T.A.R. Toscana Firenze Sez. III, Sent., 02-08-2011, n. 1292 Condono

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La ricorrente, per necessità dettate dall’attività commerciale di bar, prima del dicembre 1993 ha provveduto a chiudere, con struttura portante in metallo, la corte adiacente all’unità immobiliare posta in viale Lavagnini n. 40/AB, in zona sottoposta a vincolo paesaggistico.

In data 26/2/1995 la stessa ha presentato domanda di condono ex art. 39 della legge n. 724/1994, avente ad oggetto l’ampliamento mediante chiusura di corte coperta con struttura coperta in metallo di mq. 73.

Nel febbraio 1995 l’istante ha spruzzato poliuretano espanso sulla parte esterna della tenda sostenuta dalla struttura in metallo, e nello spazio interno ha installato pannelli isolanti prefabbricati sospesi su intelaiatura di alluminio anodizzato (relazione della Polizia municipale datata 30/3/1995 -documento n. 2 depositato in giudizio dal Comune).

Con provvedimento del 23/2/1996 l’Assessore all’Urbanistica e all’Edilizia privata del Comune di Firenze ha respinto la domanda di condono, sull’assunto che il manufatto è stato trasformato in una volumetria permanente dopo il termine previsto dall’art. 39, comma 1, della legge n. 724/1994.

Avverso tale determinazione la ricorrente è insorta deducendo:

1) incompetenza;

2) eccesso di potere per violazione del giusto procedimento e carenza del parere della commissione edilizia;

3) violazione e/o falsa applicazione della L.R. n. 52/1979 come modificata dalla L.R. n. 24/1993 (in particolare gli artt. 4, 5, 6 e 7); eccesso di potere per irregolare convocazione e composizione della commissione edilizia integrata; eccesso di potere per violazione del giusto procedimento;

4) violazione della legge n. 241/1990; eccesso di potere per violazione del giusto procedimento, per contraddittorietà e difetto di istruttoria; violazione del principio del buon andamento ed imparzialità dell’amministrazione;

5) violazione e/o falsa applicazione dell’art. 39 della legge n. 724/1994; eccesso di potere per errore sui presupposti, carenza di istruttoria, travisamento dei fatti; eccesso di potere per illogicità ed errore di motivazione.

Si è costituito in giudizio il Comune di Firenze.

All’udienza del 26 maggio 2011 la causa è stata posta in decisione.

Motivi della decisione

Con la prima censura la ricorrente lamenta l’incompetenza dell’Assessore a pronunciarsi sulla domanda di condono, essendo invece competente il Sindaco.

Il rilievo è infondato.

L’art.31, lettera l, dello Statuto comunale prevede che il Sindaco possa delegare ai singoli assessori atti di sua competenza con potere di avocazione e riassunzione (documento n. 11 depositato in giudizio dall’Ente).

In attuazione della norma statutaria il Sindaco, con ordinanza n.3122 del 2/5/1995, ha delegato all’Assessore all’Urbanistica l’adozione dei provvedimenti in materia di edilizia privata, comprendenti la gravata determinazione di diniego (documento n. 10). Tale assetto di competenze, nell’ambito del quale il Sindaco mantiene un potere di direttiva e controllo sugli atti assessorili, appare peraltro in linea con l’art. 4, comma 2, della legge n. 142/1990 (sulla stessa questione questo TAR si è pronunciato con sentenza n. 535 del 25/3/2011).

Con il secondo motivo la ricorrente deduce che la commissione edilizia integrata avrebbe dovuto valutare la compatibilità paesaggistica, non essendo competente a dare il suo giudizio sul cambiamento dell’oggetto del condono; aggiunge che è mancato il necessario parere della commissione edilizia.

La doglianza non può essere accolta.

L’oggetto della domanda di condono, costituito da copertura con tenda retraibile (documento n. 5 depositato in giudizio dal Comune), ha subito interventi di modifica sostanziale (impermeabilizzazione esterna con poliuretano espanso e installazione di pannelli isolanti interni), che hanno portato ad una struttura irrigidita, diversa, quanto alle originarie caratteristiche di amovibilità, dall’originaria.

Pertanto, non essendo più esistente l’originaria configurazione del manufatto descritto nell’istanza del condono (configurazione peraltro ulteriormente modificata mediante l’inserimento di condotte di scarico per il ricambio dell’aria -si vedano le fotografie annesse al documento n. 8 e la premessa del documento n. 9 depositato in giudizio dall’Ente), la valutazione di compatibilità paesaggistica sarebbe stata irrilevante, in quanto l’abuso edilizio attuale non può essere condonato in forza di giudizio espresso in relazione a connotazione diversa.

Invero l’autorizzazione paesaggistica invocata dalla ricorrente, basata sugli elaborati e la descrizione contenuta nella richiesta di condono, sarebbe nulla per attuale inesistenza del suo oggetto.

Privo di pregio è il riferimento alla necessità del parere della commissione edilizia.

Secondo il costante indirizzo giurisprudenziale espresso dal Consiglio di Stato, la specialità del procedimento di condono edilizio rispetto all’ordinario procedimento di rilascio della concessione ad edificare e l’assenza di una specifica previsione in ordine alla sua necessità rendono, per il condono edilizio, il parere della Commissione edilizia non obbligatorio, ma, tutt’al più, facoltativo (Cons. Stato, sez. IV, 3 agosto 2010, n. 5156; idem, 12 febbraio 2010, n. 772; idem, 15 maggio 2009, n. 3010; sez. VI, 27 giugno 2008, n. 3282; sez. V, 4 ottobre 2007, n. 5153).

