Cons. Stato Sez. III, Sent., 03-08-2011, n. 4636

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;

1. Con il ricorso di primo grado proposto dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale dell’Umbria, l’odierno appellante signor D. A., cittadino marocchino, ha impugnato il provvedimento emesso, in data 27 agosto 2010, dall’Ufficio territoriale del Governo di Perugia, di annullamento della procedura di emersione da lavoro irregolare, ex art. 1ter della legge n. 102/2009, presentata a suo favore dal datore di lavoro. Il provvedimento è motivato sul presupposto dell’esistenza a carico del ricorrente di pregiudizi penali ostativi, per il reato di violazione all’ordine di espulsione previsto dall’art. 14, comma 5ter, del D.lgs. n. 286/1998.

2. Avverso la sentenza di reiezione pronunciata dal T.A.R. di Perugia, il predetto signor D. A. ha proposto appello lamentando, in particolare, la non riconducibilità del reato previsto dall’art. 14, comma 5ter, cit. ai reati previsti dagli articoli 380 e 381 c.p.p., in relazione ai quali l’art. 1ter della menzionata legge n. 102/2009 espressamente esclude la possibilità di regolarizzazione; viene altresì dedotta la illegittimità del provvedimento per la mancata considerazione nelle motivazioni degli elementi sopraggiunti, ai sensi dell’articolo 5, comma 5, del D.lgs. n. 286/1998, con riferimento alla condizione familiare dell’appellante che vive con la moglie, titolare di regolare permesso di soggiorno, e alla attività lavorativa da lui svolta come presupposto della procedura di emersione nonchè alla assoluta assenza di elementi di pericolosità sociale.

3. L’appello è fondato e deve essere accolto, alla stregua dei seguenti, risolutivi, principi di diritto e precedenti giurisprudenziali conformi:

– la questione giuridica della riconducibilità o meno ai reati previsti dagli articoli 380 e 381 c.p.p. del delitto di violazione dell’ordine del Questore di lasciare il territorio dello Stato, previsto dall’art. 14, comma 5ter, del D.lgs. n. 286/1998, deve ormai ritenersi del tutto priva di rilevanza, dal momento che l’applicazione della norma da ultimo indicata è oggi preclusa dagli artt. 15 e 16 della Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio 16 dicembre 2008 n. 2008/115/CE, le cui disposizioni risultano sufficientemente precise ed incondizionate e dunque come tali suscettibili di immediata applicazione negli Stati membri una volta che è decorso il termine del 24 dicembre 2010 fissato per il suo recepimento senza che il legislatore italiano abbia a ciò provveduto. Tale direttiva infatti "deve essere interpretata nel senso che essa osta ad una normativa di uno Stato membro…. che preveda l’irrogazione della pena della reclusione al cittadino di un paese terzo il cui soggiorno sia irregolare per la sola ragione che questi, in violazione di un ordine di lasciare entro un determinato termine il territorio di tale Stato, permane in detto territorio senza giustificato motivo" (Corte di Giustizia dell’Unione Europea, sentenza 28 aprile 2011 in causa C61/11 PPU);

– di conseguenza, per effetto dell’entrata in vigore della indicata Direttiva si è determinata l’abolizione del reato previsto dall’art. 14, comma 5ter, del D.lgs. n. 286 del 1998, che, a norma dell’art. 2, comma 2, c.p., ha effetto retroattivo, facendo cessare l’esecuzione della condanna ed i relativi effetti penali (Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria n. 7 e n. 8 del 10 maggio 2011; Sezione III, n. 2845/2011);

– il provvedimento amministrativo oggetto del presente giudizio – adottato sul presupposto di una condanna per un fatto che ormai non è più previsto come reato – non può ritenersi insensibile, in quanto tuttora sub iudice, al mutamento della normativa di riferimento. Perciò, non potendo più la condanna penale a suo tempo riportata dal lavoratore – per il reato di cui all’art. 14, comma 5ter, cit. – essere considerata ostativa all’accoglimento della istanza di emersione dal lavoro irregolare presentata dal datore di lavoro a suo favore e al conseguente rilascio del permesso di soggiorno per lavoro subordinato, l’impugnato provvedimento di rigetto deve ritenersi illegittimo per insussistenza dei presupposti sui quali l’Amministrazione ha fondato la propria determinazione negativa e detta istanza, pertanto, deve essere dalla stessa Amministrazione nuovamente esaminata conformandosi alle statuizioni della presente sentenza (Cons. St., III, n. 2845/2011).

4. In definitiva l’appello va accolto, con conseguente accoglimento, in riforma dell’impugnata sentenza, del ricorso di primo grado.

5. La novità della questione consente di compensare integralmente tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso presentato in primo grado.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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