica con maggiore anzianità effettiva che li segue in ruolo.

Neanche tale argomentazione risulta però conducente.

Successivamente al decreto di determinazione del trattamento economico del ricorrente originariamente impugnato, è entrato in vigore l’art. 50, comma 4, della l. 23 dicembre 2000, n. 388, legge finanziaria per il 2001. Per l’effetto, il trattamento economico spettante al ricorrente è stato rideterminato con D.P.C.M. 18 maggio 2001.

La norma, a dichiarata finalità perequativa, prevede, a decorrere dal 1° gennaio 2001, senza diritto alla corresponsione di arretrati e con assorbimento di ogni anzianità pregressa, ai magistrati di Cassazione, del Consiglio di Stato, dei Tribunali amministrativi regionali, della Corte dei conti e agli avvocati dello Stato, che non hanno fruito dei riallineamenti stipendiali conseguenti all’applicazione delle norme soppresse dal d.l. 333/92 convertito dalla l. 359/1992, l’attribuzione, all’atto del conseguimento, rispettivamente, della qualifica di consigliere o di avvocato dello Stato alla terza classe di stipendio, il trattamento economico complessivo annuo pari a quello spettante ai magistrati di Cassazione di cui all’articolo 5 della legge 5 agosto 1998, n. 303.

Considerato, tuttavia, che i magistrati di Cassazione sono valutati ai fini dell’idoneità alle funzioni direttive superiori dopo otto anni di permanenza nella predetta posizione, ma che la conseguente nomina viene retrodatata di quattro anni ai fini economici in applicazione del surrichiamato art. 50, nonché dell’art. 5, comma 2, della l. 303/1998, nell’ambito dell’omogeneizzazione dei trattamenti economici delle magistrature, nello spirito perequativo dello stesso art. 50, il trattamento economico dei presidenti di sezione ex art., 5 della l. 425/1984, che avrebbe dovuto essere conseguito dai magistrati contabili dopo otto anni nella qualifica di consigliere, è stato attribuito al quarto anno di anzianità.

Per l’effetto, con D.P.C.M. 27 aprile 2006, annullato il precedente decreto del 2001, al ricorrente è stato attribuito, dal 1° giugno 2006, la 8^ classe di stipendio con 11 aumenti biennali.

Siffatto trattamento stipendiale deve ritenersi pienamente sostitutivo ed escludente ogni altra pretesa maturata nella previgente disciplina.

Tant’è che lo stesso art. 50, comma 5, recita espressamente che "Il nono comma dell’articolo 4 della legge 6 agosto 1984, n. 425" ovvero la disposizione la cui applicazione è stata invocata dal ricorrente con i mezzi aggiunti in trattazione "si intende abrogato dalla data di entrata in vigore del citato decretolegge n. 333 del 1992, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 359 del 1992, e perdono ogni efficacia i provvedimenti e le decisioni di autorità giurisdizionali comunque adottati difformemente dalla predetta interpretazione dopo la data suindicata. In ogni caso non sono dovuti e non possono essere eseguiti pagamenti sulla base dei predetti decisioni o provvedimenti".

4. Per tutto quanto precede, il ricorso deve essere respinto.

Sussistono nondimeno giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso di cui in epigrafe, lo respinge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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