Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 31-05-2011) 25-07-2011, n. 29658

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con la decisione sopra indicata, la Corte d’appello di Reggio Calabria ha confermato la sentenza emessa in data 11 aprile 2003, con cui il Tribunale di Palmi, in composizione monocratica, aveva condannato C.D. alla pena di due anni di reclusione per il delitto di calunnia ai danni di P.A..

2. Il C. era stato tratto a giudizio per rispondere del reato di cui all’art. 368 c.p., "per avere, con denuncia diretta alla Procura della Repubblica di Palmi (…), incolpato, pur sapendolo innocente, P.A., responsabile dell’ufficio tecnico del Comune di Rosarno, del reato di abuso di ufficio continuato commesso in suo danno; e precisamente, sostenendo, tra l’altro, nella suddetta denunzia che il P. "abusando sconsideratamente della propria funzione da (OMISSIS) ha dolosamente ostacolato con notevole ed intollerabile ostruzionismo l’accoglimento di una concessione edilizia che prevedeva la realizzazione di un ascensore (…) che doveva servire" al fratello C.A.M. a causa delle sue condizioni fisiche, ed incolpando altresì il P., con la sua "perversa condotta" di avere "addormentato" tale pratica per fini personali".

Il P. era stato sottoposto a procedimento penale, conclusosi il 1 settembre 1998, con provvedimento di archiviazione del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Palmi.

3. Il Tribunale, nel procedimento di primo a carico del C., escluse "qualsiasi atteggiamento ostruzionistico da parte del P.", accertato che la pratica era "stata trattata con la massima celerità", e sottolineato che "nulla di quanto indicato nella denuncia del C. può qualificarsi come vero".

In ordine all’elemento soggettivo del delitto, ritenne la sussistenza del dolo dalle modalità della denuncia, per essere stati "denunciati in modo distorto e parziale (…) dei fatti che il denunciante ha personalmente avuto modo di conoscere per come si sono effettivamente svolti". 4. La Corte d’appello ha ritenuto del tutto generiche le censure mosse dall’appellante "prive di riferimenti a dati concreti, cui affettivamente ancorare la buona fede e come tali inidonee ad introdurre nel processo elementi di ragionevole dubbio". 5. Contro la sentenza d’appello ricorre il difensore dell’imputato, deducendo "inosservanza o erronea applicazione della legge penale e/o contraddittorietà e illogicità manifesta della motivazione" con riferimento all’elemento soggettivo del reato.

Motivi della decisione

1. Rileva innanzitutto il Collegio che, con condivisibile ed esauriente motivazione, la Corte d’appello ha qualificato come del tutto generici i motivi d’appello dedotto contro la sentenza di primo grado. I giudici d’appello, tuttavia, invece di adottare declaratoria d’inammissibilità dell’impugnazione, hanno "confermato" la sentenza di primo grado.

Ciò non può impedire a questa Corte di assumere la sostanza della pronuncia della Corte territoriale (costituita da una declaratoria d’inammissibilità senza la condanna dell’appellante al pagamento di una somma in favore della cassa delle ammende) e di ritenere, perciò, inammissibile per mancanza di specificità, a norma degli art. 581 c.p.p., comma 1, lett. c) e art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c), il ricorso di cassazione che non si misura con la ritenuta genericità dei motivi d’appello, ma censura la sentenza per inosservanza della legge penale e vizio di motivazione con riferimento all’elemento soggettivo del reato, in quanto l’imputato si era formato il "convincimento, sia pure quanto erroneo, che il tecnico P. po(tesse) essersi reso responsabile dei ritardi amministrativi nell’evasione della pratica di concessione edilizia". 2. In ogni caso, entrando nel merito delle argomentazioni del ricorrente, il Collegio ne rileva la manifesta infondatezza, dovendosi ribadire che la consapevolezza del denunciante circa l’innocenza dell’accusato è esclusa solo se sospetti, congetture o supposizioni d’illiceità del fatto denunciato siano ragionevoli, ossia fondati su elementi di fatto tali da ingenerare dubbi condivisibili da parte del cittadino comune che si trovi nella medesima situazione di conoscenza.

Quando invece, a fondamento della denuncia e dell’incolpazione si pongano – come hanno accertato i giudici di merito – elementi fattuali falsi o consapevolmente parziali ed equivoci ovvero superficialmente enfatizzati e rappresentati in maniera suggestiva, si finisce inevitabilmente per ricadere nel terreno dei sospetti temerari e irragionevoli, e quindi nel campo di atteggiamenti psicologici inidonei a far ritenere la mancanza di consapevolezza della innocenza, con la conseguente sussistenza del dolo (cfr. Cass. n 46205/2009, Demattè; n. 3964/2010, De Bono).

3. All’inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria, che si ritiene adeguato determinare nella somma di Euro 1.000, in relazione alla natura delle questioni dedotte.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento della somma di Euro 1.000 (mille) in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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