Cass. civ. Sez. VI, Sent., 19-12-2011, n. 27466 Diritti politici e civili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

che S.F. ha proposto ricorso per cassazione, sulla base di tre motivi, avverso il decreto in data 3 febbraio 2010, con il quale la Corte di Appello di Lecce ha respinto il ricorso con il quale egli aveva chiesto, ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2 la condanna del Ministero della giustizia alla corresponsione di un’equa riparazione per i danni sofferti in relazione alla irragionevole durata del processo da lui promosso in materia di lavoro, per il pagamento di differenze asseritamente dovute a titolo di indennità di disoccupazione agricola, processo iniziato il 5 agosto 2005 e definito il 7 febbraio 2008;

che il Ministero della giustizia ha resistito con controricorso.

Motivi della decisione

che il Collegio ha deliberato l’adozione di una motivazione semplificata;

che la Corte di appello di Lecce ha respinto il ricorso, rilevando che la durata del giudizio doveva ritenersi congrua, essendosi il giudizio concluso con il rigetto della domanda in poco più di due anni;

che inoltre la Corte territoriale ha sottolineato che il processo presupposto faceva parte di una serie estremamente numerosa di giudizi uguali istruiti con l’allegazione di copiosa documentazione, giudizi che hanno ingolfato il ruolo del giudice del lavoro di Bari, venendo così a concretizzarsi quella complessità del procedimento che, quanto meno per il numero, giustifica l’andamento del processo, articolatosi sostanzialmente in tre udienze;

che il ricorrente censura il decreto impugnato, proponendo tre articolati motivi di ricorso, con i quali si critica la decisione, da un lato, per avere la Corte territoriale ritenuto congrua la durata di tre anni del giudizio presupposto e, dall’altro, per avere la stessa Corte escluso che l’istante possa rivestire la qualità di vittima; questi si duole inoltre della liquidazione delle modalità di liquidazione delle spese in favore della parte vittoriosa (Euro 1.500,00, di cui Euro 800,00 per onorari);

che il primo motivo è infondato, in quanto l’affermazione che il processo nella specie si è svolto in un arco temporale da ritenersi ragionevole è conforme ai criteri stabiliti dalla giurisprudenza CEDU e da quella nazionale per la determinazione della ragionevole durata del processo, secondo i quali il limite massimo di ragionevole durata del processo di primo grado è di circa tre anni (Cass., Sez. 1^, 6 aprile 2011, nn. 7914 e 7915);

che restano assorbite le censure sollevate dal ricorrente con il secondo motivo;

che è infondato anche il terzo motivo, perchè la liquidazione degli onorari è stata effettuata con distinta e separata evidenziazione dell’importo, il che da un lato consente di ricavare, per differenza dal totale, l’importo dovuto a titolo di diritti, e dall’altro permette alla parte di controllare le modalità di liquidazione in relazione al valore della causa e alle voci della tariffa;

che il ricorso va conseguentemente respinto con condanna del soccombente al pagamento delle spese processuali, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta, il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore del Ministero della giustizia, che liquida in complessivi Euro 425,00, oltre alle spese prenotate a debito.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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