Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 26-05-2011) 25-07-2011, n. 29652 Risarcimento in forma specifica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – Con la decisione in epigrafe indicata la Corte d’appello di Bologna, in parziale riforma della sentenza emessa in data 11 maggio 2006 dal G.u.p. del Tribunale di Parma in sede di giudizio abbreviato e appellata da V.D. e G.C., accusati di una serie di episodi di concussione e di falsità ideologica (capi da A a M), ha ridotto ad anni tre di reclusione la pena inflitta ad entrambi, confermando nel resto la condanna degli imputati, anche con riferimento al risarcimento dei danni in favore della parte civile.

Si apprende dalla sentenza che gli imputati, entrambi appartenenti alla Guardia di Finanza e in servizio presso il Comando provinciale della Polizia Tributaria di Parma, nel corso di controlli eseguiti presso aziende operanti nel parmense sul rispetto della normativa del diritto d’autore per i programmi informatici, dopo avere rilevato la mancanza di licenze d’uso dei programmi proponevano ai responsabili delle ditte il pagamento a loro favore di una somma di denaro per evitare il sequestro dei computers; una volta avvenuto il pagamento formavano un verbale in cui attestavano, falsamente, che il controllo eseguito non aveva riscontrato alcuna irregolarità nei programmi informatici in uso nelle aziende ispezionate; queste modalità di azione risultano essere state poste in essere nel corso dei controlli presso le ditte Habitat Legno, Seller’s Studio 1 dei F.lli Carapezzi, Gesa Impianti s.r.l. e Guidi s.r.l. In altri casi gli imputati minacciavano di procedere al sequestro nonostante non avessero riscontrato alcuna violazione della normativa sulle licenze d’uso, come nel corso del controllo presso le ditte Manifattura Abbigliamento e Mauro Governa s.r.l..

I giudici di merito hanno ritenuto dimostrati i fatti attribuiti agli imputati soprattutto in base alle dichiarazioni rese dalle persone offese, che hanno confermato di avere consegnato denaro o beni ai due pubblici ufficiali per evitare i sequestri minacciati.

2. – Gli imputati, tramite i rispettivi difensori di fiducia, hanno proposto distinti ricorsi per cassazione.

2.1. – Entrambi i difensori hanno denunciato la mancanza e illogicità della motivazione, in quanto la Corte territoriale non si sarebbe pronunciata sulle deduzioni e argomentazioni difensive relative, ad esempio, alla mancata verifica in contraddittorio del contenuto degli hard disk, ad alcune disomogeneità di valutazioni di circostanze evidenziate dagli imputati, anche in relazione ai contenuti di alcune intercettazioni o fogli di servizio, agli omessi accertamenti circa la provenienza contabile tributaria delle somme corrisposte agli imputati, alla posizione del collega L., nè i giudici hanno attivato i propri poteri integrativi, con la conseguenza che l’intera argomentazione della decisione risulta viziata. I ricorrenti contestano la giustificazione data dalla Corte d’appello che ha ritenuto che la richiesta di giudizio abbreviato legittimasse la mancanza degli approfondimenti istruttori richiesti.

2.2. – Inoltre, l’avvocato Andrea Marvasi, nell’interesse di V. D., ha riproposto l’eccezione di inutilizzabilità dei sequestri, in quanto non è stato verbalizzato il numero seriale degli hard disk, con riferimento alla marca, al modello e al numero, nè risultano apposti i sigilli atti a garantirne l’insostituibilità e la inalterabilità dei beni in sequestro; inoltre, rileva che su tale eccezione la Corte d’appello non avrebbe offerto alcuna risposta, con conseguente vizio di motivazione.

Con un altro motivo ha nuovamente chiesto di sollevare la questione di costituzionalità ritenuta già "irrilevante" dai giudici di secondo grado. In particolare, assume la non manifesta infondatezza degli artt. 253 e 257, art. 260 c.p.p., comma 2 in relazione agli artt. 3, 13, 14, 15 e 24 Cost., art. 27 Cost., comma 3 e art. 111 Cost., in quanto le indicate disposizioni non assicurano l’identificazione certa del bene sequestrato attraverso precise modalità nell’apposizione dei sigilli, omettendo di prevedere conseguenze e mezzi di tutela in caso di non regolare identificazione del bene in sequestro.

3. – I ricorsi sono inammissibili.

3.1. – Quanto ai motivi con cui i due ricorsi deducono la illogicità della motivazione si rileva che in sede di legittimità non è censurabile una sentenza per il suo silenzio sulle specifiche deduzioni prospettate col gravame quando le stesse sono disattese dalla motivazione della sentenza complessivamente considerata.

Infatti, per la validità della decisione non è necessario che il giudice di merito sviluppi nella motivazione la specifica ed esplicita confutazione della tesi difensiva disattesa, essendo sufficiente per escludere la ricorrenza del vizio che la sentenza evidenzi una ricostruzione dei fatti che conduca alla reiezione della deduzione difensiva implicitamente e senza lasciare spazio ad una valida alternativa (Sez. 2, 19 aprile 2004, n. 29434, Candiano ed altri).

Nel caso in esame, il provvedimento ha indicato con adeguatezza e logicità quali circostanze ed emergenze processuali si sono rese determinanti per la formazione del convincimento del giudice, consentendo l’individuazione dell’iter logico-giuridico seguito per addivenire alla statuizione adottata, sicchè non vi è luogo per il denunciato vizio di motivazione, con cui i ricorrenti lamentano la ritenuta omessa valutazione di alcune deduzioni difensive, senza peraltro neppure indicare il rilievo che queste avrebbero avuto rispetto alla decisione dei giudici.

Peraltro, nello stesso motivo viene censurata la mancata attivazione di poteri istruttori da parte dei giudici, senza tenere conto che gli stessi imputati hanno richiesto il giudizio abbreviato, senza condizionarlo ad alcuna forma di integrazione probatoria.

3.2. – Riguardo al primo motivo contenuto nel ricorso presentato nell’interesse di V., si rileva che sia la mancata verbalizzazione dei modelli e degli altri elementi identificativi dei computers sequestrati, sia la mancata apposizione dei sigilli, non determinano alcuna nullità o, in genere, invalidità, del sequestro, dovendo considerarsi semplici irregolarità formali, prive di conseguenze sulla validità del provvedimento cautelare e comunque inidonee a determinarne l’inutilizzabilità.

Peraltro, la Corte d’appello ha dato atto, richiamando la sentenza del primo giudice, della corrispondenza del materiale sequestrato, precisando che la rimozione dei sigilli era stata autorizzata proprio per consentire alla difesa l’esame del materiale in sequestro.

3.3. – Irrilevante – oltre che manifestamente infondata – è la dedotta illegittimità costituzionale degli artt. 253 e 257 c.p.p., e art. 260 c.p.p., comma 2, proposta con il secondo motivo del ricorso del V., in quanto si tratta di questioni che non avrebbero comunque rilievo nel presente processo.

4. – Alla inammissibilità dei ricorso consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e a versare una somma di denaro in favore della cassa delle ammende, che si ritiene equo determinare in Euro 1.000,00 ciascuno, in considerazione delle questioni trattate.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 ciascuno in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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