Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 27-05-2011) 25-07-2011, n. 29837

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

C.F., costituito parte civile, ricorre per il tramite del difensore, avverso l’ordinanza in data 17-9-2010 con la quale il Tribunale del Riesame di Milano, riformando il provvedimento del Gip dello stesso tribunale, che aveva disposto il sequestro conservativo dei beni degli imputati B.M. ed altri e del responsabile civile Telecom Italia SpA (reati ipotizzati quelli di cui agli artt. 615 ter e 617 quater c.p.), ha disatteso l’eccezione di inammissibilità della richiesta di riesame (formulata dalla parte civile sulla base della non ancora intervenuta esecuzione del sequestro), e ha annullato il provvedimento di sequestro, per carenza di prova del periculum in mora, non essendo stata fornita dimostrazione dell’importo del credito da garantire, indicato dalla parte civile in Euro 1.500.000 (ridotto dal Gip ad Euro 1 milione), e non ritenendo condivisibili, in quanto va tenuto conto del complesso dello stato patrimoniale del responsabile civile, nè l’argomentazione dell’elevato numero delle parti civili -in realtà solo una ventina-, nè quella dell’insufficiente accantonamento in bilancio da parte di Telecom di somme per rischio soccombenza (accantonamento effettuato per complessivi Euro 660 milioni, di cui Euro 507, e non Euro 570 come ritenuto dal Gip, destinati alla vicenda Telecom Sparkle, con congrua differenza, quindi, a garanzia di futuri risarcimenti), li ricorso è affidato a due motivi.

1) Violazione di norme stabilite a pena di inammissibilità o decadenza in relazione al rigetto dell’eccezione di inammissibilità della richiesta di riesame, in contrasto con la dottrina e la giurisprudenza di questa corte che ritengono inammissibile la richiesta di riesame del sequestro conservativo non ancora eseguito.

2) Violazione di legge con riferimento al presupposto del periculum in mora.

Il motivo è articolato in quattro profili, a) Contrariamente a quanto ritenuto dal tribunale, la determinazione del credito risarcibile non costituisce presupposto della misura cautelare reale, essendo incompatibile con la natura e funzione dell’istituto (Cass. 8- 2-1993, Giacobone, riv 193327 e SU Di Donato del 2002: l’indicazione della somma non è requisito essenziale e la mancata indicazione non costituisce causa di caducazione della misura). E’ quindi sufficiente l’indicazione approssimativa del presumibile ammontare del credito (Cass. 19-8-1998, Frattasio), da evincersi dalla gravità dei reati, dalle loro conseguenze, dalla natura dei beni tutelati, dall’attività professionale della p.o.. Il che è avvenuto nella specie, tenuto conto che la condotta delittuosa è rappresentata dall’abusivo accesso al sistema informatico del dr. C., giornalista, e dall’illecita acquisizione di dati sensibili e intercettazione di informazioni sia personali che professionali, b) Sul punto del potenziale depauperamento del patrimonio del debitore, è qualificato erroneo l’argomento del tribunale secondo cui va ridotto ad una ventina il numero delle parti civili, potenziali destinatari del risarcimento da parte di Telecom, dal momento che venti sono solo le parti civili che hanno chiesto la citazione del responsabile civile, essendo potenzialmente molto più numerosi gli aventi diritto al risarcimento da parte di Telecom, datore di lavoro degli imputati, c) Sugli accantonamenti in bilancio, secondo il tribunale sufficienti, il ricorrente rileva come dalla nota 29 al bilancio di Telecom, risultino, a fronte di molteplici contenziosi per Euro 3.340 milioni, e di ulteriori contenziosi internazionali e fiscali per importi indeterminati, accantonamenti per soli 660 milioni di euro per passività potenziali, ben Euro 570 dei quali per la vicenda Telecom Sparkie, con un residuo del tutto insufficiente a coprire futuri risarcimenti, d) Sul punto che la consistenza patrimoniale va misurata sul complesso dello stato patrimoniale della società, si deduce in primo luogo assenza di motivazione, trattandosi di concetto assolutamente vago e comunque non avendo il tribunale risposto alle osservazioni della parte civile sulla inconsistenza patrimoniale della società. In secondo luogo erroneità in diritto di tale argomento. Da un lato perchè nel bilancio Telecom non risulta effettuato alcun accantonamento con riferimento alla passività potenziale collegata al presente procedimento, anche se il rischio di soccombenza è stato valutato come possibile, dall’altro perchè il patrimonio di una società per azioni quotata in borsa è un concetto dinamico, dovendo quindi farsi riferimento, secondo il corretto ragionamento del Gip, agli accantonamenti in bilancio, ai fini della verifica dell’effettiva garanzia del credito. Si chiede quindi l’annullamento dell’ordinanza.