Con la terza censura l’esponente osserva che la decisione della commissione edilizia integrata è illegittima in quanto non ne è stata data notizia mediante affissione all’albo pretorio, il Sindaco avrebbe dovuto pronunciarsi sul vincolo paesaggistico con distinto provvedimento, la commissione edilizia integrata non è stata regolarmente convocata, ha espresso il parere non in modo distinto da quello della commissione edilizia ordinaria e senza menzione dei voti dei membri aggregati e delle relative motivazioni.

Il motivo non è condivisibile.

Dagli atti depositati in giudizio dal Comune (documento n. 3) risulta che la commissione edilizia integrata ha ritenuto collegialmente, all’unanimità, di non esprimere il proprio parere in quanto risultava alla stessa che l’oggetto del condono era stato sostanzialmente modificato, né risulta la sua irregolare composizione.

Nell’ordinamento comunale il Sindaco non è titolare di funzioni tecniche consultive, ma della potestà decisionale sull’istanza di condono, fatta salva la delega all’Assessore all’edilizia. Il parere espresso dal Sindaco non trova fondamento in alcuna norma, in quanto, ai sensi dell’art.5 della L.R. n. 24/1993, rileva invece la competenza consultiva della commissione edilizia integrata, il cui parere, se contrario all’accoglimento dell’istanza, è vincolante in virtù dell’art.32 della legge n.47/1985 e deve essere fatto proprio, con la determinazione finale sull’istanza di sanatoria edilizia, dal Sindaco o dall’Assessore delegato.

Legittimamente pertanto nel caso di specie l’Assessore all’urbanistica ha recepito il giudizio espresso dalla commissione edilizia integrata (Tar Toscana, III, 2/10/2000, n. 2011).

Quanto all’omessa affissione all’albo pretorio, la stessa incide sulla conoscibilità generale dell’atto, ma non inficia la validità del giudizio espresso dall’organo collegiale consultivo.

Con il quarto motivo la deducente lamenta che il gravato provvedimento non appare chiaro nella sua portata, in quanto nell’intestazione riporta la dizione "provvedimento di diniego", mentre nel dispositivo fa riferimento al parere contrario; aggiunge che l’amministrazione avrebbe dovuto coinvolgere la parte istante nella partecipazione al procedimento.

Il motivo non ha alcun pregio.

Il contestato provvedimento costituisce determinazione di diniego, in quanto la comunicazione della decisione assunta dalla commissione edilizia integrata, secondo cui la modifica dell’oggetto della domanda di condono rende inutile la pronuncia sulla compatibilità paesaggistica, costituisce manifestazione della volontà di aderire alla decisione stessa, equivalente, secondo quanto precisato nel punto b del dispositivo, al parere contrario sulla rilasciabilità del titolo richiesto. Invero tale comunicazione, in quanto effettuata dal soggetto competente a concludere il procedimento di condono, costituisce atto di diniego, come confermato dall’intestazione del provvedimento de quo (Cons. Stato, V, 23/1/2007, n. 192; TAR Campania, Salerno, II, 30/7/2009, n. 4229).

Non sussiste inoltre, nel caso di specie, violazione delle regole di partecipazione al procedimento, in quanto la parte interessata ha avuto modo di partecipare alla formazione del convincimento dell’amministrazione con la presentazione dell’istanza. L’attività istruttoria tiene conto infatti da un lato degli elaborati prodotti dalla parte istante, dall’altro dell’esito del sopralluogo svolto dalla Polizia municipale il 24/3/1995 (documento n. 2 depositato in giudizio dal Comune).

Con la quinta censura la ricorrente afferma che le parti aggiunte sono autonome e rimovibili e che i sopravvenuti interventi non hanno rilevanza edilizia, in quanto rileva l’esecuzione delle opere al rustico, ovvero la chiusura della corte con strutture metalliche, che non può essere modificata dalla coibentazione e dal nuovo controsoffitto; aggiunge che il manufatto in questione costituiva volumetria permanente fin dall’origine, come dimostra la richiesta di condono, la quale non fa riferimento ad una struttura precaria.

L’assunto è infondato.

La domanda di condono assume ad oggetto la chiusura della corte, coperta con struttura portante in metallo e tenda retraibile (documento n. 5 depositato in giudizio). I successivi interventi, costituiti da impermeabilizzazione mediante poliuretano espanso ed inserimento nella parte interna di pannelli isolanti prefabbricati, hanno reso permanente la struttura, non potendo più configurarsi la copertura con tenda liberamente retraibile. Ciò trova conferma nell’inserimento, risultante dalla documentazione fotografica depositata in giudizio dal Comune (documento n. 8), di condotte di scarico dell’aria sulla copertura.

Non rileva, nel caso di specie, la struttura a rustico esistente prima del dicembre 1993, in quanto le mutate caratteristiche incidono sull’impatto esteriore del manufatto sul luogo, sottoposto a vincolo paesaggistico, cosicchè il parere della commissione edilizia integrata basato sulla documentazione allegata all’istanza di condono risulterebbe superato, reso anacronistico ancor prima della definizione dell’istanza stessa, dal sopraggiunto diverso impatto dell’opera sulla corte.

In conclusione, il ricorso deve essere respinto.

Le spese di giudizio, inclusi gli onorari difensivi, sono determinate in euro 3.000 (tremila) oltre IVA e CPA, da porre a carico della ricorrente.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.

Condanna la ricorrente a corrispondere al Comune di Firenze la somma di euro 3.000 (tremila) oltre IVA e CPA, a titolo di spese di giudizio comprendenti gli onorari difensivi.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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