Cons. Stato Sez. III, Sent., 03-08-2011, n. 4630 Detenzione abusiva e omessa denuncia Porto abusivo di armi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.1. Il signor M. F., con atto notificato il 20 novembre 2010 e depositato il 13 dicembre 2010, ha proposto appello, con istanza di sospensione, per la riforma della sentenza n. 8142 del 29 aprile 2010, depositata il 30 settembre 2010, con cui il Tribunale amministrativo regionale per la Liguria – Sezione II ha respinto il decreto del Questore di Genova n. 6F/09 del 12 ottobre 2009 recante il diniego del rinnovo della licenza di porto di fucile per uso caccia a seguito di condanna del Pretore di Genova in data 15 giugno 1998, applicata su richiesta ex articolo 444 c.p.p., per il reato di furto (articolo 624 c.p.) commesso il 29 aprile 1996 con l’aggravante della violenza sulle cose (articolo 625, n. 2, c.p.).

1.2. La Questura aveva già respinto analoga richiesta con decreto 6F/02 del 20 settembre 2002 per lo stesso motivo, ma, a seguito di estinzione del reato, aveva rilasciato la licenza di porto d’armi in data 8 settembre 2003, per poi denegarla, con il provvedimento impugnato e acquisito il parere del Ministero dell’Interno, in quanto, nonostante la intervenuta riabilitazione, la condanna per furto precludeva il rilascio e quindi il rinnovo della licenza ai sensi dell’articolo 43 T.U.L.P.S. – R.D. n. 773/1931, norma speciale rispetto all’articolo 11, a nulla rilevando l’erroneo rilascio effettuato nel 2003.

1.3. Il T.A.R., con la sentenza impugnata, richiamando anche alcuni pronunciamenti di questo Consiglio, ha ritenuto la previsione dell’articolo 43 di carattere inderogabile e vincolante in presenza di reato di cui all’articolo 624 c.p., commesso con l’aggravante di cui all’articolo 625, n. 2, c.p., non rilevando nè l’intervenuta riabilitazione né il precedente erroneo rilascio.

2. L’interessato, con l’appello in epigrafe, ripropone la sequenza e le motivazioni dei provvedimenti adottati nel tempo dalla Questura di Genova, e sostanzialmente i motivi già dedotti in primo grado, lamentando così la falsa applicazione degli articoli 11 e 43 T.U.L.P.S., la carenza di istruttoria e la insufficiente e contraddittoria motivazione del provvedimento impugnato, scaturito dall’unica esigenza di ripristino della legalità.

Sottolinea la modicità della pena, patteggiata, a 27 giorni di reclusione e 70.000 lire di multa, con la sospensione condizionale, relativa a fatto del 1996, e la mancata valutazione complessiva della propria situazione soggettiva alla luce dell’estinzione del reato, della riabilitazione, della lontananza nel tempo del fatto criminoso commesso, dell’avvenuto rilascio della licenza dal 1979 al 2002 e dal 2003 al 2009, dell’interesse pubblico al ripristino della legalità.

Propone eccezione di illegittimità costituzionale del citato articolo 43 T.U.L.P.S. in relazione agli articoli 3 e 27 della Costituzione, nella parte in cui non fa salvi gli effetti dell’estinzione e/o della riabilitazione nei riguardi dei reati ostativi in esso contemplati.

Conclude rammentando i recenti contatti con la Prefettura e la Questura volti a chiarire la vicenda soprattutto in prospettiva, l’attività in corso quale addestratore di cani da ferma e di cacciatore, e quella svolta quale capo cannoniere addetto al servizio di armi nella Marina Militare, l’appartenenza ai Meccanici Armaroli Puntatori Mitraglieri.

Chiede infine il risarcimento danni.

3. Il Ministero dell’Interno e la Questura di Genova si sono costituiti, tramite l’Avvocatura generale dello Stato, con mero atto formale in data 7 gennaio 2011, e l’interessato, con memoria difensiva datata 21 aprile 2011, ha ribadito sinteticamente i motivi dell’appello richiamando recenti sentenze brevi dello stesso T.A.R. che deporrebbero a suo favore.

4. La causa, già assegnata alla Sezione VI e rinviata in camera di consiglio all’esame di merito, all’udienza pubblica del 10 giugno 2011, presenti le parti, relatore il consigliere Stelo è stata trattenuta in decisione.

5.1. Ciò premesso in fatto l’appello è fondato e va accolto, così esimendo dal valutare la dedotta eccezione di incostituzionalità dell’articolo 43 T.U.L.P.S.

5.2. Il decreto del Questore di Genova di cui trattasi è essenzialmente motivato dal dato testuale dell’articolo 43 del T.U.L.P.S. – R.D. n. 773/1931 che, quale norma speciale rispetto all’articolo 11, contiene in effetti l’esplicito divieto di concedere la licenza per portare armi a chi ha riportato condanna alla reclusione per delitti non colposi commessi, fra gli altri, per furto, facendo discendere, con effetto automatico, l’obbligatorietà del diniego di rilascio o di rinnovo, quale atto dovuto e vincolato e senza che residui alcun margine di discrezionalità anche se la condanna è stata seguita dalla estinzione del reato e/o dalla riabilitazione.

5.3. Orbene è indubbio che la fattispecie all’esame rientri nella previsione della norma richiamata; che, come sottolineato dal T.A.R., la pretesa del privato alla detenzione di armi non si configura come diritto soggettivo, e che una parte della giurisprudenza, richiamata dal giudice di primo grado, si è espressa nei sensi dianzi esposti.

Ne consegue che la condanna non viene estinta dalla riabilitazione e costituisce un fatto storico insopprimibile, che di per sé può non giustificare il rilascio o il rinnovo del porto d’arma.

Quanto sopra a conferma del complessivo rigore del quadro normativo che, in relazione ai provvedimenti di pubblica sicurezza, è ispirato al possesso del requisito "della buona condotta politica e morale" e della affidabilità nell’uso delle armi.

Purtuttavia si è evidenziato altro orientamento giurisprudenziale, anche recente, che, pur nel rispetto del disposto dell’articolo 43, si è determinato per la disamina caso per caso della situazione personale dei soggetti interessati e che, in talune circostanziate ipotesi (anche relative al furto aggravato), ha ritenuto non sussistessero le condizioni per ricorrere sic et simpliciter a detto automatismo.

Può richiamarsi la pronuncia della Corte Costituzionale n. 331 del 1996 che, sia pure relativamente al requisito della buona condotta ex articolo 138 del T.U.L.P.S., ha indotto a ritenere che non potesse più ammettersi alcun carattere immediatamente ostativo, ai fini del rilascio o del rinnovo delle licenze di p.s., al fatto di aver riportato una condanna in sede penale.

È stato così fatto riferimento alla non equivalenza, per la diversa funzione, della sentenza di patteggiamento alla sentenza di condanna, per cui un accertamento di colpevolezza non può essere fatto valere in via esclusiva ed automatica in sede amministrativa; quindi alla necessità di procedere ad una concreta prognosi che tenga conto dell’epoca remota della condanna, dei reiterati rinnovi del titolo di polizia nel frattempo, della condotta tenuta successivamente al fatto di reato e a fatti eventualmente sintomatici di attualità della pericolosità sociale, del conseguente legittimo affidamento costituitosi nel tempo, delle intervenute estinzione del reato e della riabilitazione, del fatto che il diniego si basa sulla riconsiderazione di valutazioni più volte ripetute nel tempo e ritenute ex post erronee.

La sussistenza di tali circostanze o di altre situazioni o fatti inerenti il soggetto interessato impongono pertanto all’Amministrazione l’onere di motivare specificatamente i fatti che si ritengono ancora espressivi della pericolosità e inaffidabilità della persona.

