Cass. civ. Sez. VI, Sent., 19-12-2011, n. 27476 Danno non patrimoniale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

che C.M. ha proposto ricorso per cassazione, sulla base di tre motivi, avverso il decreto in data 3 giugno 2010, con il quale la Corte di appello di Lecce – in parziale accoglimento del ricorso con il quale ella aveva chiesto, ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2 la condanna del Ministero della giustizia alla corresponsione di un’equa riparazione per i danni sofferti in relazione alla irragionevole durata del processo da lei promosso in materia di lavoro, per il pagamento dell’indennità di disoccupazione agricola, processo protrattosi per cinque anni e sette mesi in primo grado – ha liquidato in favore dell’istante la somma di Euro 2.000,00 a titolo di equa riparazione, avendo individuato in due anni e mezzo il complessivo allungamento della durata fisiologica del processo, e compensato tra le parti le spese di lite;

che il Ministero della giustizia ha depositato atto di costituzione al solo fine di partecipare alla discussione orale.

Motivi della decisione

che il Collegio ha deliberato l’adozione di una motivazione semplificata;

che con il primo motivo la ricorrente ha dedotto violazione della L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 2 degli artt. 24, 38 e 111 Cost. e di disposizioni della convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, nonchè difetto di motivazione, assumendo: che non erano stati osservati i termini per i rinvii e la determinazione delle successive udienze; che il giudizio come riconosciuto dal decreto faceva parte di una serie di cause seriali, perciò di nessuna complessità;

che il primo motivo è infondato, in quanto l’affermazione che il processo nella specie si è svolto in un arco temporale da ritenersi irragionevole per il periodo di eccedenza rispetto al triennio, è conforme ai criteri stabiliti dalla giurisprudenza CEDU e da quella nazionale per la determinazione della ragionevole durata del processo, secondo i quali il limite massimo di ragionevole durata del processo di primo grado è di circa tre anni (Cass., Sez. 1^, 6 aprile 2011, nn. 7914 e 7915);

che il terzo motivo (violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2 e dell’art. 112 cod. proc. civ.) – con cui si lamenta che, mentre nel dispositivo è stato riconosciuto che sulla somma liquidata sono dovuti gli interessi legali, decorrenti dalla domanda azionata, una analoga statuizione non è riportata nel dispositivo – prospetta un tipico errore materiale, che va corretto con la procedura di cui agli art. 287 c.p.c., e segg., mentre non è denunciabile davanti alla Corte di cassazione, il cui compito istituzionale si esaurisce nel controllo di mera legittimità delle decisioni di merito (cfr. Cass., Sez. 3^, 15 maggio 2009, n. 11333);

che il secondo motivo (violazione degli artt. 24, 38 e 111 Cost.;

violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., dell’art. 92 c.p.c., comma 2, e dell’art. 93 cod. proc. civ.; omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione) censura la pronuncia di compensazione delle spese;

che il motivo è fondato;

che la statuizione della Corte d’appello si basa sull’esito complessivo del giudizio, in particolare sul notevole ridimensionamento della domanda e sul comportamento processuale del Ministero, il quale non si è opposto all’accoglimento delle pretese avanzate sulla base dei criteri elaborati dalla giurisprudenza;

che il capo della pronuncia sulle spese non sfugge alle censure della ricorrente, ove si consideri, da un lato, che l’istante aveva si quantificato il danno non patrimoniale nella misura di Euro 5.500,00, ma aveva rimesso al giudice del merito la determinazione della somma ritenuta di giustizia; dall’altro, che la mancata opposizione alla domanda da parte della Amministrazione non giustifica, di per sè, la compensazione allorchè, come nella specie, la parte sia stata costretta ad adire il giudice per ottenere il riconoscimento del diritto;

che il ricorso deve pertanto essere accolto limitatamente al secondo motivo, con conseguente cassazione, in parte qua, del decreto impugnato;

che non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito con la condanna dell’Amministrazione alla rifusione delle spese del giudizio di merito, liquidate come da dispositivo;

che le spese di questa fase – liquidate come da dispositivo – vanno poste a carico del Ministero nella misura della metà, sussistendo giustificati motivi, stante l’accoglimento soltanto parziale del ricorso, per la compensazione della restante parte;

che le spese di entrambi i gradi vanno distratte in favore del difensore antistatario che ne ha fatto richiesta.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta il primo e dichiara inammissibile il terzo; cassa il decreto impugnato limitatamente alla censura accolta e, decidendo nel merito, ferme le altre statuizioni, condanna il Ministero della giustizia alla rifusione in favore della ricorrente delle spese del giudizio di merito, che liquida in complessivi Euro 775,00, di cui Euro 445,00 per onorari, Euro 280,00 per diritti ed Euro 50,00 per esborsi, oltre a spese generali e accessori di legge, nonchè al rimborso di 1/2 delle spese di legittimità, compensata la restante parte, spese che liquida, nell’intero, in complessivi Euro 595,00, di cui Euro 495,00 per onorari, oltre a spese generali e ad accessori di legge; spese di entrambi i gradi distratte in favore del difensore antistatario, Avv. Oscar Lojodice.

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