Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 08-06-2011) 25-07-2011, n. 29807 Intermediazione finanziaria

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 29-9-2010 la Corte d’Appello di Trieste, in accoglimento dell’appello del PM e in riforma della sentenza 21-9- 2009 del Tribunale di Pordenone che aveva pronunciato assoluzione, dichiarava P.C. e C.R., quali – rispettivamente – procuratore speciale e amministratore della Union Credit and Guarantee SA, con sede in (OMISSIS), responsabili del reato di abusivo esercizio di attività finanziaria, per aver rilasciato fideiussioni senza che la società fosse iscritta nell’elenco generale degli intermediari finanziari tenuto presso l’Ufficio Italiano Cambi.

Secondo la ricostruzione del giudice,sia di primo che di secondo grado, la società Alfa Service di (OMISSIS), di cui era amministratore P., svolgeva sul territorio nazionale attività di mediazione creditizia, per la quale era iscritta nel relativo albo, ricercando potenziali clienti, i cui nominativi erano trasmessi all’ufficio di (OMISSIS), sede di rappresentanza della Union Credit, ove operava C., che ne approfondiva la solidità, trasmettendo i risultati a Roma, presso gli uffici di tale N., che infine da (OMISSIS) rilasciava le fideiussioni sotto il patrocinio della società (OMISSIS).

Attività, quella descritta, che il tribunale aveva qualificato di mediazione creditizia, quindi lecita, la corte territoriale di intermediazione finanziaria, dal momento che le fideiussioni erano rilasciate dalle stesse persone -gli imputati, i quali ricoprivano ruoli di rappresentanza della Union Credit -, che avevano agito sul territorio italiano quali intermediari. Inoltre le commissioni per il rilascio delle fideiussioni erano versate su un conto intestato alla sede di (OMISSIS) della società panamense, presso un istituto di credito sito nel luogo di residenza di P.. Il che induceva anche a dubitare che le fideiussioni fossero effettivamente rilasciate all’estero, come risultante dai relativi atti.

Ricorrono gli imputati per il tramite del difensore avv. Massimo Dal Ben, articolando tre motivi.

1) Violazione delle norme relative alla competenza territoriale, che viene attribuita al tribunale di Roma, sia come luogo in cui anche solo in parte si è realizzata l’attività criminosa, sia come luogo di prima iscrizione della notizia di reato.

2) Contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione che confonde la mediazione creditizia con l’intermediazione finanziaria, mentre solo la prima è stata svolta in Italia, essendo state le fideiussioni rilasciate all’estero.

3) Violazione di legge in ordine alla contestazione della recidiva a C., dal momento che con sentenza (rectius ordinanza) 14-1- 2004 la Corte d’Assise d’Appello di Roma ha dichiarato la prescrizione del reato di cui all’art. 260 c.p. ascritto all’imputato.

Con motivi aggiunti depositati il 1-6-2011, è stata eccepita la nullità della sentenza per mancata assistenza di C., nel dibattimento di primo grado, da parte del suo difensore. C., all’udienza del 30-4-2008 dinanzi al tribunale (erroneamente indicata come udienza del 30-4-2000 dinanzi al pretore), revocava i difensori di fiducia -uno dei quali, l’avv. Padalino, era presente, e depositava nomina di nuovo difensore, non presente. Il giudice riteneva la revoca inefficace in mancanza di accettazione della nomina da parte del nuovo difensore e quindi la difesa veniva affidata all’avv. Padalino.

Con il motivo aggiunto si sostiene che gli effetti della nomina del nuovo difensore decorrevano dalla nomina stessa, con conseguente perdita di efficacia della nomina precedente.

Motivi della decisione

I ricorsi sono infondati e vanno disattesi.

Il motivo aggiunto, al quale spetta priorità di esame, si caratterizza, al di là della sua possibile fondatezza, per palese carenza di interesse all’eccezione di difetto di assistenza di C. nel giudizio di primo grado, per l’ovvia ragione che in quel grado entrambi gli imputati furono assolti.

La questione relativa alla competenza territoriale, oggetto del primo dei motivi originari, è preclusa dalla sua mancata proposizione nel giudizio di appello, nel quale le – difesa degli imputati limitò le conclusioni alla richiesta di conferma della sentenza di primo grado.

Quanto al secondo motivo, la sentenza impugnata si sottrae alla dedotta censura di vizio motivazionale. Lungi, infatti, dall’aver confuso tra l’attività di intermediazione finanziaria e quella mediazione creditizia, la prima delle quali asseritamente svolta all’estero, la decisione della corte territoriale ben evidenzia come le modalità di svolgimento dell’attività fossero in sostanza finalizzate ad aggirare l’ostacolo della mancanza di iscrizione della società (OMISSIS) nell’elenco generale degli intermediari finanziari presso l’UIC. Per quanto, infatti, l’attività di intermediazione finanziaria sia rappresentata dal rilascio delle fideiussioni, formalmente avvenuto a (OMISSIS), lo svolgimento in Italia dell’attività, ad essa necessariamente propedeutica, di ricerca dei clienti, sia pure sotto lo schermo di società diversa, da parte delle stesse persone – gli imputati, l’uno dei quali, P., li individuava, l’altro, C., ne verificava la solidità economica – che rilasciavano le garanzie (il primo quale procuratore, il secondo quale legale rappresentante di Union Credit), avvalora la conclusione della sussistenza del reato.

Conclusione ulteriormente corroborata dal fatto – dettaglio non secondario che la corte territoriale non ha mancato di sottolineare – che il versamento delle commissioni avveniva in Italia, nel luogo di residenza di P., ad un tempo amministratore di Alfa Service, che procurava i clienti, e procuratore speciale di Union Credit, che rilasciava le fideussioni. Il che conferma che l’apparente rilascio all’estero delle fideiussioni, era nulla più che un escamotage per mascherare l’abusivo svolgimento di fatto, in Italia, dell’attività di intermediazione finanziaria.

Il motivo inerente alla contestazione della recidiva a C., venuta meno per effetto del provvedimento richiamato nel terzo motivo, non è sorretto da interesse, in quanto non determinerebbe un più mite trattamento sanzionatorio, stante la ritenuta prevalenza delle attenuanti generiche.

Al rigetto dei ricorsi segue la condanna di ciascun ricorrente alle spese.

P.Q.M.

La Corte rigetta i ricorsi e condanna ciascuno dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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