T.A.R. Lazio Latina Sez. I, Sent., 03-08-2011, n. 668 Concessione per nuove costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

Il 16.12.2008 veniva rilasciato alla ricorrente il permesso di costruire n. 54 relativamente alle opere di ristrutturazione edilizia, mediante demolizione e ricostruzione (fabbricato A) e di nuova costruzione (fabbricati B e C) distinti in catasto al foglio 39 part.lle 48 e 439. In data 9 settembre 2010 con il provvedimento prot.n.19051, qui impugnato, veniva annullato in autotutela il permesso di costruire precedentemente rilasciato. Con ordinanza n. 131 del 10.12.2010 – qui impugnata con motivi aggiunti – veniva ingiunta la demolizione delle opere realizzate.

Con ordinanze cautelari R.O. 6/2011 e 143/2011 venivano accolte le istanze cautelari proposte.

Nella pubblica udienza odierna, la causa è trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

Con il primo motivo di ricorso deduce la ricorrente insussistenza della lottizzazione abusiva. Nel provvedimento impugnato si legge "…per la parte ricadente nella zona E/1, anche una illegittima lottizzazione per il numero e la configurazione che essi determinano nell’area interessata, priva di compiute opere di urbanizzazione, come dimostrato anche dalla realizzata via di accesso di cui al citato verbale di sopralluogo effettuato in data 01.07.2010 dai tecnici comunali e come determinato dalla suddivisione del fondo, rappresentata dall’elaborato grafico, in tre singoli lotti delimitati da recinzione". Sostiene la ricorrente, a tal proposito, di aver presentato una variante in corso d’opera in base alla quale non è più possibile configurare una ipotesi di lottizzazione materiale. La censura non è accoglibile. Infatti, come si legge legittimamente anche nel provvedimento impugnato, "con DIA del 20.07.2010 prt. 15936 relativa a modifiche da apportare ai locali interrati dei tre fabbricati autorizzati con il citato titolo abilitativo…di cui costituisce variante in corso d’opera non si debba procedere con i lavori in essa previsti". Inoltre, nelle osservazioni e memorie difensive nell’ambito procedimentale da cui è scaturito il provvedimento finale qui impugnato, risulta – e di questo se ne dà conto nell’atto stesso – che "la ditta interessata ha presentato un nuovo progetto, ancora da esaminare, allo scopo di rimuovere i rilievi riscontrati". In buona sostanza, risulta agli atti di causa che i nuovi lavori, di cui la ricorrente ha chiesto l’autorizzazione edilizia, sono in corso di valutazione da parte dell’amministrazione stessa.

Il ricorrente non fornisce comunque la prova concreta in ordine all’esclusione della lottizzazione del primo progetto presentato, ancorché ne faccia seguire, con la variante, uno nuovo.

Seguono la stessa sorte anche le altre censure relative al computo del volume (in ordine al quale, oltretutto, esiste in ricorso addirittura una ammissione, seppure per soli 100 mq), alla incompatibilità ambientale dell’intervento e all’inedificabilità assoluta. In particolare, quanto all’eccesso di volumetria risulta che l’Amministrazione abbia legittimamente qualificato l’intervento come unitario anche perchè tale è stato presentato dal ricorrente e così è stato valutato anche dalla Sovrintendenza. Non risulta poi che il ricorrente abbia convenientemente contraddetto la circostanza, indicata nel provvedimento, secondo cui i fabbricati insistono per "….. buona parte in zona E/1 agricola", nè in ordine alla incompatibilità ambientale, nè all’inedificabilità per prossimità al letto del fiume.

Va respinto anche il secondo motivo di ricorso, in quanto l’interesse pubblico all’annullamento dell’atto risulta dalla piana lettura del provvedimento stesso, da cui risultano tutti i motivi di illegittimità del precedente permesso di costruire. Ne deriva che l’interesse pubblico all’autotutela viene evidenziato nella necessità di tutelare i beni ambientali, paesaggistici, urbanistici ed edilizi rappresentati. D’altra parte è stato già autorevolmente affermato da Consiglio Stato, sez. IV, 27 novembre 2010, n. 8291 che "è legittimo l’annullamento d’ufficio di un titolo edilizio in presenza dei seguenti presupposti: illegittimità originaria del provvedimento; interesse pubblico concreto e attuale alla sua rimozione diverso dal mero ripristino della legalità; assenza di posizioni consolidate in capo ai destinatari; motivazione, sia pure sintetica, in ordine alla sussistenza dei presupposti alla base dell’esercizio del potere di autotutela. (La decisione precisa che l’ambito della motivazione esigibile, integrato dall’allegazione del vizio che inficia il titolo edilizio, dovendosi tenere conto, per il resto: I) del particolare atteggiarsi dell’interesse pubblico in materia di tutela del territorio e dei valori che insistono su di esso (ambiente, paesaggio, salute, sicurezza, beni storici e culturali) che quasi sempre sono prevalenti rispetto a quelli contrapposti dei privati; II) della eventuale negligenza o della malafede del privato che ha indotto in errore l’amministrazione o ha approfittato di un suo errore)". Anche nell’ipotesi qui in esame i vizi del provvedimento precedente e la loro negletta incidenza sull’interesse pubblico rappresentano una sufficiente estrinsecazione dell’interesse pubblico concreto e, d’altra parte, non sussiste affidamento da tutelare posto che i lavori non erano stati avviati.

Con il ricorso per motivi aggiunti, con cui si impugna l’ordinanza di demolizione, si introduce anche il vizio di omessa comunicazione del’avvio del procedimento dell’ingiunzione a demolire. Anche questa censura va respinta posto che, com’è noto (cfr.T.A.R. Liguria Genova, sez. I, 22 aprile 2011, n. 666), non è prevista la comunicazione di avvio del procedimento sanzionatorio edilizio in ragione del contenuto rigidamente vincolato che lo caratterizza.

Per quanto riguarda l’ultimo motivo di ricorso, dato l’esito reiettivo della presente controversia, la ricorrente non ha interesse al suo esame.

Il ricorso va pertanto respinto.

Visto il diverso esito della fase decisoria rispetto a quella cautelare e, considerato che il Comune di Minturno non si è costituito, in rettifica della decisone cautelare, si dispone che nulla sia dovuto sulle spese, anche con riguardo alla fase cautelare ex art. 57 c.p.a..

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio sezione staccata di Latina (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge. Nulla sulle spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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