Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 27-05-2011) 25-07-2011, n. 29834 Aggravanti comuni danno rilevante

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con il provvedimento di cui in epigrafe, il TdR di Milano ha annullato il decreto di sequestro conservativo di danaro, crediti, beni mobili e immobili sino alla concorrenza di Euro 1.000,000 (a fronte di una originaria richiesta di Euro 1.500.000), emesso dal GIP presso il Tribunale di quella stessa città nel procedimento penale a carico di B.M. e altri. Il provvedimento cautelare era stato assunto in accoglimento dell’istanza della PC D. F.G. e a carico del responsabile civile TELECOM ITALIA spa, con riferimento ai reati di cui agli artt. 81 cpv c.p., art. 110 c.p., art. 112 c.p., n. 1, art. 615 ter c.p., comma 2, nn. 1 e 3 e art. 617 quater, comma 4, nn. 1 e 3.

Il Collegio cautelare ha assunto la sua decisione ritenendo che la PC non avesse fornito adeguate indicazioni in ordine all’entità del danno patito e che comunque non sussistesse il periculum in mora, attesa la ampia disponibilità finanziaria e patrimoniale del responsabile civile.

Ricorre per cassazione il difensore e deduce:

1) inosservanza di norme processuali in relazione al rigetto della eccezione di inammissibilità della richiesta di riesame perchè proposta avverso un provvedimento non ancora eseguito, vale a dire prima della sua esecuzione. Al proposito la dottrina è univoca nel ritenere che non possa essere impugnato un provvedimento cautelare reale non portato a esecuzione, atteso che scopo della impugnazione è la restituzione della res. Si deve ritenere che in tal senso sia orientata anche la giurisprudenza, che nel rispetto della lettera dell’art. 324 c.p.p., fa decorrere il termine per impugnare (unico per la parte e il difensore) dal momento della esecuzione, ovvero dal momento in cui l’interessato ne ha avuto conoscenza;

2) inosservanza e/o erronea applicazione di legge in ordine alla asserita mancata dimostrazione del quantum debeatur. Invero, la certezza della misura del credito "da garantire" con la misura cautelare non è prevista da alcuna norma. Tanto ciò è vero che, addirittura con la sentenza, si può avere condanna generica al risarcimento del danno da determinarsi in altro giudizio. Ad ogni buon conto, dai documenti di causa, il TdR avrebbe potuto agevolmente ricavare la notizia che riteneva necessaria, atteso che la richiesta di citazione del responsabile civile conteneva anche la indicazione del quantum richiesto al debitore. Quanto alla capienza del patrimonio TELECOM, il TdR ha operato un semplice calcolo aritmetico, detraendo dalla somma indicata nel bilancio della predetta società, come accantonata per eventuale ristoro dei danni provocati a terzi quella che già sarebbe impegnata a fronte di costituzione di PC già effettuate, ignorando che il termine per tale costituzione non è affatto scaduto e ignorando, ancora, che la complessiva situazione patrimoniale della azienda, comprovata documentalmente dagli istanti e tale da non potersi considerare tranquillante (tra gli altri: la Relazione al bilancio, verbale dell’assemblea ordinaria, nel corso della quale gli azionisti espressero preoccupazione per il depauperamento dalla società). E’ stata depositata memoria nell’interesse della TELECOM e memoria di replica da parte del ricorrente.

Motivi della decisione

Il ricorso non è fondato e deve essere pertanto rigettato.

Con il primo motivo di ricorso, come anticipato, si censura il fatto che il TdR avrebbe erroneamente ritenuto ammissibile la richiesta di riesame presentata dalla TELECOM ITALIA prima dell’esecuzione del sequestro conservativo concesso dal giudice per l’udienza preliminare. Sostiene il ricorrente che ai sensi dell’art. 324 c.p.p., richiamato dall’art. 318, la richiesta di riesame possa essere presentata solo dopo la data di esecuzione del provvedimento che ha disposto sequestro ovvero dalla diversa data in cui l’interessato ha avuto conoscenza dell’avvenuto sequestro. Il ricorrente cita giurisprudenza di questa Corte (SU sent. n. 27777 del 2006, ric. Marseglia, RV 234213) a sostegno della propria tesi difensiva.

Giova evidenziare che la pronuncia delle sezioni unite richiamata dal ricorrente era relativa al diverso caso in cui la notifica al soggetto impugnate era successiva all’esecuzione del sequestro e pertanto si discuteva se la richiesta di riesame, intempestiva con riferimento alla data di esecuzione, ma tempestiva se riferita alla successiva data di notifica del provvedimento, fosse ammissibile. Le sezioni unite hanno ritenuto che il dato sostanziale dell’esecuzione fosse prevalente su quello formale della notifica, ma non hanno affatto esaminato la problematica relativa alla possibilità di esperire ricorso prima dell’esecuzione del sequestro. Trattasi dunque di questione che deve essere esaminata in questa sede, senza che il precedente citato abbia alcuna rilevanza. Ritiene questa Corte che la tesi del ricorrente non sia condivisibile per un duplice ordine di motivi: innanzitutto si rileva che il momento di decorrenza iniziale di un termine non serve tanto alla individuazione del primo momento utile per il compimento di un atto, quanto generalmente per il calcolo del termine finale entro il quale l’atto stesso può essere compiuto; in secondo luogo si deve rilevare che l’art. 318 c.p.p., comma 2 in materia di sequestro conservativo, afferma che la richiesta di riesame non sospende l’esecuzione del provvedimento.

