Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 01-06-2011) 25-07-2011, n. 29798 Reato continuato e concorso formale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Z.D. e P.S. ricorrono avverso la sentenza 8.4.10 della Corte di appello di Roma con la quale, in parziale riforma di quella in data 17.3.09 del locale tribunale, è stata rideterminata la pena per ciascuno, concesse ad entrambi attenuanti generiche prevalenti, in anni uno e mesi otto di reclusione, con la concessione ai due imputati del beneficio della sospensione condizionale, per i reati di concorso in porto senza giustificato motivo di un cacciavite (capo B) e concorso in lesioni aggravate e percosse (capi C-D-F, in quest’ultimo assorbito il reato sub E originariamente contestato come tentato omicidio aggravato in concorso), unificati ex art. 81 cpv. c.p..

Deducono i ricorrenti, con il primo motivo, violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), in riferimento all’art. 192 c.p.p., comma 2, per avere l’impugnata sentenza, nel ritenere la responsabilità di P. e Z., in concorso tra loro, violato i canoni normativi di giudizio applicabili al caso di specie finendo col ripetere lo stesso errore commesso dal tribunale, avendo ancorato il riconoscimento della sussistenza del concorso tra i due imputati ad una comune volontà di punire i soggetti che li avevano aggrediti in precedenza, senza però l’indicazione anche di una sola fonte di prova in proposito, finalità comune ai due imputati che altro non era se non una mera supposizione, una congettura del tutto slegata dalle acquisizioni probatorie dibattimentali, neanche suffragata dalla considerazione della sequenza temporale degli avvenimenti, prestandosi infatti lo svolgimento complessivo della vicenda ad una pluralità di interpretazioni, tanto sotto il profilo causale che effettuale, tutte pienamente plausibili e logicamente sostenibili.

Con il secondo motivo si deduce violazione dell’art. 110 c.p., non essendo condivisibile l’affermazione secondo cui il P. era rimasto nella propria vettura per garantire la copertura ed un’agevole via di fuga, trattandosi di un atteggiamento valutato ad una finalizzazione del tutto ipotetica e sorretta unicamente dalla considerazione del comune indimostrato intento punitivo.

Non poteva la mera presenza del P. sul posto dell’aggressione, a bordo della propria automobile – prosegue la difesa -, essere considerata elemento sufficiente a dimostrare la sua piena conoscenza ed accettazione della condotta di altri soggetti cui fornire un significativo apporto, laddove poi la mera presenza dello Z. sulla vettura condotta dal P. non era sufficiente a ritenerlo moralmente concorrente nell’episodio di lesioni derivante dall’investimento di A.E. da parte della vettura del P., la tipicità della condotta di concorso essendo stata sostituita da un indimostrato intento punitivo comune ai due imputati, senza il compimento di alcuna indagine in ordine alla incidenza della ipotizzata partecipazione psicologica dello Z. sulla condotta materialmente attribuita al P..

Con il terzo motivo si deduce violazione della L. n. 110 del 1975, art. 4, per avere la Corte di merito ritenuto sufficiente alìaffermazione di responsabilità degli imputati il semplice accertamento circa l’esistenza dell’oggetto atto ad offendere, prescindendo dalla sua natura, sì che era risultato pretermesso qualsivoglia accertamento in ordine alla sussistenza del giustificato motivo per il porto dello stesso, in difetto del quale la fattispecie tipica non poteva ritenersi integrata. Osserva la Corte che i ricorsi non sono fondati.

La difesa degli imputati mira ad una diversa ricostruzione dei fatti accaduti il 20.8.06 e ai quali hanno pacificamente preso parte attiva Z.D., P.S. e (coimputato separatamente giudicato) N., oltre a voler sottoporre al giudizio di legittimità aspetti attinenti all’apprezzamento del materiale probatorio rimessi alla esclusiva competenza del giudice di merito e già adeguatamente valutati dal tribunale prima e dalla Corte di appello poi. I giudici territoriali, infatti, con motivazione congrua ed immune da vizi logico-giuridici, hanno evidenziato come la responsabilità concorsuale dei due odierni ricorrenti in ordine ai reati loro ascritti riposi anzitutto sulla circostanza, non contestata con i motivi di appello, secondo cui vi era stato un iniziale diverbio tra i due imputati (ed il N.) con le parti lese A.H. e As.Es., all’uscita della discoteca (OMISSIS), cui aveva fatto seguito uno scambio di colpi tra i giovani, finchè, verso le ore 4,45, erano intervenuti gli operanti e la situazione si era normalizzata.

Allontanatisi però questi ultimi, erano successivamente ricomparsi i tre, correndo verso il gruppo degli stranieri: P. era rimasto indietro, mentre Z. e N. avevano raggiunto il gruppo ed il primo, con un oggetto appuntito, aveva colpito al fianco As. e N., con una bottiglia, aveva colpito alla tempia A..

Tutti erano poi fuggiti e – per quel che qui interessa – Z. aveva preso posto a bordo della vettura Opel condotta dal P., inseguiti dall’ A. verso il quale la vettura si era poi diretta contro colpendolo all’altezza del ginocchio e facendolo cadere in terra, riportando nell’occorso il giovane lesioni giudicate guaribili in trenta giorni.

Su indicazione dei giovani rimasti sul posto, gli operanti, sopraggiunti a distanza di un’ora dal loro precedente intervento, rilevata la targa della vettura investitrice, avevano nell’immediatezza tratto in arresto il P. il quale aveva subito fornito utili indicazioni per l’identificazione dell’altro occupante la vettura, Z., ed i due erano stati tratti in arresto.

Tale essendo stata la dinamica degli avvenimenti, compiutamente ricostruita dai giudici territoriali sulla base delle inequivoche risultanze probatorie, del tutto logicamente ed in aderenza alla stessa la Corte di merito ha ritenuto il fatto che ha visto protagonisti gli odierni ricorrenti non frammentabile – come preteso dalla difesa – in singoli episodi tra loro scollegati e frutto soltanto di personali iniziative ora del P., ora dello Z., quanto invece del tutto coerentemente reputato quale sviluppo di un’iniziativa comune degli stessi con finalità punitive nei confronti degli stranieri che avevano inizialmente reagito – hanno ancora rimarcato i giudici del merito – allo scambio di battute "infelici" tra lo Z. ed una ragazza di colore, tale L., avvenuto all’uscita della discoteca "(OMISSIS)".

Ed allora, in tale ottica, vi era stata una suddivisione dei compiti, secondo quanto coerentemente ritenuto dalla Corte territoriale, nel senso che il P. era rimasto alla guida della propria auto per garantire copertura e via di fuga a N. e Z., i quali avevano scelto ciascuno il proprio bersaglio, tanto che subito dopo l’aggressione P. aveva ripreso a bordo Z. e quindi – secondo le dichiarazioni della p.o. e dei testi J. e T., sottolineate dalla Corte di appello – si era verificato il volontario investimento dell’ A., a completamento – hanno perspicuamente e condivisibilmente rilevato ancora i giudici di secondo grado – di quel comportamento ritorsivo che aveva visto P. e Z. operare congiuntamente in quella che era stata una vera e propria "spedizione punitiva" posta in essere nei confronti del gruppo rivale e che aveva avuto appunto come vittime As.Es. e A.H..

Infondato è anche l’ultimo motivo di gravame, dal momento che la p.o. As. ha dichiarato di essere stata colpita da un oggetto da punta, riportando lesioni giudicate compatibili con tale oggetto, plausibilmente indicato quindi in un cacciavite il cui porto, avvenuto in un contesto aggressivo, correttamente è stato ritenuto integrare gli estremi del reato di cui alla L. n. 110 del 1975.

Al rigetto dei ricorsi segue la condanna di ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte rigetta i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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