Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 08-06-2011) 25-07-2011, n. 29806

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

F.G. è stato condannato dal giudice di pace di Conegliano alla pena di Euro 270 di multa per avere offeso e minacciato B. E. nel corso di una lite per divergenze nella gestione di un condominio.

Con sentenza del 10 febbraio 2010, depositata il 17 febbraio dello stesso anno, il giudice monocratico di Treviso ha confermato la predetta sentenza,in grado di appello.

Contro la sentenza di appello ha proposto ricorso F.G. evidenziando due motivi di ricorso:

1. mancata assunzione di una prova decisiva e quindi violazione dell’art. 190 c.p. e art. 495 c.p., comma 2, per avere il giudice di primo grado prima ammesso e poi revocato l’ammissione del teste a difesa D.F.;

2. omessa e/o contraddittoria motivazione in ordine alla ritenuta ininfluenza delle testimonianze a favore dell’imputato rese dai testi P. e PI.; omessa indicazione dei motivi di prevalenza delle dichiarazioni rese dalla persona offesa e dal figlio.

Per i suddetti motivi il ricorrente chiede l’annullamento della sentenza.

Motivi della decisione

Quanto alla revoca dell’ammissione del teste a difesa D.F., la deduzione è tardiva. Questa corte ha già affermato più volte che è sì affetta da nullità l’ordinanza di revoca della prova testimoniale a discarico, nonostante il difensore dell’imputato abbia insistito per l’assunzione della prova, ma tale nullità è sanata se non dedotta immediatamente dalla parte presente. Dagli atti di causa (che il Collegio è facoltizzato ad esaminare essendo stato dedotto un vizio processuale e non motivazionale) emerge che la censura è puntuale in fatto; il Giudice ha revocato l’ammissione di un testimone a discarico dell’imputato nonostante il difensore avesse insistito per la sua escussione.

Tuttavia, la nullità del provvedimento per violazione dei diritti della difesa avrebbe dovuto essere eccepita, ex art. 182 c.p.p., comma 2, dalla parte presente immediatamente; tale eccezione non è stata effettuata, come risulta dal verbale di udienza, nè è stata svolta nelle conclusioni o dedotta con l’atto di appello (Nel quale nemmeno si parla della revoca del teste e della sua rilevanza a discarico), sicchè la deduzione contenuta nell’atto di ricorso per cassazione è intempestiva (in argomento si vedano Cassazione penale, sez. 3, 06 dicembre 2005, n. 816; Cass. pen. n. 816 del 2006, Cass. pen. n. 41340 del 2006, Cass. pen. n. 36967 del 2007, Cass. pen. n. 35986 del 2008, Cassazione penale, sez. 3, 12 febbraio 2009, n. 20128, nonchè la recente sentenza 8159/2010).

Quanto alla valutazione di attendibilità della persona offesa, trattasi di giudizio riservato al giudice del merito ed insindacabile in cassazione se correttamente motivato; nel caso di specie, trattandosi di doppia pronuncia conforme, le motivazioni della sentenza di primo grado e di appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico e inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione (cfr. Cassazione penale, sez. 2, 15 maggio 2008, n. 19947); e nella sentenza di primo grado vi è specifica motivazione in ordine all’attendibilità della persona offesa, in quanto sottoposta ad approfondito esame dibattimentale e riscontrata dalle dichiarazioni degli altri testi G. e C., mentre i testi indicati dal ricorrente sono stati ritenuti ininfluenti ai fini della decisione. Poichè questa corte non può riesaminare gli atti contenuti nei fascicoli dei primi due gradi di giudizio, se non per la deduzione di vizi procedimentali, la censura del F. è altresì inammissibile per carenza degli indefettibili requisiti della specificità e della completezza, non avendo il ricorrente indicato le ragioni per le quali le dichiarazioni dei testi indicati inficerebbero e comprometterebbero, in modo decisivo, la tenuta logica e la coerenza della motivazione, introducendo profili di radicale incompatibilità all’interno dell’impianto argomentativo del provvedimento impugnato.

Tanto senza considerare che, per poter stabilire se le richiamate testimonianze, asseritamente non considerate dal giudice, possano assumere effettivamente un significato probatorio pregnante, occorreva una valutazione complessiva del materiale probatorio disponibile – del tutto omessa nel ricorso – pacificamente non operabile dal giudice di legittimità sulla base della lettura necessariamente parziale suggerita dal ricorrente, il quale ha persino omesso di riportare i passi delle predette testimonianze – asseritamente contrastanti con la ricostruzione operata dalla persona offesa e dai testi di riscontro – che sarebbero stati idonei, con giudizio di certezza, a condurre a diversa decisione. Tanto più che la prospettazione del vizio di motivazione con riferimento a specifici atti del processo, secondo la novella dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) ad opera della L. n. 46 del 2006, comporta per il ricorrente l’onere sia di individuazione precisa della collocazione degli atti nel fascicolo processuale, ove non siano riprodotti nel ricorso e non siano allegati in copia conforme, sia di dimostrazione che tali atti si trovassero nel fascicolo processuale al momento della decisione del giudice del merito, che, infine, di indicazione puntuale della circostanza di fatto asseritamente travisata o non valutata (cfr. Cassazione penale, sez. 3, 06 febbraio 2007, n. 12014). Per questi motivi il ricorso deve essere rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *