Cass. pen., sez. I 25-10-2007 (03-10-2007), n. 39439 Lamentata inutilizzabilità delle intercettazioni – Sentenza di appello patteggiata – Preclusione alla deduzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

FATTO E DIRITTO
La Corte di Assise d’Appello di Catanzaro in parziale riforma della sentenza emessa dal GUP della stessa città, applicava la pena concordata tra le parti ai sensi dell’art. 599 c.p.p., comma 4, a B.N., M.G., C.R., C.C., P.G., C.A. e P.F., e riteneva M.F. colpevole solo in relazione al delitto di spaccio di sostanza stupefacente condannandolo alla pena di anni 4 e mesi 6 di reclusione ed Euro 14.000,00 di multa.
In relazione alle pene concordate rilevava che erano stati applicati corretti principi di diritto in merito alle derubricazioni dei reati di associazione a delinquere e che la pena appariva congrua, nonchè che sussistevano prove della responsabilità di tutti gli imputati.
In relazione a M. riteneva che i risultati delle intercettazioni telefoniche fossero univoci e non potesse ritenersi fondata l’interpretazione fornita dall’imputato del contenuto delle telefonate, come riferita al lavoro di vendita di prodotti dietetici;
pertanto sussisteva la prova della sua responsabilità.
Avverso la decisione presentavano ricorso tutti gli imputati e deducevano – quanto a C.R., B.N., oltre che violazione dell’art. 129 c.p.p., anche l’inutilizzabilità dei risultati delle intercettazioni in quanto i decreti autorizzativi non sarebbero stati motivati in relazione all’utilizzo di impianti esterni alla procura mancando il requisito della inidoneità, o comunque in alcuni di essi mancava anche ogni attestazione della loro indisponibilità; i decreti venivano individuati analiticamente e si rilevava che il P.M. dopo l’esecuzione delle intercettazioni aveva emesso un decreto integrativo che non poteva essere utilizzato alla luce della giurisprudenza delle sezioni unite sul punto; il solo B. deduceva infine l’incompetenza funzionale della Corte d’assise d’appello in quanto non vi era stata condanna per gli omicidi e comunque non vi era connessione coi reati a lui contestati;
– quanto a C.C., C.A., P. F., P.G. e M.G., dopo aver presentato motivi ricorso, dichiaravano di volervi rinunciare;
– quanto a M.F. deduceva violazione di legge per mancanza di motivazione in relazione alle deduzioni difensive sulla mancanza dei gravi indizi, in quanto le conversazioni dovevano essere interpretate in altro modo riferendosi all’attività commerciale dell’imputato e violazione di legge in relazione alla determinazione della pena, mancando ogni valutazione sulla congruità della stessa.
La Corte ritiene che tutti i ricorsi debbano essere dichiarati inammissibili. I ricorsi di Me., Ca., P. G., P.F. e Cr. debbono essere dichiarati inammissibili per rinuncia all’impugnazione.
I ricorsi di C. e B., che hanno concordato la pena, debbono essere dichiarati inammissibili in quanto, in tema di rinunzia all’impugnazione, allorchè l’appellante concordi con il Procuratore Generale la misura della pena, ai sensi dell’art. 599 c.p.p., comma 4, rinunciando a tutti gli altri motivi di impugnazione, non può poi dolersi della omessa o illogica motivazione in ordine ai motivi oggetto della rinuncia; e invero la rinuncia di alcuni dei motivi ha per effetto di ridurre l’effetto devolutivo dell’appello ai motivi residui non rinunciati, con l’ulteriore conseguenza di precludere, ai sensi del comma terzo dell’art. 606 c.p.p., la deduzione in sede di legittimità dei motivi rinunciati, a meno che non si prospettino questioni rilevabili d’ufficio in ogni stato e grado del processo (si veda: Cass. Sez. 4, 19 febbraio 2004, ric. Santagata ed altro, RV 227346; Sez. 2, 16 giugno 2004 n. 39663, rv. 231109; Sez. 6, 30 novembre 2005 n. 1754, rv. 233393).
Per quanto attiene alle questioni di inutilizzabilità delle intercettazioni per omessa motivazione dei decreti autorizzativi vi è un precedente specifico della Sez. 6, 17 settembre 2004 n. 40817, rv. 230259, che ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato, adducendo l’inutilizzabilità delle intercettazioni, in quanto il potere dispositivo, esercitato con la rinuncia, da un lato, limita la cognizione del giudice d’appello, dall’altro ha effetto preclusivo sull’intero svolgimento processuale, analogamente a quanto avviene con la rinuncia all’impugnazione; nel caso di specie, infatti, tra i motivi di appello per i quali è intervenuta rinuncia, vi erano anche quelli relativi alla inutilizzabilità delle intercettazioni. Infine, nel caso di specie, le fonti di prova a carico degli imputati erano state individuate, seppur sinteticamente vista la rinuncia ai motivi, anche in altri elementi oltre alle intercettazioni, quali le dichiarazioni rese dai collaboranti e le sentenze definitive relativi alla sussistenza delle associazioni a delinquere di stampo mafioso;
ai sensi dell’art. 129 c.p.p., non sussisteva l’evidenza dell’insussistenza delle prove e, pertanto, la questione proposta è irrilevante. Infondata è, infine, la questione prospettata da B. della incompetenza funzionale della Corte d’assise d’appello, in quanto, contrariamente a quanto sostenuto nei motivi di ricorso, vi era stata condanna per gli omicidi, ascritti ad A., appellante. Anche il ricorso di M. deve essere dichiarato inammissibile, in quanto si limita ad offrire interpretazioni alternative ai risultati delle intercettazioni, operazione non consentita in sede di legittimità; quanto al motivo attinente alla pena esso è infondato avendo la decisione congruamente motivato sulla sua entità.
I ricorrenti debbono essere condannati in solido al pagamento delle spese processuali e, ciascuno, della somma di Euro 1.500,00 alla Cassa delle ammende.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti, in solido al pagamento delle spese processuali e, ciascuno, della somma di Euro 1.500,00 alla Cassa delle ammende.

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