Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 08-06-2011) 25-07-2011, n. 29604 Applicazione della pena

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

Con sentenza del 21 giugno 2010, la Corte d’Appello di Messina dichiarava inammissibile l’appello proposto da E.A. avverso la sentenza con la quale, il 30 luglio 2007, il Tribunale di Messina, in composizione monocratica, applicava la predetto la pena concordata con il Pubblico Ministero per il reato di cui alla L. n. 633 del 1941, art. 171 ter, comma 2.

Osservava la Corte territoriale che la sentenza di applicazione della pena ai sensi dell’art. 444 c.p.p. era inappellabile e, in mancanza di censure di inammissibilità, l’atto di gravame proposto non poteva essere convertito in ricorso per cassazione.

La decisione veniva impugnata dall’ E. il quale, con un unico motivo, deduceva la violazione di legge, in quanto la pronuncia della Corte d’Appello era frutto di una errata lettura delle norme processuali applicate poichè i giudici del gravame avrebbero dovuto disporre la conversione dell’appello in ricorso per cassazione.

Insisteva, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.

Motivi della decisione

Occorre preliminarmente osservare che la giurisprudenza consolidata di questa Corte, che il Collegio condivide, ha chiaramente precisato che qualora un provvedimento giurisdizionale sia impugnato con un mezzo di gravame diverso da quello legislativamente stabilito, il giudice che riceve l’atto di gravame deve limitarsi, secondo quanto stabilito dall’art. 568 c.p.p., comma 5, alla verifica dell’oggettiva impugnabilità del provvedimento e dell’esistenza della volontà di impugnare, intesa come proposito di sottoporre l’atto impugnato a sindacato giurisdizionale e, conseguentemente, trasmettere gli atti al giudice competente astenendosi dall’esame dei motivi al fine di verificare, in concreto, la possibilità della conversione (v. ex pl.

Sez. 3, n. 19980, 12 maggio 2009; SS. UU. n. 45371, 20 dicembre 2001).

Nel caso in cui, come nella fattispecie, il giudice che riceve l’atto di gravame si pronunci sullo stesso, è legittima l’impugnazione dell’imputato e, in caso di ricorso per cassazione, la Corte deve annullare senza rinvio la sentenza impugnata e ritenere il giudizio, qualificando l’originario gravame quale ricorso (Sez. 5, n. 4016, 10 novembre 2000).

Ne consegue che la sentenza della Corte d’Appello di Messina deve essere annullata senza rinvio con la conseguenza che l’appello – qualificato ricorso per cassazione – va trattenuto da questa Corte per la decisione.

Avuto tuttavia riguardo al contenuto dello stesso, deve comunque pervenirsi da una declaratoria di inammissibilità del gravame avendo il ricorrente formulato motivi del tutto generici lamentando esclusivamente l’eccessività della pena inflitta, senza alcuna ulteriore argomentazione.

Sulla scorta di quanto evidenziato deve rilevarsi che sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità".(Corte Cost. 186/2000) ed escludere, conseguentemente, la condanna al pagamento di somme in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata senza rinvio e qualificato l’appello come ricorso dichiara lo stesso inammissibile. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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