Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 27-05-2011) 25-07-2011, n. 29836

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

P.P., N.A. e lo Studio Economico Parcu e associati, costituiti parte civile, ricorrono per il tramite del difensore, avverso l’ordinanza in data 17-9-2010 con la quale il Tribunale del Riesame di Milano, riformando il provvedimento del Gip dello stesso tribunale che aveva disposto il sequestro conservativo dei beni degli imputati B.M. ed altri e del responsabile civile Telecom (reati ipotizzati quelli di cui agli artt. 615 ter e 617 quater c.p.), ha annullato il provvedimento di sequestro, per carenza di prova del periculum in mora, non essendo stata fornita dimostrazione dell’importo del credito da garantire, indicato dalla parte civile in Euro 600.000,00, e non essendo state ritenute condivisibili, dovendo tenersi conto del complessivo patrimonio del responsabile civile, nè l’argomentazione dell’elevato numero delle parti civili – in realtà solo una ventina-, nè quella dell’insufficiente accantonamento in bilancio da parte di Telecom di somme per rischio soccombenza (accantonamento effettuato per complessivi 660 milioni di Euro, di cui 507, e non 570 come ritenuto dal Gip, destinati alla vicenda Telecom Sparkle, con congrua rimanenza, quindi, a garanzia di futuri risarcimenti), li ricorso è affidato a tre motivi.

1) Erronea applicazione della legge penale per violazione dell’art. 316 c.p.p., in punto di sussistenza dei requisiti per l’emissione del provvedimento cautelare. Il tribunale ha ricondotto l’asserita mancata dimostrazione del danno subito al requisito del periculum in mora, anzichè al fumus boni iuris, comunque ignorando che il profilo dell’entità del danno risarcibile era stata oggetto di attento esame da parte del Gip, che in altri casi l’aveva considerevolmente ridotta, e senza considerare che nel caso in esame le parti civili sono tre.

2) Omessa motivazione in punto di quantificazione del danno risarcibile, non avendo il tribunale tenuto conto di quanto emerge dal decreto del Gip in ordine agli accertamenti illeciti e all’acquisizione di dati riservati compiuti dagli imputati nei confronti dello studio Parcu. Senza contare che, secondo la giurisprudenza di questa corte a sezioni unite (34623/2002), l’indicazione del danno risarcibile non costituisce elemento essenziale del provvedimento di sequestro, essendo sufficiente la prova sommaria dell’esistenza dell’asserito credito e l’indicazione del presumibile ammontare di esso.

3) Omessa motivazione dell’annullamento del sequestro. Poichè i procedimenti sono due, uno dei quali definito con sentenza di applicazione pena su richiesta, il tribunale del riesame ha emesso due provvedimenti di annullamento sovrapponigli, nonostante la diversa natura dei provvedimenti oggetto di riesame.

Si rileva infine l’errore in cui sarebbe incorsa l’ordinanza impugnata laddove ha attribuito al Gip l’indicazione dell’accantonamento, nel bilancio della Telecom, per la vicenda Telecom Sparkle, in 570 milioni di Euro, mentre il Gip ha indicato l’importo esatto di 507 milioni.

Si chiede quindi l’annullamento dell’ordinanza.

La difesa di Telecom Italia ha depositato memoria chiedendo il rigetto del ricorso.

Rileva, sotto il profilo del periculum in mora, che la parte civile sollecita una inammissibile rivalutazione nel merito della decisione del tribunale, la quale, per contro, si sottrae alla censura sia di violazione dell’art. 316 c.p.p. che di mancanze motivazionali.

Infatti l’ordinanza impugnata, partendo dalla recente sentenza di questa corte secondo la quale la sussistenza di tale pericolo va ancorata a concreti elementi riguardanti l’entità del credito e il possibile depauperamento del patrimonio del debitore, ha rilevato l’assenza di elementi idonei a rendere anche solo presumibile l’entità del credito, in considerazione pure del numero delle parti civili, assai inferiore a quello indicato nel provvedimento di sequestro; ha poi valutato la sufficienza a coprire risarcimenti futuri, dell’importo di 153 milioni che residua dall’accantonamento effettuato in bilancio da Telecom per la vicenda Sparkle.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato e va disatteso.

Il primo e il secondo motivo possono essere trattati congiuntamente attenendo entrambi alla sussistenza del periculum in mora.

L’ordinanza gravata si sottrae in primo luogo alla dedotta censura di violazione di legge per aver ricondotto a tale requisito la mancata dimostrazione del danno risarcibile. Per quanto sia, almeno in parte, condivisibile l’affermazione secondo cui la specifica determinazione della somma non costituisce elemento essenziale della richiesta e del provvedimento di sequestro (sul punto vi sono un precedente specifico delle sezioni unite – n. 34623/2002 -, nonchè la sentenza n. 5601/1994, secondo cui la mancata determinazione dell’importo dei crediti a garanzia dei quali viene richiesto il sequestro conservativo, non è di ostacolo all’adozione di tale misura, essendo sufficiente una sua indicazione approssimativa), in determinati casi, tuttavia, per la valutazione del pericolo correlato alla mancanza della garanzia patrimoniale, è necessario conoscere almeno in via approssimativa l’entità del danno. Esigenza maggiore nella fattispecie in esame, dove i procedimenti penali contro i dipendenti della Telecom vedono la costituzione di numerose parti civili, onde la valutazione della capienza patrimoniale della società, certamente consistente, non può che essere condotta tenendo conto delle numerose richieste di risarcimento.

Con ragione quindi, a differenza da quanto sostenuto dal ricorrente, il tribunale ha ritenuto necessaria, e nel caso de quo non fornita, la dimostrazione dell’importo del credito da garantire, indicato dalla parte civile in Euro 600.000,00, e recepito nel provvedimento di sequestro mediante richiamo all’atto di costituzione di parte civile e alla richiesta di citazione del responsabile civile, ma tuttavia non ancorato a dati idonei a renderlo almeno fondatamente presumibile.

Il terzo motivo è manifestamente infondato, nulla avvalorando l’assunto che la pronuncia del tribunale riguardi un provvedimento del Gip diverso da quello oggetto di richiesta di riesame, non avendo tra l’altro i ricorrenti precisato in quale ordinanza – quella in esame o altra – sarebbero state trascurate circostanze poste a fondamento delle richieste della parte civile.

Irrilevante è infine il rilievo, cui gli stessi ricorrenti non ricollegano conseguenze se non quella di dimostrare l’asserita trascuratezza del tribunale, dell’errore nell’indicazione dell’entità dell’accantonamento, nel bilancio della Telecom, per la vicenda Telecom Sparkle.

Al rigetto del ricorso segue la condanna di ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

La corte rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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