La difesa di Telecom Italia ha depositato memoria chiedendo il rigetto del ricorso. In primo luogo contesta l’eccezione di inammissibilità della richiesta di riesame, ritenendo fondata la motivazione del tribunale a sostegno del rigetto, e richiamando i principi costituzionali di difesa e di uguaglianza, nonchè la giurisprudenza di questa corte, relativa al sequestro preventivo, che afferma l’ammissibilità della richiesta di riesame anche se l’esecuzione della misura non sia ancora avvenuta.

In secondo luogo rileva, sotto il profilo del periculum in mora, che la parte civile sollecita una inammissibile rivalutazione nel merito della decisione del tribunale, la quale, per contro, si sottrae alla censura sia di violazione dell’art. 316 c.p.p. che di mancanze motivazionali. Infatti l’ordinanza impugnata, partendo dalla recente sentenza di questa corte secondo la quale la sussistenza di tale pericolo va ancorata a concreti elementi riguardanti l’entità del credito e il possibile depauperamento del patrimonio del debitore, da un lato ha rilevato l’assenza di elementi idonei a rendere anche solo presumibile l’entità del credito (in considerazione pure del numero delle parti civili, assai inferiore a quello indicato nel provvedimento di sequestro); dall’altro ha valutato come sufficiente a coprire risarcimenti futuri, l’importo di Euro 153 milioni che residua dall’accantonamento effettuato in bilancio da Telecom per la vicenda Sparkie.

Il 21-5-2011 l’avv. Bianchi ha depositato memoria nell’interesse del ricorrente C. per contestare le deduzioni di cui alla memoria Telecom, ribadendo che il tribunale del riesame non avrebbe dovuto far richiamo alla stato patrimoniale della società, concetto insufficiente a delimitare i confini della garanzia patrimoniale, bensì agli accantonamenti di bilancio, di cui sottolinea nuovamente l’insufficienza, anche con riferimento alle numerose ulteriori costituzioni di parte civile, frattanto intervenute, nel procedimento n. 15/10 RG, in corso dinanzi alla 1^ Corte di Assise di Milano.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato e va disatteso.

1) Il primo motivo, con cui si censura il giudizio di ammissibilità, espresso dal tribunale, della richiesta di riesame presentata dalla Telecom Italia prima dell’esecuzione del sequestro conservativo, non è in realtà sostenuto da giurisprudenza di questa corte. Invero la pronuncia delle sezioni unite richiamata dal ricorrente (n. 27777/2006), è relativa al diverso caso in cui la notifica al soggetto impugnante era successiva all’esecuzione del sequestro e pertanto si discuteva se la richiesta di riesame, intempestiva con riferimento alla data di esecuzione, ma tempestiva se riferita alla successiva data di notifica del provvedimento, fosse ammissibile.

Le sezioni unite, nell’affermare che il dato sostanziale dell’esecuzione prevale su quello formale della notifica, non hanno esaminato la problematica relativa alla possibilità di proporre ricorso prima dell’esecuzione del sequestro.

Tanto premesso, l’assunto del ricorrente non appare condivisibile, da un lato perchè il momento di decorrenza iniziale di un termine non vale alla individuazione del primo momento utile per il compimento di un atto, ma piuttosto al calcolo del termine finale entro il quale l’atto stesso può essere compiuto, dall’altro perchè l’art. 318 c.p.p., comma 2, stabilisce che la richiesta di esame non sospende l’esecuzione del provvedimento. Orbene, poichè il sequestro conservativo è atto ad esecuzione istantanea, nel senso che si compie mediante intervento dell’ufficiale giudiziario con le forme prescritte dal codice di procedura civile, è d’obbligo dedurne che la richiesta può intervenire anche prima dell’esecuzione, unico momento in cui quest’ultima potrebbe essere ipoteticamente sospesa.

Mentre, dopo l’esecuzione, non vi sarebbe spazio alcuno per eventuale sospensione, stante il già intervenuto completamento del procedimento di sequestro. Il richiamato art. 318 c.p.p., presuppone dunque che il riesame possa essere proposto anche prima dell’esecuzione del provvedimento.

2) Del pari infondato, nel suo complesso, il secondo motivo con il quale si lamenta l’esclusione, sotto vari profili, della sussistenza del periculum in mora.

Sotto il primo profilo, per quanto sia, almeno in parte, condivisibile l’affermazione secondo cui la specifica determinazione della somma non costituisce elemento essenziale della richiesta e del provvedimento di sequestro (sul punto vi sono un precedente specifico delle sezioni unite – n. 34623/2002 -, nonchè la sentenza n. 5601/1994, secondo cui la mancata determinazione dell’importo dei crediti a garanzia dei quali viene richiesto il sequestro conservativo, non è di ostacolo all’adozione di tale misura, essendo sufficiente una sua indicazione approssimativa), occorre tuttavia tener conto del fatto che, in determinati casi, per la valutazione del pericolo correlato alla mancanza della garanzia patrimoniale, è necessario conoscere almeno in via approssimativa l’entità del danno. Esigenza ricorrente nel caso in esame, nel quale i procedimenti penali a carico dei dipendenti della Telecom vedono la costituzione di numerose parti civili, ragion per cui la valutazione della capienza patrimoniale della società, presumibilmente molto consistente, non può che essere condotta tenendo conto del numero e della entità delle richieste di risarcimento.

La mancata specificazione del danno lamentato (a cui sostanzialmente equivale una quantificazione priva di ogni motivazione o supporto probatorio), se non impedisce in ipotesi al giudice di emettere il sequestro, laddove ritenga che il pericolo derivi dalla possibile dispersione della garanzia patrimoniale, costituisce invece un elemento necessario ove, come nel caso di specie, il giudice debba effettuare una prognosi non sul rischio di sottrazione della garanzia, bensì sulla capienza di un rilevante patrimonio. E, sotto tale profilo, correttamente il tribunale ha ritenuto, con congrua motivazione, che la mancata, o comunque non sufficientemente motivata, quantificazione del danno, fosse valutabile sotto il profilo della mancata dimostrazione del periculum in mora, nel senso che, solo con riferimento all’entità del risarcimento fondatamente presumibile, sarebbe stato possibile compiere un giudizio prognostico sulla idoneità del patrimonio societario della Telecom Italia S.p.A. a far fronte ai risarcimenti conseguenti all’attività delittuosa degli imputati.

La corte milanese, comunque, con argomentazione assorbente anche il profilo appena trattato, ha esposto in modo sufficientemente approfondito e logico, i motivi per i quali ha ritenuto che, indipendentemente dalla quantificazione del danno ipotizzato dalle parti civili, non sussistesse, in ordine gli altri profili di doglianza, il rischio di insufficienza della garanzia patrimoniale, fondando le proprie considerazioni, non superate dalle censure in fatto sollevate nel ricorso, su dati oggettivi di bilancio e sulla condivisibile considerazione che la consistenza patrimoniale di una società non si misura solo sugli accantonamenti di bilancio, ma anche sul complesso dello stato patrimoniale della società medesima.

L’ordinanza gravata si sottrae quindi alle censure sollevate dal ricorrente.

Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

La corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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