Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 08-06-2011) 25-07-2011, n. 29803 Motivazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

C.A. ricorre, per il tramite del difensore avv. Domenico Runfola, avverso la sentenza del 17-2-2010 con la quale il Tribunale di Montepulciano, confermando quella del GdP della stessa città in data 14-5-2009, l’ha riconosciuta responsabile di ingiuria e minaccia nei confronti di S.P. e della figlia di questi, S., condannandola alle pene di legge e al risarcimento del danno in favore delle parti civili.

Il ricorso è affidato a quattro motivi.

1) Mancata assunzione di prova decisiva (una fotografia e due lettere scambiate tra i legali delle parti), a sostegno dell’inattendibilità di S.P. e della mancata verificazione dei fatti denunciati dalle parti civili.

2) Errata e contraddittoria valutazione delle risultanze processuali, non avendo il primo giudice tenuto conto che dalle fotografie prodotte risulta che dalla strada, dove si trovavano le persone offese, era possibile vedere soltanto la testa della persona che si trovava sul terrazzo del piano attico dal quale erano partite le ingiurie e le minacce, terrazzo pertinenza dell’appartamento non dell’imputata, che abita al piano terra, ma della sorella, il cui marito aveva escluso cha qualcuno avesse inveito da lì. Inoltre la figlia dell’imputata, la quale era stata incerta sul punto se, all’ora del fatto, lei e la madre si trovassero al lavoro nell’albergo gestito dalla famiglia, era stata indotta in errore dalle domande insistenti del patrono di parte civile.

3) Mancanza contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione su un punto fondamentale. Il primo giudice, violando il principio del ragionevole dubbio, ha ritenuto certa l’identificazione nell’imputata della donna che quel giorno si trovava sul terrazzo, nonostante il teste M., che accompagnava S.S., avesse dichiarato che, data la distanza, non era certo circa la natura dell’oggetto tenuto in mano dalla donna (che poteva essere una piastrella di ceramica, una tegola o un mattone), nonostante l’inattendibilità, sempre a causa della distanza, della descrizione della donna da parte dei testi P. e T., e nonostante l’impossibilità di procedere al confronto disposto dal giudice, per mancata comparizione della prevenuta.

4) Contraddittorietà e mancanza di nesso causale in riferimento alle statuizioni civili (Euro 1000 per ciascuna parte civile) non essendo stato giustificato il grado e l’entità del danno e miscelata l’entità del risarcimento con il risarcimento del danno morale.

Si chiede quindi l’annullamento della sentenza impugnata.

Motivi della decisione

Il ricorso, in gran parte imperniato sulla prospettazione di una ricostruzione alternativa della vicenda e sulla sollecitazione di un riesame delle risultanze, rivisitando il tema dell’attendibilità delle persone offese, è infondato e va disatteso.

1) Del tutto erronea l’attribuzione, sostenuta con il primo motivo, della qualifica di prova decisiva alla produzione di una fotografia e di due lettere scambiate tra i legali delle parti, la cui rilevanza è ictu oculi da escludere alla stregua della stessa prospettazione della ricorrente, secondo cui la fotografia servirebbe a provare che S.P. aveva mentito sul proprio "indirizzo civico", le lettere a dimostrare che il fatto non si era verificato, in quanto non ne fanno menzione.

2) Di stretto fatto, e quindi non sottoponibile al giudizio di legittimità, l’aspetto relativo alla possibilità di vedere dalla strada la persona autrice, dal terrazzo del piano attico, delle ingiurie, delle minacce e del lancio di oggetti, in quanto attinente alla ricostruzione del fatto e all’apprezzamento del materiale probatorio, rimessi alla esclusiva competenza del giudice di merito e già adeguatamente valutati. Le sentenze di primo e secondo grado hanno infatti logicamente ancorato tale possibilità all’esame delle fotografie prodotte, che dimostrava come, dal basso, la persona presente sul terrazzo fosse visibile a mezzo busto. Il che, quindi, legittimava la conclusione che i testi, i quali accompagnavano, nell’occasione, S.S., avessero potuto vederla e fornirne la descrizione, in linea con l’affermazione degli S., padre e figlia, che si trattava della prevenuta.

Affermazione non smentita nè dalla testimonianza del cognato della C. -il quale, come risulta dalla decisione impugnata, lungi dall’escludere che quel giorno qualcuno avesse inveito dal suo terrazzo, aveva soltanto negato che si fosse trattato della moglie, che, inferma, era sempre rimasta all’interno in sua compagnia-, nè dalle contraddittorie dichiarazioni della figlia della prevenuta, inidonee ad escluderne la presenza in loco all’ora del fatto.

3) La decisione impugnata si sottrae, poi, alla censura, oggetto anche del motivo appena trattato, di vizio motivazionale sul punto dell’identificazione dell’imputata, la cui visibilità dalla strada non è seriamente contestabile per il solo fatto che il teste M. non sia stato in grado di individuare la natura dell’oggetto che la stessa teneva in mano (indicato alternativamente come tegola, piastrella, o mattone), essendo evidente la difficoltà di individuare, a distanza, un oggetto tenuto in mano, tra l’altro di piccole dimensioni, ben inferiori a quelle di una persona affacciata.

Mentre è irrilevante, alla stregua del solido quadro probatorio evidenziato dai giudici di merito, la mancata esecuzione, per mancata comparizione dell’imputata, del confronto disposto dal giudice.

4) Del pari infondato l’assunto di vizio motivazionale della statuizione relativa alla condanna al risarcimento del danno, la cui entità, riferita al danno morale, il solo ritenuto verificato, è stata prudentemente determinata con criterio equitativo.

Al rigetto del ricorso segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e alla rifusione di quelle di parte civile.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla rifusione alle parti civili delle spese e compensi di questo grado di giudizio che liquida in complessivi Euro 1600,00, oltre accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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