Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 26-05-2011) 25-07-2011, n. 29787 Bancarotta fraudolenta

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

L.L. ricorre personalmente avverso la sentenza della Corte d’Appello di Venezia in data 8-11-2010, che aveva confermato la sua affermazione di responsabilità, di cui a sentenza del Tribunale di Verona 29-5-2007, soltanto con riferimento ad alcuni capi d’imputazione, esclusa la sua qualifica di amministratore di fatto e ritenuto il concorso con l’amministratore di fatto V.C., e aveva ridotto la pena ad anni tre di reclusione.

Reato ascritto: bancarotta fraudolenta patrimoniale (in particolare dolosa causazione del fallimento della SICE srl, dichiarato il 28-9- 1998: capo A; distrazione di somme ricevute a mutuo da Istituti di credito: capo B 1; distrazione dei canoni di utenze cellulari utilizzate per fini estranei all’oggetto sociale: capo B 2 bis;

distrazione di somme per viaggi ed alberghi:

capo B 13).

Con il primo motivo L. deduce inosservanza di norme stabilite a pena di nullità, per lesione del diritto di difesa in quanto, in assenza del suo difensore di fiducia, la corte di Venezia aveva nominato altro difensore prontamente reperibile.

Con il secondo violazione della legge penale per essergli stata attribuita, in assenza di prove, la qualifica di amministratore di fatto nonostante la mancanza di un suo ruolo attivo all’interno della stessa, avendo egli agito come procacciatore di clienti e finanziatori.

Inoltre la prevalenza delle generiche è stata esclusa richiamando anche fatti successivi a quelli oggetto del procedimento.

Si chiede quindi l’annullamento della sentenza impugnata.

Motivi della decisione

Il ricorso è manifestamente infondato.

1) La nullità per violazione del diritto di difesa, dedotta non il primo motivo, non sussiste. L’esame degli atti evidenzia infatti che all’udienza dell’8-11-2010, dopo che la precedente era stata rinviata per legittimo impedimento del difensore, l’imputato era stato assistito da un sostituto di questi, nominato dallo stesso con apposito atto, senza che peraltro fosse stato allegato alcun impedimento del sostituito.

2) Del tutto irrilevante, poi, l’assunto dell’assenza di un ruolo attivo dell’imputato nell’ambito della società poi fallita, che, condiviso dalla corte veneziana, ha determinato la conferma dell’affermazione di responsabilità sul diverso presupposto del concorso di L. con l’amministratore di fatto V. C.. Nè ha maggior pregio la doglianza relativa al trattamento sanzionatorio, dal momento che l’art. 133 c.p. consente espressamente di tener conto, ai fini della valutazione della gravità del reato e della commisurazione della pena, della condotta del colpevole successiva al reato.

Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile e a tale declaratoria conseguono le statuizioni di cui all’art. 616 c.p.p..

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *