Cons. Stato Sez. III, Sent., 03-08-2011, n. 4638 Libertà di circolazione e soggiorno

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;

Il signor T. I., cittadino albanese, ha impugnato innanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sezione distaccata di Brescia, il decreto di rifiuto del rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato Prot. Cat. Imm./I sez/517/2010, notificato in data 14 gennaio 2010 al ricorrente. Il provvedimento richiama come causa ostativa una condanna riportata dal ricorrente in data 19 maggio 2010, a 2 anni, 8 mesi e 20 giorni di reclusione ed a Euro 12.000 di multa per detenzione di sostanza stupefacente. Si segnala inoltre, come segno di mancato ravvedimento, il fatto che l’interessato, durante la esecuzione della pena, è stato successivamente denunciato due volte in stato di libertà per il reato di evasione dagli arresti domiciliari.

2. Il TAR della Lombardia, Sezione staccata di Brescia, ha respinto il ricorso in questione, facendo applicazione della giurisprudenza, confermata dalla corte costituzionale (sentenza n. 148/2008), per la quale la condanna per uno dei reati previsti dall’articolo 4 del D.lgs. n. 286/1998, tra cui quelli concernenti il traffico di stupefacenti, costituisce un automatico impedimento, ai sensi del successivo articolo 5, comma 5, al rinnovo del permesso di soggiorno e non richiede un’autonoma valutazione della pericolosità sociale. La sentenza del T.A.R. osserva, inoltre, che, pur non essendo necessario alla stregua del carattere ostativo della condanna riportata, il provvedimento impugnato è motivato anche con riferimento ad una valutazione più generale del comportamento dell’appellante in relazione ad altri precedenti di rilevanza penale a suo carico.

3. Avverso detta decisione il signor T. I. ha proposto atto di appello, lamentando in particolare la mancata considerazione nel provvedimento originariamente impugnato e nella sentenza del T.A.R. della specifica circostanza che l’odierno appellante è entrato in Italia all’età di 15 anni per ricongiungimento familiare, che vive in Italia da allora con i genitori, che ha frequentato un corso professionale come meccanico d’auto ed ha successivamente trovato lavoro con la stessa qualifica presso l’officina dove tuttora lavora. L’appello rileva come le disposizioni dell’art. 5, comma 5, secondo periodo, del D.lgs. 286/98 impongano in caso di ricongiungimento familiare a tener conto dei legami familiari e della durata del soggiorno in Italia e comportino un l’obbligo di "…una motivazione rinforzata, previo ponderato bilanciamento degli interessi posti in rilievo…" (Consiglio di Stato, Sezione VI, sentenza 27 luglio 2010 n. 4904). Inoltre l’appello sostiene che, in tali circostanze, la esistenza di una condanna non possa da sola costituire un presupposto valido per una valutazione di pericolosità sociale. Infine si lamenta la mancata comunicazione di avvio del procedimento ai sensi dell’articolo 7 della 241/1990 con violazione del diritto di difesa.

4. Il Collegio osserva che si può condividere quanto posto in rilievo dal T.A.R.; e cioè che l’art. 4, comma 3, del t.u. n. 286/1998 – nel testo modificato dall’art. 4 della legge n. 189/2002 – individua specifiche ipotesi preclusive dell’ingresso e della permanenza dello straniero in Italia. Fra le condizioni preclusive rientrano le condanne penali per "reati inerenti agli stupefacenti".

5. Occorre tuttavia tener conto della evoluzione legislativa della materia con particolare riferimento al decreto legislativo n. 5/2007, il quale ha aggiunto all’art. 5, comma 5, del t.u. il seguente periodo: "Nell’adottare il provvedimento di rifiuto del rilascio, di revoca o di diniego di rinnovo del permesso di soggiorno dello straniero che ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare ovvero del familiare ricongiunto, ai sensi dell’articolo 29, si tiene anche conto della natura e della effettività dei vincoli familiari dell’interessato e dell’esistenza di legami familiari e sociali con il suo Paese d’origine, nonché, per lo straniero già presente sul territorio nazionale, anche della durata del suo soggiorno nel medesimo territorio nazionale".

6. Ciò premesso, si osserva che l’attuale appellante è entrato in Italia all’età di 15 anni, nel 2002, in seguito a ricongiungimento familiare e vive tuttora con i genitori; ha dunque in Italia i più importanti legami familiari; inoltre ha frequentato un corso professionale, giungendo fino a conseguire un attestato professionale, che è alla base del suo attuale lavoro. Si tratta quindi di una situazione certamente sufficiente per assumere rilievo ai fini della motivazione del provvedimento in applicazione della disposizione di cui all’art. 5, comma 5, secondo periodo, del D.lgs. n. 286/98 come modificato dall’art. 2 del D.lgs. n. 5/2007 in attuazione della direttiva 2003/86/CE.

7. Con riferimento alle denuncie per il reato di evasione, considerate nella motivazione del provvedimento come segni di mancato ravvedimento, il Collegio ha preso atto dei non contestati chiarimenti prospettati dalla difesa dell’appellante che hanno ridimensionato la portata degli episodi secondo le valutazioni dello stesso giudice di sorveglianza.

8. Tutto ciò non significa che la condanna penale per reati concernenti gli stupefacenti sia divenuta irrilevante. Significa invece che essa non è più sufficiente, da sola, a giustificare il diniego del permesso di soggiorno; e che l’autorità amministrativa deve valutare discrezionalmente il complesso dei dati ed elementi a sua disposizione, mettendo in comparazione quelli favorevoli all’istante con quelli sfavorevoli. Una comparazione discrezionale di questo genere appare del tutto assente dal provvedimento impugnato, il quale risulta dunque illegittimo; salvo, s’intende, il poteredovere dell’amministrazione di riesaminare il caso e di emettere un nuovo provvedimento congruamente motivato.

9. Le considerazioni sin qui svolte sembrano sufficienti a condurre all’annullamento del provvedimento (con salvezza degli ulteriori provvedimenti che potranno essere assunti) per difetto di motivazione. Pertanto, nella futura fase di riesame, l’Amministrazione terrà conto dei fatti ulteriormente sopravvenuti e della complessiva condotta dell’appellante considerando il suo complessivo radicamento familiare e sociale nel paese.

10. In questa luce, l’appello deve essere accolto.

Si ravvisano tuttavia giusti motivi per compensare le spese.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso presentato in primo grado.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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