Cons. Stato Sez. IV, Sent., 03-08-2011, n. 4661 Atti amministrativi diritto di accesso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

IL notaio P. D. M..,esercente nel distretto di Milano, presentava in data 30 marzo 2010 al Consiglio Notarile di Milano un esposto nei confronti del collega Giovanni M. cui imputava di aver tenuto un comportamento scorretto, con la richiesta di accertamento di illecito disciplinare nonchè di un intervento conciliativo ex art.20 del Codice deontologico.

Dopo una prima istanza di accesso favorevolmente evasa, il notaio D. M. inoltrava nel luglio del 2010 una seconda istanza di accesso riferita agli atti del procedimento a carico del notaio M., cui faceva seguito la nota del Consiglio Notarile del 14 settembre 2010 con la quale in riferimento al’originario esposto si precisava che il Consiglio aveva ritenuto di assumere "i provvedimenti conseguenti".

IL notaio D. M. inoltrava al Consiglio Notarile Distrettuale in data 17 settembre 2010 ulteriore istanza di accesso agli atti con cui chiedeva "al fine di poter eventualmente tutelare i propri diritti avanti l’Autorità Giudiziaria, di prendere visione ed estrarre copia, anche a mezzo di un proprio delegato, dei " provvedimenti conseguenti assunti dal Consiglio notarile all’esito del procedimento ".

In assenza di riscontro di tale richiesta,.il notaio D. M. proponeva ricorso ex art.25 della legge n.241/90 innanzi al Tar per la Lombardia onde ottenere l’annullamento del silenzio- diniego opposto sulla sua istanza di accesso e veder dichiarato il proprio diritto a prendere visione ed estrarre copia dei documenti suindicati.

L’adito Tar con sentenza n.207/2011 rigettava il ricorso, sul rilievo della insussistenza in capo al ricorrente del diritto alla cognizione della rivendicata documentazione.

Il Dott. D. M. ha impugnato tale sentenza, denunciando con vari mezzi di doglianza la erroneità ed ingiustizia delle statuizioni rese dal giudice del primo grado.

Deduce, in primo luogo, il proprio e concreto interesse a conoscere in ordine ai fatti denunciati, i documenti riguardanti l’iter logico seguito dal Consiglio per le determinazioni assunte nei confronti del notaio M. e tale legittimazione deriverebbe al medesimo sia in quanto autore dell’esposto nei confronti del collega sia in quanto professionista iscritto al Consiglio notarile.

Nel merito l’appellante sostiene la fondatezza dell’istanza,non potendo richiesta di accesso essere disattesa dal momento che essa, ai sensi dell’art.24 comma 7 della legge n.241/90 è preordinata all’esercizio delle facoltà difensive e in particolare, si appalesa strumentale alla tutela nelle relative sedi giurisdizionali degli interressi giuridici del richiedente.

Si sono costituiti in giudizio per resistere all’appello il Ministero della Giustizia e il Consiglio Notarile di Milano.

Quest’ultimo Organismo e l’appellante hanno quindi prodotto apposite memorie a migliore illustrazione delle rispettive tesi difensive.

Alla camera di consiglio del 28 giugno0 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.

Tanto premesso, i motivi di doglianza esposti nel proposto gravame vanno unitariamente esaminati in quanto tra loro intimamente connessi.

L’appello si appalesa infondato, meritando l’impugnata sentenza integrale conferma.

Il diritto di accesso si collega, indubbiamente, ad una concezione dell’Amministrazione informata ai principi della trasparenza e pubblicità, sì da configurarsi per certi versi come un diritto soggettivo (in tal senso, Cons Stato Ad. Pl. n.6 del 18/4/2006) per cui, in ragione dei principi di rango costituzionale all’uopo interagenti (artt.97 e 24 Cost.) l’assentibilità all’esercizio di tale diritto si configura come una vera e propria regola dell’agire amministrativo.

Questo comporta sotto il versante della tutela delle posizioni del soggetto richiedente che l’interesse previsto dall’art.22 della legge n.241/90 sul procedimento è da considerarsi prevalente rispetto agli altri interessi coinvolti in subjecta materia (Cons. Stato Sez. VI 25/6/2007 n.3601) con la conseguenza che il diniego opposto in ordine alla richiesta di conoscenza ed ostensibilità dei documenti detenuti dalla P.A. costituisce una vera e propria eccezione derogatoria abbisognevole, come tale, di una espressa previsione normativa contemplante l’esclusione dell’accesso stesso.

Il legislatore della legge n.241/90 si è fatto carico di prevedere (art.24 comma 6 lettera d) che i casi di esclusione siano contemplati dai regolamenti di cui le singole Amministrazioni possono dotarsi ai sensi della suindicata norma (art.24 comma 2).

Ora, siccome il Consiglio Distrettuale Notarile di Milano si è dotato con delibera n.23 del 24 giugno 2008 del "Regolamento relativo all’accesso agli atti presso lo stesso Consiglio notarile", occorre necessariamente procedere alla verifica dell’ammissibilità e fondatezza della richiesta avanzata dal notaio D. M. alla luce delle disposizioni disciplinanti l’accesso recate proprio dal suindicato Regolamento.

Ebbene, nel suddetto " corpus juris" è rinvenibile una norma ostativa all’accoglibilità della richiesta avanzata dal predetto professionista, individuabile esattamente nell’art.13 del Regolamento, dal titolo "atti esclusi dal diritto di accesso ", lì dove viene espressamente stabilito che sono esclusi dall’accesso; (lettera H)… " tutti gli atti e i documenti relativi a procedimenti disciplinari compresi gli esposti e le segnalazioni e tutti gli atti contenenti gli esiti di accertamenti effettuati in sedi ispettive e di vigilanza (atti endoprocedimentali)".

Tali disposizioni, non fatte oggetto di impugnativa, appaiono pienamente applicabili al caso di specie e tanto in relazione alla natura e consistenza della pretesa fatta valere dall’appellante notaio, volta in particolare a prendere visione ed ottenere copia "degli atti del procedimento concernente il pregresso esposto ", lì dove, in concreto il Consiglio notarile ha attivato in concreto un’azione disciplinare nei confronti del notaio M. (fatto oggetto dell’esposto inoltrato dal collega D. M.)

Al riguardo parte appellante contesta l’applicabilità della normativa di esclusione dell’esercizio del diritto di accesso testè suindicato, atteso che i documenti richiesti in visione non costituiscono tout court un procedimento disciplinare, ma definiscono una fase immediatamente precedente a tale procedimento.

In realtà il ragionamento difensivo prospettato non appare condivisibile, atteso che stante l’inequivocabile tenore letterale della norma in rassegna, la previsione d’esclusione include specificatamente atti e documenti che precedono ed attuano un procedimento disciplinare, ivi compresi gli atti endoprocedimentali dai quali si diparte l’azione disciplinare e cioè quegli atti e documenti coincidenti esattamente con quelli dei i quali l’appellante chiede l’accesso

Se questa è la qualificazione da dare ai documenti oggetto dell’esercizio del diritto di accesso, è piuttosto evidente che gli stessi per esplicita e precisa previsione regolamentare non sono ostensibili.

La ratio che ha indotto il Consiglio notarile a sottrarre all’accesso tali documenti non costituisce una mera valutazione di opportunità da parte di chi detiene il documento, ma si identifica, quale legittima causa giustificativa del diniego di accesso, nell’esigenza di assicurare il diritto alla riservatezza nei casi in cui, come quello del genere all’esame, i fatti come definiti dagli atti sopra specificati appaiono suscettibili della relativa tutela nei confronti di tutti gli iscritti al Consiglio (cfr Cons. Stato Sez. VI 12 aprile 2005 n. 1679 e;idem, 27 maggio 2003 n.2938).

