Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 31-05-2011) 25-07-2011, n. 29656 Abuso di ufficio

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. A seguito di giudizio abbreviato il giudice dell’udienza preliminare del tribunale di Bergamo, in data 11 marzo 2008, dichiarò C.T., maresciallo in servizio presso il nucleo operativo del Comando provinciale dei Carabinieri di (OMISSIS), colpevole del reato di tentato abuso d’ufficio ( artt. 56 e 323 c.p.) e lo condannò alla pena di trenta giorni di reclusione (sostituita con la multa di Euro 1,140) per avere, in violazione degli artt. 347 e 357 c.p.p., tentato di acquisire notizie non inerenti a indagini di polizia giudiziaria al fine di procurare un ingiusto vantaggio patrimoniale ad G.A. o ad altro titolare di scuola- guida, mediante l’indebita acquisizione e la trasmissione degli elenchi dei residenti nei comuni di (OMISSIS), nati nel (OMISSIS).

2. Contro la sentenza della corte d’appello di Brescia, che ha riconfermato la decisione di primo grado, concedendo il beneficio della non menzione ex art. 175 c.p., ricorre per cassazione l’imputato, deducendo inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità e vizio di motivazione ( art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c ed e).

3. Il ricorrente lamenta, innanzitutto, che, nell’interrogatorio reso a seguito della notifica dell’avviso di conclusione delle indagini, gli venne dato avvertimento che aveva facoltà di non rispondere, ma non gli fu richiesto se intendesse o meno avvalersi di quella facoltà. 4. Il motivo è inammissibile per manifesta infondatezza.

In diritto, va ribadito che l’avvertimento preliminare all’interrogatorio della facoltà di non rispondere non implica l’adozione di formule sacramentali, essendo sufficiente che, in qualunque modo, il giudice renda edotto l’indagato che il rispondere all’interrogatorio non costituisce un suo obbligo.

In fatto, come ha esattamente rilevato la Corte territoriale, dal verbale d’interrogatorio risulta che il pubblico ministero avverti espressamente l’imputato della facoltà di non rispondere, ma che questi non intese avvalersene nonostante gli impliciti inviti in tal senso del suo difensore. Da ciò si deduce che il giudice adempì il suo obbligo e che l’interrogando fu perfettamente consapevole della sua facoltà difensiva.

5. Con il secondo motivo si deduce mancanza di motivazione sul diniego di rinnovazione dibattimentale.

Contrariamente all’assunto del ricorrente, i giudici d’appello hanno espressamente motivato (primo periodo di pag. 5 della sentenza) sulla superfluità della rinnovazione della testimonianza del teste R., apparendo logicamente plausibile che i carabinieri in servizio presso il nucleo operativo fossero posti in grado di usare il computer per ragioni d’ufficio.

6. Del tutto infondato è anche l’ultimo motivo, con cui di denuncia l’illogicità manifesta della motivazione e l’inosservanza di legge penale per avere la sentenza affermato la penale responsabilità per il capo B) dell’imputazione, in cui si contesta il tentativo di abuso d’ufficio, realizzato "con le condotte meglio descritte al capo A)", dal quale l’imputato è stato assolto "perchè il fatto non sussiste".

A prescindere dall’inammissibilità della censura ex art. 606 c.p.p., comma 3 per non essere stata formalmente dedotta in appello, il motivo è del tutto infondato, avendo il giudice di primo grado non escluso non già le condotte di cui al capo A), bensì il fatto reato previsto dagli artt. 476 e 479 c.p., in quanto il messaggio di posta elettronica spedito dall’imputato era privo dei requisiti necessari per la sua configurabilità di atto pubblico.

4. All’inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria, che si ritiene adeguato determinare nella somma di Euro 1.000, in relazione alla natura delle questioni dedotte.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento della somma di Euro 1.000 (mille) in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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