Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 31-05-2011) 25-07-2011, n. 29657 Aggravanti comuni danno rilevante

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza 12 novembre 2002, il Tribunale di Palmi condannò alla pena di tre anni di reclusione ed Euro 1.500 di multa C. G. e G.A., riconosciuti responsabili dei delitti di cui all’art. 110 c.p., D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, art. 80, comma 2 (per avere coltivato, a fine di commercio, 2000 piante di canapa indiana) e art. 624 c.p., art. 625 c.p., nn. 2 e 7 (per avere sottratto energia elettrica all’Enel, attraverso un allacciamento abusivo al fine di alimentare l’impianto d’irrigazione della coltivazione di canapa).

2. Con la decisione sopra indicata, la Corte d’appello di Reggio Calabria, in parziale accoglimento dell’impugnazione degli imputati, ha dichiarato l’estinzione del reato di furto aggravato per intervenuta prescrizione, mentre ha confermato la condanna per l’illecita coltivazione e determinato la pena – esclusa l’aggravante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80, comma 2 – in un anno e dieci mesi di reclusione e Euro 800 di multa.

3. Ricorrono per cassazione i difensori dei due imputati, per mezzo di separati atti d’impugnazione.

3.1. Il ricorso del C. deduce:

– violazione delle norme processuali, ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), con riferimento all’art. 191 c.p.p., art. 178 c.p.p., lett. c) e art. 179 c.p.p., per nullità della sentenza di primo grado prodotta dalla mancata partecipazione del difensore al dibattimento e dall’acquisizione, in violazione di specifico divieto, dell’intero compendio degli elementi di prova utilizzati per la decisione.

– violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c) ed e).

3.2. Nell’interesse di G.A. si denuncia:

– violazione delle norme processuali, ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c) ed e) per acquisizione al fascicolo processuale, senza il consenso della difesa, di elementi di prova;

– violazione di cui all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e; per vizio di motivazione.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo, dedotto da entrambi i ricorrenti, i difensori lamentano che, intervenuta una diversa composizione del collegio giudicante di primo grado, il Tribunale procedette all’acquisizione, in precedenza effettuata, di documenti e verbali di prove senza il consenso della difesa.

1.1. Il motivo non merita accoglimento.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, nel caso di rinnovazione del dibattimento a causa del mutamento della composizione del giudice collegiale, la prova raccolta dal primo giudice non è utilizzabile per la decisione mediante semplice lettura, senza ripetere l’esame del dichiarante, quando questo possa avere luogo, semprechè tale ripetizione sia stata richiesta da una delle parti.

Quando invece, nel corso del dibattimento rinnovato a causa del mutamento del giudice, nessuna delle parti riproponga la richiesta di ammissione della prova assunta in precedenza, il giudice può di ufficio disporre la lettura delle dichiarazioni precedentemente raccolte nel contraddittorio delle parti e inserite legittimamente negli atti dibattimentali. (Cass. Sez. U, n, 2/1999, Iannasso).

Tale indirizzo, fondato anche su precedenti sentenze della Corte costituzionale (nn. 17/1994 e 99/1996), è stato anche successivamente confortato da ripetute decisioni del giudice delle leggi (nn. 59/2002, 72/2003 e 67/2007, 318/2008, 205/2010).

1.2. Nel caso in esame, tale richiesta non risulta essere stata formulata e anzi, nella sentenza di primo grado, espressamente si menziona l’accordo delle parti all’acquisizione degli atti già assunti. Inoltre, dopo l’esaurimento dell’istruttoria dibattimentale, la dichiarazione di utilizzabilità di tutti gli atti inseriti nel fascicolo dibattimentale non fu seguita da alcuna opposizione.

D’altro canto, nè nell’atto d’appello nè nel ricorso per cassazione, si fa alcun riferimento a un’opposizione alla lettura o a una richiesta di ripetizione dell’atto, ma ci si lamenta soltanto ad affermare che il Tribunale procedette all’acquisizione documentale già fatta senza il consenso delle parti.

La mancanza di un espresso consenso non può essere ritenuto equipollente nè dell’opposizione alla lettura nè della richiesta di ripetizione dell’atto.

Quanto alla apodittica connessa doglianza del C., relativa alla mancata partecipazione del difensore al dibattimento, essa è soltanto affermata apoditticamente dal ricorrente e risulta destituita di ogni fondamento, con conseguente inammissibilità della censura.

2. Il secondo motivo dedotto dal C. è manifestamente infondato.

A prescindere da ogni altra considerazione formulata dai giudici di merito, rileva che sia stato accertato (e lo stesso imputato ha sempre ammesso) che l’irrigazione della coltivazione di canapa indiana avveniva utilizzando un allacciamento elettrico abusivo di C.G. (di qui la condanna in primo grado per il delitto di furto di energia elettrica, poi dichiarato estinto per prescrizione).

La tesi del ricorrente, secondo cui la sua condotta realizzava una connivenza non punibile con il comportamento illecito del fratello Diego, autore della coltivazione ( C.D. ha definito la sua posizione con un patteggiamento di pena, ex art. 444 c.p.p.) è stata correttamente rigettata dai giudici di merito, in considerazione del contributo, attivo e rilevante, costituito dalla fornitura di energia elettrica necessaria per l’irrigazione della coltivazione.

3. Deve, invece, essere accolto il secondo motivo del ricorso di G.A., che lamenta vizio di motivazione in punto responsabilità.

Effettivamente, a fronte di motivi d’appello specifici, la sentenza impugnata si limita ad affermare che "la colpevolezza di costui non appare fondatamente contestabile, attesa la significazione in equivoca dei dati probatori emersi a suo carico, come sopra esposti".

Osserva il Collegio che non può ravvisarsi in queste apodittica affermazione la motivazione, richiesta a fondamento di ogni decisione giurisdizionale dall’art. 125 c.p.p., comma 3 e presidiata da garanzia costituzionale ( art. 111 Cost., comma 6).

Nè il riferimento ai dati probatori "sopra esposti" (rectius:

elencati) è idoneo ad aggiungere adeguata integrazione all’asserzione di colpevolezza, in quanto la mera elencazione di elementi probatori – in mancanza di ogni enunciato valutativo sulla rilevanza, gravita, precisione, univocità e concordanza degli indizi – non costituisce motivazione dell’affermata responsabilità dell’imputato.

4. In conclusione, mentre deve rigettarsi il ricorso del C., la sentenza va annullata nei confronti del G., con rinvio al giudice di merito per nuovo giudizio.

P.Q.M.

La Corte annulla la sentenza impugnata nei confronti di G. A. e rinvia ad altra sezione della corte d’appello di Reggio Calabria per nuovo giudizio.

Rigetta il ricorso di C.G., che condanna al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *