Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 18-05-2011) 25-07-2011, n. 29825

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 3-9-2010 il Giudice Monocratico del Tribunale di Napoli applicava su concorde richiesta delle Parti, ai sensi dell’art. 444 c.p.p. nei confronti di A.S. – imputato del reato di cui all’art. 624 c.p. ed all’art. 625 c.p., nn. 2 e 7, la pena di mesi sei di reclusione ed Euro 120,00 di multa, previa concessione delle attenuanti generiche, equivalenti all’aggravante e alla recidiva, disponendo la sospensione condizionale.

Nella specie si era contestata la condotta di asportazione di cinque chilogrammi di datteri di mare, previa rottura del banco tufaceo sito nel fondale marino, essendo i frutti indisponibili, in quanto di proprietà dello Stato.

Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore, deducendo la violazione di cui all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), per inosservanza o erronea applicazione della L. n. 963 del 1965, art. 15.

A riguardo il ricorrente evidenziava che erroneamente il Giudice aveva ritenuto applicabile la fattispecie di furto aggravato come contestata e il danneggiamento ex art. 635 c.p..

Nella specie, secondo la difesa avrebbe dovuto trovare applicazione la L. citata, art. 15, essendo vietata la pesca dei datteri di mare.

Inoltre il ricorrente rilevava che non si poteva ritenere l’ipotesi di furto non essendo configurabile l’appartenenza della res ad altri, considerando i frutti equiparabili al concetto di "res nullius".

Per tali motivi il ricorrente rilevava l’applicabilità della contravvenzione di cui si è detto, e concludeva chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata.

Il PG nella requisitoria chiede il rigetto del ricorso.

Motivi della decisione

La Corte rileva l’inammissibilità del ricorso.

Invero il motivo inerente alla erronea qualificazione giuridica del fatto risulta manifestamente infondato.

Va evidenziato, sul punto, che le parti che hanno raggiunto l’accordo su concorde richiesta in riferimento alla determinazione della pena, non possono prospettare in questa Sede questioni incompatibili con la richiesta di patteggiamento, che risulta riferita al reato così come contestato.

Secondo giurisprudenza di questa Corte l’imputato non può rimettere in discussione in sede di ricorso, l’oggetto del menzionato accordo, intervenuto ai sensi dell’art. 444 c.p.p., sulla cui legittimità il giudice ha svolto un controllo al momento della decisione.

In tal senso giova richiamare Cass. Sez. 6^, n. 2815 – RV 213471.

Peraltro, si deve evidenziare che l’ammissibilità delle censure inerenti alla erronea qualificazione giuridica del fatto, come previsto da SS.UU.cc. 19.1.2000, n. 5 – Neri – non può consentire, in questa sede valutazioni sulla sussistenza o meno degli elementi costitutivi del reato, e delle aggravanti, poichè il potere di controllo sulla correttezza della contestazione va adempiuto con riferimento alla astratta rispondenza del titolo di reato al fatto come descritto nella rubrica della sentenza impugnata.

Per tali motivi il ricorso va dichiarato inammissibile, stante il contenuto dell’atto che tende ad evidenziare la pretesa insussistenza degli elementi costitutivi del reato come contestato, senza individuare il vizio di legittimità ipotizzato.

La Corte deve dunque dichiarare l’inammissibilità del ricorso, e condannare il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè al versamento della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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