Cons. Stato Sez. IV, Sent., 03-08-2011, n. 4644 Concessione per nuove costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con l’appello in esame, il sig. G. N. impugna la sentenza 21 luglio 2004 n. 3145, con la quale il TAR per la Lombardia,, sede di Milano, sez. II, ha dichiarato inammissibile il suo ricorso introduttivo del giudizio, il ricorso per motivi aggiunti e la domanda di risarcimento del danno.

L’oggetto del giudizio di I grado è costituito dal’impugnazione degli atti con i quali il Comune di Traona ha adottato una variante al PRG, e, a seguito dell’approvazione di questa, la concessione edilizia n. 187/2002, rilasciata al controinteressato Della Matera, nonché la domanda di risarcimento del danno.

Il ricorrente ha agito nella qualità di libero professionista che aveva stipulato con un terzo un contratto di opera professionale, concernente "un progetto di rimodellamento dell’area, un piano di lottizzazione e la conseguente attività di vendita dei lotti", attività professionale vanificata dal nuovo PRG, che ha reso il progetto in contrasto con le sopravvenute previsioni urbanistiche, con conseguente reiezione della domanda di concessione edilizia, la revoca del mandato, ed infine "la perdita di guadagni sicuri, quantificabili in oltre un milione di Euro".

La sentenza appellata ha affermato:

– che il ricorrente "non è titolare di alcun interesse legittimo che gli consenta di impugnare gli atti di pianificazione urbanistica" in quanto "l’interesse legittimo non si esaurisce nel mero pregiudizio fattuale che possa conseguire dall’adozione di un atto amministrativo,… ma, quale posizione giuridica normativamente qualificata, esige che la posizione e la pretesa del titolare costituiscano, secondo le previsioni e la ratio della legge attributiva del potere amministrativo, componenti rilevanti del processo decisionale che conduce all’esercizio della potestà";

– di conseguenza, "le facoltà contrattuali e le prospettive di lucro di un soggetto non proprietario (non) possono assumere rilievo normativo, in relazione all’esercizio del potere di pianificazione urbanistica, ovvero di rilascio dei conseguenti titoli abilitativi";

– né vi è una situazione "di stabile collegamento con la zona interessata dalla costruzione", tale da legittimare all’impugnazione della concessione edilizia rilasciata ad un terzo.

Avverso tale decisione, vengono proposti i seguenti motivi di appello (così sintetizzando quanto esposto alle pagg. 819 appello):

a) sulla declaratoria di inammissibilità del ricorso principale per asserita mancanza di interesse in capo al ricorrente: violazione artt. 24 e 111 Cost.; ciò in quanto l’interesse legittimo è una "autonoma posizione giuridico/soggettiva, tutelata in quanto tale dall’ordinamento e dotata di significato e rilevanza sostanziale", laddove il TAR ha "mostrato di aderire ad una impostazione giurisprudenziale ormai datata e non più condivisibile secondo la quale, oltre i requisiti della concretezza e della realità afferenti la tutela giuridica soggettiva per la tutela della quale si agisce, sarebbe necessario anche che tale posizione, perché possa considerarsi alla stregua di interesse legittimo, sia anche contemplata dalla norma attributiva del potere amministrativo alla stregua di quante devono essere prese in considerazione nell’ambito del procedimento in questione". Inoltre, il ricorrente era legittimato ad impugnare gli atti di pianificazione urbanistica, in quanto cittadino del Comune di Traona;

b) sulla declaratoria di inammissibilità del ricorso mediante motivi aggiunti per asserita mancanza di interesse in capo al ricorrente; la concessione edilizia rilasciata "rappresenta lo scontato esito della precedente attività illegittima (di pianificazione) posta in essere dall’amministrazione, risultando pertanto anch’esso viziato di conseguenza". Ciò comporta che "l’interesse ad impugnare la concessione edilizia così come conseguita dal Sindaco dello stesso Comune resistente è in prima istanza contenuto in re ipsa, stante la sua illegittimità derivata dall’intero iter procedimentale posto in essere dal Comune"; inoltre il requisito della cd. vicinitas risulta soddisfatto poiché "le aree oggetto dell’intervento assentito si trovano nella immediata vicinanza di quelle sulle quali avrebbe dovuto essere realizzato il precedente piano attuativo N.P."; ed il N., in particolare, "è titolare, alla medesima stregua del proprietario, dello stesso interesse giuridicamente qualificato a non vedere diminuita la facoltà edificatoria delle aree in relazione alle quali non solo ha avuto il preciso incarico di redigere un adeguato piano di lottizzazione, ma – più precisamente – ha ricevuto vero e proprio mandato a gestire e vendere anche nel proprio autonomo interesse".

Vengono, inoltre, riproposti i motivi non esaminati in I grado e la domanda di risarcimento del danno, e precisamente:

c) illegittimità della variante al PRG per violazione e falsa applicazione art. 10, co. 2, l. n. 1150/1942; eccesso di potere per difetto di motivazione, sviamento di potere dalla causa tipica ed errore sui presupposti di fatto; difetto di completa istruttoria; violazione art. 5 Cost.;

d) violazione e falsa applicazione art. 78 d. lgs. n. 267/2000; eccesso di potere per palese disparità di trattamento con contestuale violazione artt. 3 e 97 Cost.;

e) violazione e falsa applicazione art. unico l. n. 1902/1952 e art. 3 l. n. 241/1990; eccesso di potere per manifesta irrazionalità ed illogicità;

f) illegittimità della concessione edilizia rilasciata al Sindaco del Comune di Traona derivata dall’illegittimità dell’intero iter di approvazione del PRG del Comune di Traona.

Si è costituito in giudizio il Comune di Traona, che ha concluso per il rigetto dell’appello, stante la sua infondatezza.

Alle medesime conclusioni è pervenuta anche la costituita Regione Lombardia.

Con ordinanza 25 febbraio 2005 n. 952, questo Consiglio di Stato ha rigettato la domanda di sospensione dell’esecutività della sentenza appellata, poiché "appare condivisibile la statuizione dichiarativa della inammissibilità del ricorso di I grado".

All’odierna udienza la causa è stata riservata in decisione.

Motivi della decisione

2. L’appello è infondato e deve essere, pertanto, respinto, con conseguente conferma della sentenza di I grado.

L’appellante, con riferimento alla vicenda (e agli atti) oggetto del giudizio di I grado, non è titolare di una posizione di interesse legittimo come tale tutelabile dall’ordinamento.

Innanzi tutto, occorre affermare che può trovare certamente adesione quanto ricordato dall’appellante, laddove ritiene che l’interesse legittimo è una "autonoma posizione giuridico/soggettiva, tutelata in quanto tale dall’ordinamento e dotata di significato e rilevanza sostanziale".

La Costituzione, come è noto, assicura (art. 24) il diritto alla tutela giurisdizionale sia per i diritti soggettivi sia per gli interessi legittimi, ribadendo (art. 113) che tale tutela giurisdizionale, nei confronti della Pubblica amministrazione è tendenzialmente piena ed incondizionata, essendo essa "sempre ammessa" (comma primo) e non potendo essa "essere esclusa o limitata a particolari mezzi di impugnazione o per particolari categorie di atti" (comma secondo, art. 113).

Pur senza entrare nell’ormai più che secolare dibattito in ordine alla ricostruzione della posizione giuridica di interesse legittimo, può affermarsi che quest’ultimo costituisce una posizione sostanziale della quale è titolare un soggetto e che esprime un interesse del soggetto medesimo ad un bene della vita (utilità), in collegamento con l’esistenza e l’esercizio di un potere della pubblica amministrazione (si veda, sul punto, almeno Corte Cost. n. 204/2004).

Di modo che, allorché tale soggetto si ritenga leso dall’esercizio ovvero dal mancato esercizio del potere amministrativo, egli agisce in giudizio, attraverso l’impugnazione del provvedimento lesivo, non già per il ristabilimento della legittimità amministrativa violata – come pure risalentemente si è sostenuto – ma per la tutela di una situazione sua propria, che intende difendere da una compressione derivante dall’esercizio del potere amministrativo (interesse legittimo cd,. oppositivo), ovvero, al contrario, che intende affermare attraverso l’esercizio, negato dall’amministrazione, del potere amministrativo (interesse legittimo cd. pretensivo).

Ciò che, quindi, caratterizza l’interesse legittimo – e che costituisce la differenza essenziale dello stesso dal diritto soggettivo – è la sua inerenza alla esistenza e, soprattutto, all’esercizio del potere amministrativo: l’interesse legittimo, infatti, non è percepibile sul piano, per così dire, "statico", senza, cioè, che la Pubblica Amministrazione abbia esercitato o negato di esercitare, nei confronti del soggetto, il potere del quale essa è titolare.

Anzi, è appena il caso di osservare che proprio questa relazione "dinamica", questa percezione dell’interesse legittimo non come una posizione sostanziale in sé considerabile, ma come posizione volta alla verifica del legittimo esercizio del potere amministrativo, con finalità di conservazione o di acquisizione di utilità giuridicamente rilevanti al proprio patrimonio giuridico, ha fatto spesso dubitare della stessa "sostanzialità" della posizione, ritenendosi, invece, che essa si risolva in una sorta di particolare forma di legittimazione ad adire il giudice, fondata non già su una posizione sostanziale, ma su una situazione di fatto, particolare e differenziata, in cui viene a collocarsi un soggetto nei confronti della pubblica amministrazione, rispetto a tutti gli altri soggetti dell’ordinamento.

Peraltro, proprio questo aspetto "dinamico" di relazione con l’esercizio del potere amministrativo e, corrispettivamente, la connessa esigenza di tutela avverso un esercizio di potere non satisfattorio e ritenuto illegittimo, proprio tale aspetto, dunque, tende a confondere caratteristiche proprie della posizione sostanziale di interesse legittimo, con quelle della condizione dell’azione rappresentata dall’interesse ad agire.

Non a caso, quindi, allorchè si esaminano le tradizionali caratteristiche dell’interesse – che si assume dover essere, secondo una triade d concetti ampiamente e tradizionalmente affermata, "personale, diretto ed attuale" (sostituendosi, in alcuni casi, all’aggettivo "diretto" quello di "concreto") – si osserva che, spesso al di là delle formali enunciazioni, tali caratteristiche, in tutto o in parte, vengono di volta in volta attribuite ora all’interesse legittimo come posizione sostanziale, ora all’interesse a ricorrere come condizione dell’azione, e quindi come istituto processuale.

Per quel che interessa nella presente sede, occorre affermare che la posizione dell’interesse legittimo presuppone ed esprime necessariamente una relazione intercorrente tra un soggetto che ha (o intende ottenere) una determinata utilità (quella relazione, cioè, che viene riferita ad un "bene della vita", terminologia fatta propria anche da Cass. Sez. Un., n. 500/1999), e la Pubblica Amministrazione nell’esercizio di un potere ad essa attribuito dall’ordinamento giuridico.

Tale relazione, riguardata dalla posizione del privato, può essere:

– sia volta a conseguire un’utilitas consistente nel neutralizzare l’esercizio del potere amministrativo, a tutela di un patrimonio giuridico già esistente che verrebbe compresso dall’esercizio del potere amministrativo medesimo (situazione nella quale ormai si ritiene generalmente ricorrere quella species del genus interesse legittimo definibile quale interesse legittimo oppositivo e nell’ambito della quale la definizione di "bene della vita", estremamente affine a quella di "bene" ex art. 810 c.c., non è suscettibile di determinare perplessità e/o fraintendimenti);

– sia volta ad ottenere l’esercizio del potere amministrativo negato dall’amministrazione, attraverso il quale si intende conseguire un ampliamento del proprio patrimonio giuridico (cd. interesse legittimo pretensivo), situazione nella quale il concetto di "utilitas", più che costituire una specificazione del "bene della vita", si presenta come concetto sostitutivo e più adeguato di questo, al fine di definire il "lato interno" e "sostanziale" della posizione giuridica del privato.

In ambedue le ipotesi, quindi, esiste un rapporto diretto ed immediato tra l’esercizio del potere amministrativo (e ciò in cui esso si sostanzia, cioè il provvedimento amministrativo) e l’interessato all’esercizio del potere medesimo, Tale relazione diretta si concretizza nel fatto che il provvedimento amministrativo ed suoi effetti interessano direttamente (ed univocamente) il patrimonio giuridico di un determinato soggetto, in senso compressivo o ampliativo.

Il primo riflesso di tale relazione diretta ed immediata è rappresentato dalla cd. partecipazione procedimentale, dalla possibilità, cioè, riconosciuta a titolari di posizioni qualificate (dall’essere interessate all’esercizio del potere) al modo stesso, epifanico, del "farsi" del potere amministrativo, alla costruzione delle determinazioni della pubblica amministrazione, e ciò nella sede che rappresenta plasticamente il confronto e l’interrelazione tra il privato portatore di un interesse legittimo e l’amministrazione titolare di un potere pubblico, sede che è rappresentata, appunto, dal procedimento amministrativo.

Proprio in virtù della relazione diretta ed immediata che deve intercorrere tra potere amministrativo e posizioni di interesse legittimo, l’art. 7 l. n. 241/1990 individua i soggetti che, in quanto titolari di determinate posizioni che saranno interessate dal provvedimento finale, devono essere destinatari della comunicazione di avvio del procedimento, onde essere messi in condizione di partecipare al medesimo, svolgendovi attività riconducibile ad una forma di tutela – anticipata e "procedimentale" – della propria posizione giuridica.

Ed a fronte della chiara individuazione operata dal citato art. 7, il successivo art. 9 individua ancora – quali soggetti distinti dai precedenti – coloro che possono partecipare al processo, in quanto vi hanno interesse, con ciò dimostrandosi come, anche nell’ambito del procedimento amministrativo, l’esercizio del potere amministrativo non determina di per sé posizioni indifferenziate, tutte riconducibili all’interesse legittimo, e come tali tutte meritevoli dell’identica tutela a questo riconosciuta.

Ulteriore riflesso della relazione diretta ed immediata tra soggetto titolare di interesse legittimo e pubblica amministrazione è rappresentato dal potere di agire in giudizio per la tutela del proprio interesse legittimo compromesso dall’esercizio o dal mancato esercizio (provvedimento negativo) del potere amministrativo.

Il giudizio amministrativo, nella sua forma di giudizio impugnatorio di atti, tende ad assicurare al soggetto che si ritiene leso un vantaggio, che, attraverso l’eliminazione del provvedimento lesivo, consiste o nel recuperare la pienezza del proprio patrimonio giuridico (situazione tipica allorchè si è in giudizio per la tutela di c.d. interessi legittimi oppositivi), ovvero nel conseguire (o tentare di conseguire) attraverso l’esercizio del potere amministrativo un ampliamento del proprio patrimonio giuridico (con margini di minore o maggiore certezza, a secondo che tale ampliamento derivi dall’esercizio di potere discrezionale o vincolato, e che dunque si riflettono sulla caratterizzazione ontologica dell’ "utilitas").

Ma, in ambedue le ipotesi, l’effetto proprio della sentenza costitutiva di annullamento si produce direttamente sul patrimonio giuridico del soggetto che ha instaurato – volente o nolente – una particolare relazione con la pubblica amministrazione, vuoi perché è l’amministrazione stessa che, unilateralmente e procedendo ex officio, ha intercettato la sua situazione giuridica, vuoi perchè, al contrario, è stato il soggetto, attraverso una propria iniziativa di avvio procedimentale, a postulare l’esercizio (poi negato) del potere amministrativo.

Alla luce di quanto sin qui esposto, può allora affermarsi che le caratteristiche di "personale" e "diretto", che devono assistere l’interesse legittimo, svolgono, sul piano sostanziale, anche il ruolo di definire l’ambito della (possibile) titolarità della posizione giuridica, il riconoscimento e tutela della medesima da parte dell’ordinamento giuridico.

Nell’ambito della situazione dinamica in cui si pone l’esercizio del potere amministrativo, dunque, l’interesse è "personale" in quanto esso si appunta solo in capo al soggetto che si rappresenta come titolare, non è trasferibile né è consentito al soggetto ampliarne o comunque modificarne l’ambito di titolarità (inter vivos o mortis causa); ed è altresì (inscindibilmente con la prima caratteristica), anche "diretto", in quanto il suo titolare è posto in una relazione di immediata inerenza con l’esercizio del potere amministrativo (per essere destinatario dell’atto e/o per avere nei confronti dell’atto una posizione opposta (speculare) a quella del destinatario diretto).

Da ciò consegue che non possono esservi posizioni di interesse legittimo nei confronti della Pubblica amministrazione in esercizio del potere amministrativo conferitole dall’ordinamento, che non siano quelle (e solo quelle) che sorgono per effetto dello stesso statuto normativo del potere, nell’ambito del rapporto giuridico di diritto pubblico, (pre)configurato normativamente. Allo stesso tempo, non può esservi titolarità di interesse legittimo che trovi la propria fonte in rapporti giuridici di diritto privato (quale che ne sia la fonte, contrattuale o meno) intercorrenti con il titolare (in modo personale e diretto) della predetta posizione di interesse legittimo.

Laddove, dunque, gli attributi di "personale" e "diretto" attengono all’interesse legittimo in quanto posizione sostanziale, e consentono di circoscriverne la titolarità, l’ulteriore attributo di "attuale", attiene alla proiezione processuale della posizione sostanziale, alla emersione della esigenza di tutela per effetto di un atto concreto e sincronicamente appezzabile di esercizio di potere, che renda dunque necessaria l’azione in giudizio, onde ottenere tutela, e quindi "utile", a tali fini, la pronuncia del giudice.

In definitiva, può affermarsi che il rapporto intercorrente tra un soggetto ed un bene della vita (utilità) costituisce il cd. "lato interno" della posizione sostanziale di interesse legittimo, laddove la relazione intercorrente tra soggetto e pubblica amministrazione, avente riferimento al medesimo bene, costituisce il cd. lato esterno di tale posizione (una particolare forma di "rapporto giuridico").

Come si è detto, è l’esistenza della posizione giuridica così strutturata che determina una pluralità di situazioni, quali la partecipazione procedimentale (definibile anche come tutela anticipata della posizione nel procedimento). E’ tale posizione giuridica, nei sensi sopra descritti, che legittima al ricorso avverso l’atto amministrativo lesivo, se ed in quanto, attraverso l’annullamento dell’atto, si conserva o consegue (o si può conseguire, anche attraverso il riesercizio del potere amministrativo) quella utilità d cui si è, o si ritiene di dovere diventare, o si intende diventare, "titolare".

Ma l’ampliamento o la compressione del patrimonio giuridico, come si è già avuto modo di osservare, devono derivare direttamente dall’esercizio del potere amministrativo. Tale situazione risulta evidente in ambedue le specie di interesse legittimo, in quanto:

– nell’interesse legittimo oppositivo, la sfera giuridica collegata all’esercizio del potere amministrativo è direttamente risultante dalla stessa tipologia del potere amministrativo esercitato e dalle finalità di interesse pubblico che l’amministrazione intende perseguire; essa, dunque, si può dire che è individuata dalla stessa amministrazione, allorchè il procedimento amministrativo è avviato ex officio (senza, normalmente, intercettare la presenza di contro interessati). Sul piano processuale, tale situazione da luogo a impugnazione di provvedimenti amministrativi e, normalmente, a sentenze di annullamento cd. autoesecutive;;

– nell’interesse legittimo pretensivo, invece, la sfera giuridica che si collega all’esercizio del potere amministrativo ampliativo della medesima non può che essere quella del soggetto che, trovandosi in una determinata situazione, postula, in virtù di una pluralità di presupposti (normativamente previsti ed in fatto riscontrati), l’esercizio del potere amministrativo, nell’ambito di un procedimento con avvio ad istanza di parte. E’ a tale situazione che corrisponde spesso anche la presenza di ulteriori posizioni sostanziali (di interesse legittimo oppositivo rispetto all’emanazione dell’atto postulato) proprie dei c.d. contro interessati. Sul piano processuale, il giudizio impugnatorio ha ad oggetto provvedimenti negativi (o cd. silenziinadempimento), al fine di ottenere, anche, se necessario, per il tramite del giudizio di ottemperanza, l’esercizio già negato (o non ottenuto) del potere amministrativo.

Alla luce di quanto esposto, appare dunque possibile affermare che, laddove, a seguito di un procedimento amministrativo conseguente ad una istanza proposta dal soggetto interessato, l’amministrazione emani un provvedimento negativo, neghi cioè al soggetto istante il provvedimento (autorizzatorio, concessorio) da questi richiesto, è l’interesse legittimo pretensivo del richiedente insoddisfatto ad essere stato leso (ovviamente, laddove l’atto sia illegittimo) ed è quindi l’istante insoddisfatto l’unico soggetto legittimato a richiedere, attraverso il ricorso impugnatorio del provvedimento medesimo, la tutela giurisdizionale.

Allo stesso modo, e per quel che rileva nel caso di specie, nel caso di provvedimenti che incidono sul patrimonio giuridico preesistente dell’interessato, non può che essere tale soggetto il titolare della posizione di interesse legittimo, fondante legittimazione attiva ed interesse ad agire in giudizio, onde ottenere tutela del bene della vita dall’illegittimo esercizio del potere amministrativo.

3. Di tale ultima specie è anche il caso in esame, dove, attraverso una rideterminazione delle previsioni dello strumento urbanistico, si è inciso sulla capacità edificatoria di un suolo.

Tuttavia, nel caso di specie, il rapporto processuale che si è instaurato con la Pubblica amministrazione appare, per così dire, capovolto, rispetto alle considerazioni ricostruttive sopra esposte.

Ed infatti, i provvedimenti che hanno inciso negativamente sullo ius aedificandi – per come risultante dalla precedente pianificazione – non sono stati impugnati dal soggetto titolare del bene (soc. P.).

Tali provvedimenti sono stati invece impugnati da un soggetto, che con il proprietario di detti immobili ha stipulato un contratto d’opera professionale, il quale lamenta ora che, per effetto della adozione della variante al PRG, si è determinata la risoluzione del contratto, con conseguente perdita di consistenti vantaggi patrimoniali.

Alla luce di quanto esposto, appare evidente che l’attuale appellante non è titolare di alcuna posizione di interesse legittimo nei confronti della pubblica amministrazione, e non è, quindi, legittimato alla proposizione del presente ricorso.

Ed infatti, l’avere contrattualmente stabilito una pluralità di obbligazioni a carico ed in favore del N., connesse alla realizzazione del progetto di lottizzazione e conseguente vendita dei lotti (della cui attività ulteriore, oltre quella di progettazione, il N. sottolinea di essere stato incaricato), rappresenta una circostanza estranea al rapporto (di diritto pubblico) intercorrente tra privato proprietario dei beni immobili, titolare di interesse legittimo oppositivo (la P.) e la Pubblica Amministrazione (il Comune di Traona); una circostanza, cioè, che appartiene al contenuto contrattuale, liberamente definito in esercizio di autonomia negoziale privata, ma che non è idonea a far sorgere alcun rapporto con la Pubblica Amministrazione.

Tale circostanza, dunque, in quanto disciplinata e/o determinata nelle sue conseguenze dallo statuto contrattuale regolante il rapporto tra soggetti parte di un contratto di prestazione d’opera professionale o anche di mandato, è strutturalmente inidonea a conformare una posizione di interesse legittimo in capo al professionista, proprio perchè alcun rapporto intercorre, a valle ed indipendentemente dal contratto, tra il professionista stesso e la pubblica amministrazione.

Processualmente, la posizione del professionista parte del contratto, come definita nel caso di specie, nel mentre sorregge certamente un intervento ad adiuvandum della posizione di un (eventuale) ricorrente, non consente affatto di ricostruire una autonoma legittimazione ad agire e, quindi, ad impugnare i provvedenti di diniego interessanti la sfera giuridica di altri soggetti, e ciò solo perché tali provvedimenti avranno – ma non più immediatamente e direttamente – conseguenze (non effetti) negative sul rapporto contrattuale con tali soggetti intercorrente.

Da quanto sinora esposto, appare evidente come non possa essere seguita la "lettura" dell’interesse legittimo proposta dall’appellante, in particolare laddove egli afferma che "l’attinenza dell’interesse del privato va dunque valutata caso per caso, in giusta correlazione con l’episodico esercizio di potere, ma senza che si postuli in alcun modo una preventiva previsione della sua rilevanza da rinvenire tout court all’interno della norma posta a regola dell’agire dell’amministrazione".

Tale ricostruzione (che postula un esercizio del potere amministrativo "a geometria variabile", e di conseguenza una incidentale, se non casuale, emersione delle posizioni di interesse legittimo) per un verso, prescinde dal dato normativo (si vedano, tra gli altri, i già citati artt. 7 e 9 l. n. 241/1990); per altro verso, rende in pratica possibile l’attribuzione di titolarità di posizioni di interesse legittimo al di fuori del rapporto di diritto pubblico; per altro verso ancora, finisce con il porre fortemente in dubbio lo stesso fondamento sostanziale della posizione di interesse legittimo, che se già sconta – come si è già avuto modo di affermare – una particolarità offerta dalla sua "percepibilità" solo sul piano dinamico (dell’esercizio del potere), tuttavia non può non trovare nella prefigurazione normativa della tipicità del potere amministrativo e del suo esercizio, i tratti identificativi della titolarità (secondo gli attributi del "personale" e dell’"attuale").

E’ del tutto evidente che l’esercizio del potere amministrativo, che (come nel caso di specie) agisce in misura compressiva sull’interesse legittimo, può indirettamente provocare conseguenze sui rapporti intercorrenti tra soggetti privati negozialmente instaurati (nel caso di specie, il contratto di prestazione professionale e/o di mandato), ma, per un verso, non può che confermarsi la titolarità dell’interesse legittimo solo in capo al soggetto direttamente leso dall’esercizio del potere; per altro verso, fuoriesce dalla giurisdizione del giudice amministrativo l’accertamento delle conseguenze indirette dell’esercizio del potere pubblico sul contratto stipulato dai privati e sul rapporto da questo originantesi (sul piano della presupposizione o della sopravvenuta impossibilità giuridica dell’oggetto).

Ovviamente, la dichiarata insussistenza della posizione di interesse legittimo tutelabile, con riferimento agli atti (impugnati) che hanno disposto la variante al PRG, si estende anche alla concessione edilizia (pur essa impugnata) rilasciata in favore del sig. Della Matera, atteso che non può avere alcun rilievo, in assenza di posizione di interesse legittimo, la prospettata "vicinitas" degli immobili (non di proprietà dell’appellante) a quello sul quale deve sorgere la assentita costruzione, trattandosi di elemento (a parte ogni considerazione della sua rilevanza nel caso di specie) utilizzabile al fine della individuazione dell’interesse ad agire (e che quindi presuppone positivamente acclarata la sussistenza della posizione giuridica tutelabile).

4. L’appellante non è dotato di una posizione giuridicamente tutelabile, e quindi di legittimazione ad agire contro gli atti di adozione e/o variante degli strumenti urbanistici, in quanto derivante dal suo status di residente nel Comune di Traona.

E’ appena il caso di osservare, preliminarmente, che anche laddove tale posizione giuridica e legittimazione dovessero, in via di mera ipotesi, essere ritenuti sussistenti, queste ultime (fondate sul mero status sopra richiamato) comunque non sarebbero configurabili con riferimento al ricorso per motivi aggiunti, con il quale si è impugnata una specifica concessione edilizia.

Tanto precisato, è senza dubbio esatto che, ai sensi dell’art. 9 l. 17 agosto 1942 n. 1150, entro trenta giorni dalla pubblicazione del piano regolatore, chiunque può prenderne visione e presentare osservazioni nei successivi trenta giorni (Cons. Stato, sez. IV, 31 luglio 2009 n. 4809).

Si tratta di una partecipazione al procedimento di adozione di un atto di pianificazione che, a tutta evidenza, prescinde dalla titolarità di una particolare posizione soggettiva (pur potendo quest’ultima ben essere presente e indurre alla presentazione di osservazioni), e risponde ad una esigenza eminentemente collaborativa, di coinvolgimento di chiunque vi abbia interesse alla definizione dei modi di utilizzo di un determinato territorio (Cons. Stato, sez. IV, 20 settembre 2005 n. 4819).

Tale forma di partecipazione è diversa da quella definita dal Capo III della legge 7 agosto 1990 n. 241, che, non a caso, esclude espressamente (art. 13) dal proprio ambito di applicazione l’attività della pubblica amministrazione diretta, fra l’altro, "alla emanazione di atti… di pianificazione e di programmazione, per i quali restano ferme le particolari norme che ne regolano la formazione".

La legge n. 241/1990 fonda la partecipazione, quale forma di tutela anticipata in sede procedimentale, sulla titolarità di posizioni giuridiche (art. 7), o, quanto meno, sulla presenza di un "interesse" pubblico o privato qualificato (art. 9); una partecipazione, quindi, fondata sulla preesistenza di un patrimonio giuridico, alla cui finalità di tutela essa teleologicamente si riconnette.

Al contrario, altre forme di partecipazione – quali sono quelle richiamate, in via generale, dagli artt. 6 ed 8 del d. lgs. n. 267/2000 (Testo unico degli enti locali) o dallo stesso art. 9 l. n. 1150/1942, si fondano sulla mera appartenenza ad una comunità locale ovvero su un concetto di "interesse", che non individua, in senso proprio, il substrato di una posizione sostanziale, ma che, in modo meno tecnicamente stringente, indica una qualche forma di collegamento tra soggetto ed attività della pubbli9ca amministrazione.

Non a caso, il citato art. 8 d. lgs. n. 267/2000 tiene distinta (comma 2), nel più ampio ambito della partecipazione all’attività dell’ente locale da parte dei cittadini, la partecipazione ai "procedimenti relativi all’adozione di atti che incidono su situazioni giuridiche soggettive", che deve avvenire nelle forme della l. n. 241/1990 (e non già secondo quanto in via speciale previsto dagli statuti).

Da quanto esposto, appare evidente come i soggetti che pure sono abilitati a presentare osservazioni durante l’iter di approvazione del piano regolatore, non sono altrettanto legittimati ad agire in giudizio avverso l’atto finale approvato, laddove essi non siano, nei sensi esposti in precedenza, specificamente titolari di una posizione di interesse legittimo.

Proprio perché tale forma di partecipazione (al procedimento di adozione degli strumenti urbanistici) non richiede la titolarità di posizioni giuridiche soggettive, basandosi essa su considerazioni (e situazioni) diverse, così come specificamente evidenziate dal legislatore, l’essere "abilitato" a partecipare al procedimento (mediante lo strumento delle osservazioni) non "legittima", altresì, alla proposizione del ricorso giurisdizionale avverso l’atto conclusivo del procedimento.

Tale forma di partecipazione procedimentale ed il processo amministrativo (giudizio impugnatorio di atti), si fondano su presupposti e condizioni differenti, persistendo la necessità, per adire il giudice (ancorchè si sia partecipato al procedimento di adozione dello strumento urbanistico), della titolarità di una posizione giuridica soggettiva (interesse legittimo), della legittimazione e dell’interesse ad agire: condizioni dell’azione che non sono certo fornite dalla mera circostanza della effettuata partecipazione.

Per tutte le ragioni sin qui esposte, l’appello deve essere rigettato, con conseguente conferma della sentenza appellata.

Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti spese, diritti ed onorari di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sull’appello proposto da N. G. (n. 11161/2004 r.g.), lo rigetta e, per l’effetto, conferma la sentenza appellata.

Compensa tra le parti spese, diritti ed onorari di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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