Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 27-05-2011) 25-07-2011, n. 29788

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

N.M. ricorre, per il tramite del difensore avv. Patrizia Bartaloni, avverso la sentenza della Corte d’Appello di Torino in data 28-4-2010, che aveva ridotto ad anni uno e mesi otto di reclusione la pena inflittagli dal G.u.p. del Tribunale di Novara 2-2- 2007, in relazione ai reati di cui agli artt. 48 e 479 c.p., D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 8 bis, D.L. n. 195 del 2002, art. 1, comma 9 e D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 12, comma 5, per avere, quale titolare dell’impresa edile La Novarese, formato documentazione inerente a fittizi rapporti di lavoro con cittadini extracomunitari per il rinnovo del permesso di soggiorno, in tal modo favorendone, a fini di profitto, la permanenza sul territorio italiano. Con unico motivo il ricorrente deduce violazione degli artt. 133, 62 bis e 81 c.p., per non essere stato inflitto nella misura minima l’aumento per la continuazione, non essendosi tenuto conto della precaria situazione economica in cui l’imputato si trovava al momento dei fatti, dell’insussistenza di precedenti per fatti gravi e del comportamento confessorio.

Motivi della decisione

Nonostante il richiamo dell’art. 62 bis c.p. tra le norme asseritamente inosservate, il ricorso, considerata la già avvenuta concessione delle attenuanti generiche (con giudizio di equivalenza alla recidiva), è da intendersi limitato alla misura dell’aumento per la continuazione, stabilito, con la sentenza impugnata, in un mese per quella interna al reato di cui agli artt. 48 e 479 c.p., e in un mese per ciascuno degli altri fatti.

La questione relativa all’aumento ex art. 81 c.p. è peraltro manifestamente infondata, in quanto la confessione di N. è già stata valutata dalla corte territoriale a fini di ridimensionamento della pena, mentre la situazione economica precaria del ricorrente all’epoca dei fatti, oggetto di mera allegazione, è comunque irrilevante ai fini di assicurargli un trattamento sanzionatorio di ulteriore mitezza. Dei precedenti, poi, i giudici d’appello hanno sottolineato il carattere plurimo e specifico, tale da giustificare il giudizio di semplice equivalenza delle generiche alla recidiva. La decisione gravata si sottrae quindi alla dedotta censura.

Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile e a tale declaratoria conseguono le statuizioni di cui all’art. 616 c.p.p..

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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