T.A.R. Toscana Firenze Sez. III, Sent., 02-08-2011, n. 1290 Demolizione di costruzioni abusive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La ricorrente, in data 31/12/1994, ha presentato domanda di condono edilizio, ai sensi dell’art. 1 del decreto legge n. 649 del 25/11/1994, avente ad oggetto la realizzazione abusiva, avvenuta nel 1987, di un piccolo locale ad uso sgombero (di metri 3 per 5, e avente altezza di metri 2,50).

Il Sindaco del Comune di Lastra a Signa, richiamato il verbale della Polizia municipale n.2/96 e constatata la demolizione e la ricostruzione della casetta in legno, già oggetto della richiesta di condono, con dimensioni più ampie delle precedenti (metri 4 per 5 e metri 2,85 di altezza), ne ha ordinato la demolizione con ordinanza n. 26 del 5/3/1996.

Avverso tale provvedimento la ricorrente è insorta deducendo:

1) violazione e/o falsa applicazione dell’art. 7 della legge n. 47/1985 (anche in riferimento all’art. 38 della legge medesima); eccesso di potere per violazione del giusto procedimento; difetto dei presupposti; illogicità; contraddittorietà e perplessità;

2) violazione e/o falsa applicazione degli artt. 7, 8, 9, 10 e 11 della legge n. 241/1990; eccesso di potere per violazione del giusto procedimento; violazione del principio di buona amministrazione, dell’art. 97 della Costituzione, dell’art. 1 della legge n. 241/1990, degli artt. 14, 16, 17, 18 e 19 della L.R. n. 9/1995;

3) violazione e/o falsa applicazione dell’art. 8 della legge n. 241/1990 e degli artt. 4 e 5 della stessa legge; violazione degli artt. 51 e 53 della legge n. 142/1990;

4) violazione e/o falsa applicazione dell’art. 3 della L.R. n. 64/1995; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 9 del d.l. n. 30/1996; eccesso di potere per violazione del giusto procedimento e difetto dei presupposti;

5) violazione e/o falsa applicazione dell’art. 7 della legge n. 47/1985 in relazione anche agli artt. 9 del d.l. n. 30/1996 e 9 del d.l. n. 154/1996; eccesso di potere per violazione del giusto procedimento e difetto dei presupposti;

6) violazione e/o falsa applicazione dell’art. 7 della legge n. 47/1985; eccesso di potere per travisamento dei fatti; violazione del giusto procedimento; difetto dei presupposti;

7) violazione e/o falsa applicazione dell’art. 7 della legge n. 47/1985 in relazione all’art. 9 della legge stessa; eccesso di potere per violazione del giusto procedimento e difetto dei presupposti;

8) violazione e/o falsa applicazione dell’art. 7 della legge n. 47/1985; eccesso di potere per illogicità manifesta, difetto dei presupposti e violazione del giusto procedimento;

9) violazione e/o falsa applicazione dell’art. 7 della legge n. 47/1985, come modificato dai decreti legge n. 498/1995, 30/1996 e 154/1996; eccesso di potere per violazione del giusto procedimento; erroneità e difetto dei presupposti.

Con ordinanza n. 614 del 10/12/1996 è stata accolta l’istanza cautelare.

All’udienza del 26 maggio 2011 la causa è stata posta in decisione.

Motivi della decisione

Con la prima censura la ricorrente deduce che il Comune ha ingiunto la demolizione senza prima pronunciarsi sulla domanda di condono edilizio, sulla quale peraltro la commissione edilizia integrata si è espressa favorevolmente.

Il rilievo è infondato.

Il manufatto oggetto della richiesta di sanatoria non è più esistente: l’impugnata ordinanza, sulla base del verbale della Polizia municipale, fa riferimento a lavori di demolizione e ricostruzione dell’abuso edilizio in relazione al quale era stata presentata istanza di sanatoria, ad esito dei quali è adesso presente una casetta in legno più ampia e più alta della precedente e con differenze riguardanti la posizione della porta e delle finestre, nonché una terrazza in legno antistante la porta d’ingresso.

Pertanto l’istanza di sanatoria edilizia, il cui oggetto è venuto meno, sostituito da manufatto sostanzialmente diverso dal precedente, non è suscettibile di incidere sulla validità della contestata misura repressiva.

La seconda doglianza è incentrata sull’inosservanza delle norme in tema di partecipazione al procedimento.

Il motivo non è condivisibile.

L’ordine di demolizione non deve essere preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento, stante il suo carattere di atto dovuto e vincolato, basato su meri accertamenti tecnici e privo di apprezzamenti discrezionali; nel caso di specie, inoltre, le mutate caratteristiche estetiche e dimensionali del manufatto, la pacifica mancanza di titolo edilizio e il notevole impatto sul territorio della casetta realizzata (alta 2,85 metri e avente perimetro di metri 4 per 5 -a fronte dell’altezza di metri 2,50 e un perimetro di metri 3 per 5 della preesistente struttura), fanno sì che il contenuto del provvedimento impugnato non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato, ex art. 21 octies della legge n. 241/1990.

Con la terza censura la ricorrente deduce che il Comune non ha comunicato il nominativo del responsabile del procedimento e del funzionario preposto all’unità organizzativa, in violazione degli artt. 4, 5 e 8 della legge n. 241/1990.

L’assunto non ha alcun pregio.

Valgono al riguardo le considerazioni espresse in relazione alla precedente doglianza.

Inoltre, secondo il costante orientamento giurisprudenziale, la mancata comunicazione del suddetto nominativo non può inficiare la validità del provvedimento finale, trattandosi di mera irregolarità formale (ex multis: TAR Lazio, Roma, III, 9/9/2010, n. 32207; TAR Lombardia, Milano, II, 12/1/2010, n. 20).

Con il quarto motivo la ricorrente sostiene che l’art. 3 della L.R. n. 64/1995 ammette modesti annessi agricoli in zona agricola, e che l’art. 9 del d.l. n. 30/1996 prevede la sanabilità di opere su fondi rustici realizzate in legno o in strutture amovibili esistenti al momento della sua entrata in vigore.

La censura è infondata.

L’art. 3 della L.R. n. 64/1995 non prevede la sanatoria edilizia, ma subordina il rilascio del titolo autorizzatorio, preventivo rispetto alla realizzazione dell’opera, ad una serie di condizioni, la cui sussistenza non è stata dimostrata dall’interessato; parimenti preventiva deve essere la comunicazione al Sindaco, ivi prevista, per i manufatti precari.

L’art. 9 del citato decreto legge fa invece riferimento a opere funzionali alla conduzione di fondi rustici solo nei Comuni montani e comunque subordina la possibilità di sanatoria a presupposti risultanti solo in parte sussistenti alla stregua dei documenti depositati in giudizio (deve infatti trattarsi di opere in legno o di strutture amovibili ricadenti su fondi rustici estesi per almeno 6.000 metri quadrati).

Con il quinto motivo la ricorrente deduce che la sanzione demolitoria è inappropriata, in quanto le opere in questione rientrano nella manutenzione straordinaria e sono soggette ad autorizzazione o a mera comunicazione ai sensi dei decreti legge nn. 30/1996 e 154/1996 (art. 9).

Il rilievo non può essere accolto.

Il manufatto de quo è sostanzialmente diverso dal precedente (per ampiezza, altezza ed aspetto esteriore), ed è frutto di demolizione e ricostruzione; esso costituisce quindi nuova costruzione, come tale sottoposta a regime concessorio.

Con la sesta doglianza l’istante deduce che l’ordinanza impugnata fa riferimento, immotivatamente, alla riscontrata demolizione e ricostruzione, mentre invece l’opera abusiva risale al 1987, come risulta nella domanda di sanatoria, cosicchè attualmente sono al più configurabili modeste difformità rispetto all’originaria struttura.

L’assunto non è condivisibile.

L’impugnata ordinanza, emessa dal Sindaco, nel richiamare il verbale della Polizia municipale, dà atto che i lavori consistono nella demolizione e ricostruzione di casetta in legno, di dimensioni diverse da quelle della struttura, realizzata nel 1987, oggetto dell’istanza di sanatoria.

A fronte di tale accertamento, facente fede fino a querela di falso ex art. 2700 c.c., l’interessato non ha fornito alcuna prova contraria.

Con il settimo motivo la deducente afferma che ove si trattasse di demolizione e ricostruzione rileverebbe la ristrutturazione abusiva, e non una nuova edificazione, con la conseguenza che potrebbe trovare applicazione l’art. 9, e non l’art. 7, della legge n. 47/1985, e l’inottemperanza all’ordine di demolizione non potrebbe giustificare l’acquisizione coattiva al patrimonio pubblico.

La censura è infondata.

Non solo vi è stata demolizione e ricostruzione, ma è stata creata una casa in legno diversa dalla precedente per dimensioni, altezza, dislocazione delle aperture e per l’inedita presenza di ampio terrazzo. Ne deriva che non vi è alcun nesso di continuità tra la precedente e l’attuale struttura, che quindi costituisce nuova costruzione.

Con l’ottava doglianza la ricorrente deduce che le opere asseritamente abusive fanno parte di immobile preesistente legittimo, cosicchè è illogico coinvolgere anche quest’ultimo nell’acquisizione coattiva prevista in caso di mancata ottemperanza all’ordine di demolizione.

Il rilievo non può essere accolto.

Nel caso di specie appare presente una casetta in legno abusiva, costituente, come visto, nuova costruzione.

Non risulta, né dal provvedimento impugnato né dagli atti depositati in giudizio, che il manufatto de quo faccia parte di immobile legittimamente edificato; peraltro la ricorrente non ha fornito alcuna prova al riguardo.

Inoltre, la censura in esame appare inammissibile per difetto di interesse, in quanto si attaglia al futuro ed eventuale provvedimento di acquisizione coattiva, e non all’ordinanza impugnata.

Con il nono motivo l’esponente deduce che, trattandosi di ampliamento, non è configurabile l’acquisizione coattiva, stante l’art. 7 dei decreti legge nn. 498/1995, 30/1996 e 154/1996.

La doglianza non è condivisibile, alla stregua delle considerazioni espresse nella trattazione del sesto, settimo e ottavo motivo di ricorso.

In conclusione, il ricorso va respinto.

Nulla per le spese di giudizio, vista la mancata costituzione del Comune di Lastra a Signa.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.

Nulla per le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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