Si richiamano, fra le altre, le sentenze del Consiglio di Stato Sezione VI n. 4667/2010, n. 4853/2010, n. 3654/2008, n. 986/2007, n. 5811/2005; del T.A.R. Lombardia – Sezione III n. 4471/2009; e, da ultimo, le sentenze brevi dello stesso T.A.R. Liguria – Sezione II n. 129 e 731/2011 e l’ordinanza sospensiva sempre di quest’ultimo T.A.R. n. 129/2011.

6.1. Ciò stante, la Sezione è dell’avviso che la fattispecie all’esame sia connotata da circostanze tali che avrebbero dovuto indurre la Questura di Genova a integrare la motivazione di diniego del rinnovo di porto d’arma, impugnato in primo grado.

6.2. In verità, dagli atti risulta, come in premessa riferito, che il signor Farina ha conseguito la licenza di porto d’arma fin dal 1979 e solo nel settembre del 2002, a seguito di condanna per furto, commesso nel 1996, erogata nel 1998, la Questura di Genova gli ha negato il rinnovo per rilasciarlo poi nel 2003, a seguito di estinzione del reato, e di nuovo rifiutarlo nel 2009, dopo il conseguimento della riabilitazione e a seguito del riconoscimento della erroneità del rilascio del titolo

Orbene la Questura, sia pure supportata dagli autorevoli pareri dell’Avvocatura generale dello Stato e del Ministero dell’Interno che aveva fatto proprio un orientamento di questo Consiglio relativo peraltro agli effetti della riabilitazione sui rilasci o rinnovi di licenze di porto d’arma, ha posto a base del rigetto del rinnovo della licenza richiesto dall’appellante il richiamo all’articolo 43 del T.U.L.P.S. e al suo automatismo, alla irrilevanza della riabilitazione e delle valutazioni erronee ripetute nel tempo nel rinnovare detta licenza e quindi alla legittimità del ripensamento.

6.3. Può concordarsi nel chiaro tenore letterale del citato articolo 43, sulla legittimità del nuovo comportamento della P.A. dopo la dichiarata commissione di ripetute erronee valutazioni, sulla non automatica estensione della riabilitazione nei casi di specie, e sul rigoroso contesto normativo che disciplina il rilascio e il rinnovo delle licenze di p.s., data la delicatezza e la rilevanza sull’ordine e la sicurezza pubblica.

Purtuttavia, la Questura non ha fornito alcun elemento di valutazione in ordine alle circostanze dianzi esposte e ripetute (reato e condanna risalenti nel tempo, riabilitazione, rilascio del porto dal 1979, ritiro a distanza di tempo e nuovo ravvicinato rilascio fino al diniego di rinnovo del 2009, ammissione di erronee valutazioni) nonché del comportamento e della posizione complessiva dell’istante, ai fini della permanenza del giudizio prognostico di pericolosità e inaffidabilità e quindi del diniego di rinnovo.

In conclusione, il decreto del Questore di cui trattasi risulta viziato da una motivazione carente e pertanto, salvi gli eventuali ulteriori provvedimenti di competenza dell’Amministrazione, va annullato nei sensi di cui alle suesposte argomentazioni.

7. Per le considerazioni che precedono l’appello è fondato e va accolto, e, in riforma della sentenza impugnata, va accolto il ricorso di primo grado con il conseguente annullamento del provvedimento ivi impugnato.

Si dispone la compensazione delle spese, data la specificità del caso di specie.

8. Va respinta invece la richiesta risarcitoria formulata e quantificata in forma generica e posto che non si ravvisa nella fattispecie alcun danno morale e patrimoniale che, trattandosi di porto d’arma, in ogni caso può ritenersi ristorato con l’accoglimento del ricorso.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma alla sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado con il conseguente annullamento del provvedimento impugnato in quella sede.

Respinge la domanda risarcitoria.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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