Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 31-05-2011) 25-07-2011, n. 29840 Associazione per delinquere

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il Tribunale di Catanzaro in funzione di Giudice del Riesame, con ordinanza del 7 dicembre 2010, ha confermato l’ordinanza del 23 ottobre 2010 del GIP del Tribunale di Catanzaro con la quale, per quanto d’interesse del presente procedimento, era stata applicata la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di A.L., indagato per i delitti di associazione a delinquere e di concorso continuato nello spaccio di sostanze stupefacenti.

2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione l’indagato, a mezzo dei propri difensori, lamentando:

a) una violazione di legge in merito al mancato esame del contenuto di una memoria difensiva;

b) una violazione di legge processuale nascente dalla omessa trasmissione al decidente delle bobine o dei CD afferenti alle riprese video, con evidente perdita di efficacia della misura cautelare ai sensi dell’art. 309 c.p.p., commi 5 e 10;

c) una violazione di legge processuale nascente dalla mancata esposizione delle specifiche esigenze cautelari e dei gravi indizi previsti dall’art. 292 c.p.p., comma 2;

d) una motivazione illogica, incompleta e insufficiente in merito all’esistenza dei gravi indizi di colpevolezza con particolare riferimento al linguaggio criptico e all’individuazione fotografica;

e) una motivazione contraddittoria e illogica in relazione alla valutazione della gravità indiziaria per l’ascritto reato associativo e per i reati satellite.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è, all’evidenza, da rigettare.

2. Il primo motivo è sicuramente pretestuoso in quanto non si è affatto verificata la pretesa violazione di legge.

La memoria difensiva a sostegno dell’istanza di riesame, depositata anche in uno al ricorso avanti questa Corte, risulta sicuramente esaminata dal Giudice impugnato se è vero che il Tribunale del riesame ha affrontato le sollevate questioni attinenti il riconoscimento fotografico e la congruità del quadro indiziario.

In proposito, in punto di diritto e sulla scia della pacifica giurisprudenza di questa Corte (v. Sez. 1, 7 ottobre 2010 n. 37531), il Collegio osserva come la facoltà delle parti di presentare memorie ed istanze costituisca uno dei principali strumenti di attuazione del principio del contraddittorio, sin dal momento delle indagini preliminari, prima ancora che sia instaurato il processo.

L’incidenza dell’art. 121 c.p.p. sulla conformazione dialettica del processo postula poi, da un canto, l’operatività dell’obbligo del Giudice di pronunciare sulle memorie e sulle richieste delle parti, aventi però carattere di decisività e, dall’altro, la sanzione della nullità in caso di omessa pronuncia, di cui è possibile scorgere un riflesso nella disciplina dell’art. 546 c.p.p., comma 1, lett. e) in relazione ai requisiti della sentenza e dell’art. 292 c.p.p., comma 1, lett. c bis per le misure cautelari personali.

Nella specie, non è stata neppure evidenziata dalla difesa la prescritta decisività della memoria ilio tempore prodotta, ma soltanto l’esistenza di ipotesi alternative sui singoli capi d’imputazione che il Giudice a quo ha esaminato e sui quali ha logicamente motivato (v. pagina 13 dell’impugnato provvedimento, proprio con riferimento alle ipotesi alternative).

3. Il secondo motivo del ricorso non è ugualmente meritevole di accoglimento.

Giova premettere, in punto di diritto (v a partire da Sez. Un. 28 marzo 2006 n. 26795 e da ultimo Sez. 1, 7 luglio 2010 n. 37197), come le video-registrazioni in luoghi pubblici ovvero aperti o esposti al pubblico, non effettuate nell’ambito del procedimento penale, vadano incluse nella categoria dei documenti di cui all’art. 234 c.p.p..

Le medesime video-registrazioni eseguite dalla p.g., anche d’iniziativa, vanno invece incluse nella categoria delle prove atipiche, soggette alla disciplina dettata dall’art. 189 c.p.p. e, trattandosi della documentazione di attività investigativa non ripetibile, possono essere allegate al relativo verbale e inserite nel fascicolo per il dibattimento.

La effettuazione delle riprese filmate dei movimenti degli indagati, possono poi essere valutate, in sede cautelare, alla stregua di ogni altro elemento desumibile dagli atti della p.g., indipendentemente dal formale deposito del supporto magnetico contenente le registrazioni e dalla loro messa a disposizione delle parti.

L’acquisizione di tale materiale è necessaria solo per l’inserimento nel fascicolo del dibattimento e per la conseguente utilizzazione come prova in sede di giudizio, mentre, in relazione alla fase delle indagini preliminari, caratterizzata da esigenze di rapidità ed essenzialità delle forme e connotata dalla costante evoluzione del materiale probatorio, non può invocarsi una indebita compromissione del diritto di difesa, le cui modalità vanno ragionevolmente adattate ai diversi momenti e alle peculiarità del rito (v. Cass. Sez. 5, 17 luglio 2008 n. 33430).

Del tutto fuor di luogo è, pertanto, il riferimento alla recente Sentenza delle Sezioni Unite 22 aprile 2010 n. 20300, che riguarda, di converso, l’ipotesi peculiare delle intercettazioni telefoniche.

Sotto altro aspetto può notarsi, con riferimento al caso di specie, come:

a) da quanto affermato nell’impugnato provvedimento si ricavi la circostanza, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 309 c.p.p., commi 5 e 10, che non vi sia prova della trasmissione del suddetto materiale probatorio al GIP nè la difesa si è premurata di dimostrare tale trasmissione;

b) alla pagina 82 dell’ordinanza del GIP si indichino in maniera generica le effettuate osservazioni mediante riprese video;

c) la difesa non abbia neppure evidenziato una particolare incisività delle suddette riprese ai fini dell’accoglimento della propria istanza di riesame nè, con riferimento alle istanze di duplicazione del 24 novembre e 15 dicembre 2010 (allegate al presente ricorso), ha specificato, al di là della generica violazione del diritto alla difesa che per quanto dianzi espresso non è sussistente, la necessaria rilevanza dell’ottenimento.

4. Quanto al merito effettivo (con riferimento agli ultimi tre motivi del ricorso che possono essere trattati congiuntamente), le doglianze del ricorrente tendono a rendere accreditabile una diversa ricostruzione delle emergenze di causa sulla base di ipotesi le quali, a prescindere dal relativo grado di plausibilità, non possono essere devolute all’apprezzamento del Giudice di legittimità; la Cassazione, infatti, non valuta nuovamente i risultati delle prove nè persegue la ricostruzione più aderente ad essi per la qualificazione della fattispecie sottoposta al suo esame e neppure può entrare ancora una volta nella ricostruzione dei gravi indizi di colpevolezza per l’emanazione dei provvedimenti cautelari ma è deputata unicamente a verificare che il ragionamento seguito dal Giudice di merito sia razionale e non soffra di vistose incertezze su elementi decisivi.

Il coinvolgimento del ricorrente nei fatti ascritti, quantomeno a livello dei gravi indizi richiesti nella presente fase processuale, è stato chiaramente evidenziato: la mera lettura dell’impugnata ordinanza evidenzia, infatti, l’esistenza di indizi di colpevolezza ricavabili da diversi episodi, desunti da inequivoche intercettazioni ambientali, dalle attività di videoregistrazione, dalla effettuazione dei servizi di controllo e di osservazione da parte della P.G., dalle perquisizioni e dai susseguenti sequestri di sostanze stupefacenti, dall’arresto dei corrieri e, da ultimo, dalle dichiarazioni e dai riconoscimenti fotografici dei clienti delle sostanze stupefacenti.

Analogamente, la sussistenza delle esigenze cautelari è stata improntata non solo ai principi in genere applicabili alle misure personali (v. di recente, Cass. Sez. 5, 17 aprile 2009 n. 21441) ma è stata, del pari, correttamente calibrata alla gravità dei fatti ascritti ( D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74) per i quali vi è la presunzione di inadeguatezza di misure diverse dalla custodia in carcere ( art. 275 c.p.p., comma 3) e alla personalità dell’odierno ricorrente.

5. Il ricorso va, in definitiva, rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.

Deve, infine, procedersi a cura della cancelleria alle comunicazioni di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p..

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Art. 94 disp. att. c.p.p..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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