Ora vero è che tali esigenze, come sottese all’eccezione all’accesso di cui dall’art.13 lettera h) del succitato Regolamento devono considerarsi recessive le quante volte, come sostenuto al riguardo dal notaio D. M., il diritto di accesso viene esercitato ai fini difensivi (nelle eventuali sedi civile e penale) ma non è questo il caso in cui l’interesse "difensivo" ai sensi e per gli effetti di quanto previsto dall’art. 24 comma 7 della legge n.241/90 (cfr Cons. Stato Ad. Pl. 7 febbraio 1997 n.5), in quanto prevalente, consente l’esercizio del diritto in parola..

Invero, anche voler sorvolare sull’assenza, nella richiesta di accesso, di una motivata esigenza di tutela di interessi giuridici, solo in via ipotetica preannunciata, (cfr Cons. Stato Sez. VI 6 luglio 2010 n.4297) potendo, tutto sommato, qui l’invocato diritto di accesso essere finalizzato ad una preliminare valutazione della possibilità di instaurare un’azione volta alla tutela sia in forma giudiziale sia extragiudiziale di interessi giuridicamente rilevanti, nondimeno nel caso de quo risulta dirimente dover constatare la mancanza in capo all’appellante delle condizioni sostanziali che legittimino la pretesa teleologica rivendicata, nel senso cioè che dovendosi preliminarmente verificare se sussistono elementi atti a dimostrare o comunque ad evidenziare la concreta sussistenza di un interesse giustiziabile, una siffatta verifica conduce ad un esito negativo.

La conoscenza degli atti e documenti onde poter agire nelle competenti sedi giudiziarie anche ai fini del riconoscimento della risarcibilità dei danni invocabili. si configura certamente come un interesse di tipo primario che la legge sulla trasparenza ha inteso espressamente privilegiare (comma 7 del citato art.24), ma un siffatto diritto presuppone necessariamente l’esistenza di due condizioni intimamente connesse, nella specie non sussistenti, e cioè:

la presenza di un interesse qualificato;

l’esistenza di un rapporto di strumentalità tra tale interesse la documentazione richiesta.

Ora il notaio D. M. è solo l’autore di un esposto con cui segnala l’anomalia del comportamento tenuto da un collega e, come tale, è un soggetto terzo rispetto al procedimento disciplinare che il Consiglio notarile ha avviato o inteso avviare su input dell’appellante, esplicandosi il rapporto giuridico introdotto con l’azione disciplinare unicamente tra il Consiglio e il notaio M..

Ne deriva che il contenuto e gli effetti della documentazione inerente la procedura volta a "sanzionare" (eventualmente) sotto il profilo disciplinare la condotta del collega non involge minimamente la posizione del "denunciante" cui non può né deve interessare, almeno con le modalità di cui al rimedio giurisdizionale ex art.25 della legge n.241/90, quanto l’Organo professionale di appartenenza andrà ad assumere nei confronti del collega.

A maggior ragione l’insussistenza del suindicato profilo legittimante è palesemente rilevabile, ove si voglia conoscere, come pare pure richiesto dal notaio D. M., gli atti intermedi e prodromici alla fase disciplinare vera e propria: in tal caso non si vede a quali concreti scopi possa servire la conoscenza della relativa documentazione (ammesso, peraltro che vi sia una apposita documentazione nei sensi voluti dal richiedente, al di fuori della già conosciuta nota con cui si esprime l’intentio di assumere i provvedimenti del caso) e tanto a prescindere dalla espressa previsione di esclusione dall’accesso pure discrezionalmente fissata dal suindicato Regolamento del Consiglio notarile all’art.13 lettera h (disposizione non impugnata) con l’indicazione degli "atti endoprocedimentali" e "tutti gli atti contenenti gli esiti di accertamenti effettuati in sedi ispettive e di vigilanza" (costituenti esattamente manifestazioni dei poteri istituzionali dell’Organismo).

In forza delle suestese considerazioni l’appello, in quanto infondato, va respinto.

Sussistono, peraltro, tenuto conto della specificità della vicenda, giusti motivi per compensare tra le parti le spese e competenze del presente grado del giudizio

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo Rigetta.

Compensa tra le parti le spese e competenze del presente grado del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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