Poichè il sequestro conservativo è atto ad esecuzione istantanea, nel senso che si compie mediante intervento dell’ufficiale giudiziario con le forme prescritte dal codice di procedura civile, senza che siano necessari o possibili successivi atti di esecuzione.

Poichè l’art. 318, comma 2 dice che la richiesta di riesame non sospende l’esecuzione del provvedimento, ciò significa che la richiesta può intervenire prima dell’esecuzione, unico momento in cui quest’ultima può essere ipoteticamente sospesa; dopo l’esecuzione, invece, non vi è più spazio per alcuna ipotetica sospensione, dato che il procedimento di sequestro incompleto e si convertirà automaticamente in pignoramento con l’irrevocabilità della sentenza di condanna. Un eventuale sospensione dell’esecuzione, giunta dopo l’intervento dell’ufficiale giudiziario, non importa il venir meno del vincolo sui beni e dunque non spiega alcun effetto pratico. L’art. 318 ha pertanto una sua logica solamente se si interpreta nel senso che il riesame può essere proposto anche prima dell’esecuzione del provvedimento, ma comunque non sospende la sua esecuzione.

Con il secondo motivo il ricorrente lamenta che il tribunale di Milano abbia escluso la sussistenza del periculum sia sotto il profilo dell’entità del danno, sia in relazione al possibile depauperamento del soggetto i cui beni vengono sottoposti a sequestro. Sotto il primo profilo deve ritenersi condivisibile, almeno in parte, l’affermazione secondo cui la specifica determinazione della somma non costituisce elemento essenziale della richiesta e del provvedimento di sequestro; sul punto esiste un precedente specifico delle SU (sent n. 34.623 del 2002, ric. Di Donato, RV 222262), secondo cui la mancata determinazione dell’importo dei crediti a garanzia dei quali viene richiesto il sequestro conservativo non è di ostacolo all’adozione di tale misura, essendo sufficiente una sua indicazione approssimativa). Tali arresti giurisprudenziali, peraltro, non tengono conto del fatto che in determinati casi per la valutazione del pericolo correlato alla mancanza della garanzia patrimoniale è necessario conoscere almeno in via approssimativa, l’entità del danno; tale esigenza è maggiore nella controversia in esame, dove i procedimenti penali contro i dipendenti della Telecom vedono la costituzione di numerosissime parti civili, ragion per cui la valutazione sulla capienza patrimoniale della società, certamente molto consistente, non può che essere condotta tenendo conto delle numerose richieste di risarcimento. La mancata specificazione del danno lamentato (a cui equivale sostanzialmente una quantificazione priva di ogni motivazione o supporto probatorio) se non impedisce in ipotesi al giudice di emettere il sequestro, laddove ritenga che il pericolo derivi dalla possibile dispersione della garanzia patrimoniale, costituisce invece un elemento necessario ove, come nel caso di specie, il giudice debba effettuare una prognosi non sul rischio di sottrazione della garanzia, bensì sulla capienza di un cospicuo patrimonio. E sotto tale profilo, indipendentemente dalla considerazione del tribunale sulla ritenuta necessità di allegare e specificare il risarcimento richiesto, deve rilevarsi che il tribunale, correttamente motivando, ha ritenuto che la quantificazione del danno fosse valutabile sotto il profilo del pericolo in mora, nel senso che solo con riferimento all’entità del risarcimento presumibile era possibile compiere un giudizio prognostico sulla idoneità del patrimonio societario della TELECOM ITALIA S.p.A. a far fronte ai risarcimenti conseguenti all’attività delittuosa degli imputati. Il TdR ha poi esposto in modo sufficientemente approfondito e logico i motivi per cui ha ritenuto che, indipendentemente dalla quantificazione del danno ipotizzato dalle parti civili, non sussistesse il rischio di insufficienza della garanzia patrimoniale per la TELECOM, fondando le proprie considerazioni su dati oggettivi di bilancio e sulla condivisibile considerazione che la consistenza patrimoniale di una società non deve essere misurata solo sulle somme che la società ha deciso di accantonare in bilancio, ma va misurata anche considerando il complesso dello stato patrimoniale della società medesima.

Compito di questa Corte, ovviamente, non è ripetere un giudizio di merito sulla sussistenza degli elementi idonei alla concessione e al mantenimento del sequestro conservativo, ma solo verificare che il procedimento logico che ha portato il giudice di merito alle sue conclusioni sia correttamente espresso, coerente, logico e sufficientemente motivato. Sotto questo profilo l’ordinanza impugnata deve essere ritenuta immune da censure.

Anche considerando sussistente una violazione dell’interpretazione della legge, per aver considerato necessaria la quantificazione e la prova del danno ai fini della concessione del sequestro conservativo, l’accoglimento di questo motivo di ricorso non sarebbe comunque sufficiente per l’annullamento dell’ordinanza impugnata, la quale, come evidenziato in precedenza, ha ritenuto comunque insussistente il pericolo anche con riferimento alla capienza del patrimonio sociale della Telecom, con motivazione corretta e soprattutto con determinazione non oggetto di censura nel ricorso per cassazione.

Per i motivi esposti il ricorso deve essere rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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