Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 31-05-2011) 25-07-2011, n. 29666

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il Tribunale del riesame di Palermo, con l’ordinanza sopra indicata, ha rigettato l’istanza presentata ex art. 309 c.p.p., nell’interesse di L.D.G. e F.V., contro il provvedimento datato 13 gennaio 2001, con cui il giudice per le indagini preliminari dello stesso tribunale aveva applicato la misura della custodia carceraria nei confronti dei prevenuti in ordine ai delitti di tentata estorsione aggravata e continuata (artt. 110, 56 e 81 cpv., art. 629, comma 2, in relazione all’art. 628 c.p., comma 2, n. 3, e D.L. 13 maggio 1991, n. 152, art. 7) in danno di I. A.S. e D.M.G..

2. Contro la predetta ordinanza ricorrono per cassazione, con separati atti d’impugnazione iscritti in distinti prodecimenti (14606/11 e 16504/11), entrambi gli indagati, deducendo violazione di legge e vizi di motivazione in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari.

All’odierna udienza, fissata ex art. 127 c.p.p., i procedimenti sono stati riuniti in considerazione dell’identità di imputazione provvisoria e stratta connessione delle questioni dedotte.

Motivi della decisione

1. Tra gli altri motivi, è stato dedotta la nullità dell’ordinanza impugnata per violazione degli artt. 203, 266, 267 e 271 c.p.p., e conseguente inutilizzabilità degli esiti delle intercettazioni delle conversazioni, su cui il Tribunale del riesame ha fondato la sua valutazione.

I ricorrenti hanno contestato la validità dei decreti con i quali il giudice per le indagini preliminari ha autorizzato le intercettazioni che lo riguardavano, ricordando che essi avevano avuto origine dagli esiti dell’originaria intercettazione disposta, con decreto del P.M. datato 24.1.2009 (tempestivamente convalidato dal g.i.p.), a carico dell’ I. per gravi indizi di reato prospettati con nota della DIA del 21 gennaio 2009, che riteneva la sussistenza dei predetti indizi sulla base di "riservate acquisizioni investigative". 2. Il motivo è fondato. Le predette "riservate acquisizioni investigative", cioè le informazioni acquisite da informatori confidenziali, non possono costituire indizi di reato, da porre a base delle successive autorizzazioni alle intercettazioni, per l’inequivoco disposto dell’art. 203 c.p.p., comma 1 bis, e art. 267, comma 1 bis, c.p.p. (introdotti dalla L. 1 marzo 2001, n. 63, artt. 7 e 10), secondo cui le notizie fornite dagli informatori della polizia giudiziaria sono inutilizzabili, anche in fase di indagini preliminari, se gli informatori non sono stati interrogati o assunti a sommarie informazioni.

Come esattamente osservano i ricorrenti, queste disposizioni, che attuano i principi dell’art. 111 Cost. (nel testo revisionato dalla legge costituzionale 23 novembre 1999, n. 2), impongono che al provvedimento del g.i.p. e a quello urgente del P.M. in materia di intercettazioni rimanga estraneo tutto ciò che proviene da fonti anonime o comunque ignote, come tali non assoggettabili a verifica giurisdizionale fino al momento dell’identificazione delle stesse.

3. Il provvedimento impugnato deve, pertanto, essere annullato con rinvio, per nuovo esame, al Tribunale di Palermo.

P.Q.M.

La Corte annulla l’ordinanza impugnata e rinvia al tribunale di Palermo per nuovo esame.

Manda la cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *