Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 13-05-2011) 25-07-2011, n. 29773 Bancarotta fraudolenta

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

– che con l’impugnata sentenza, in conferma di quella di primo grado, A.L.P. e V.G. furono ritenuti responsabili di bancarotta fraudolenta per distrazione, in relazione al fallimento, dichiarato il (OMISSIS), della K.C.Italia s.r.l., per avere, secondo l’accusa, distratto dai beni sociali, pochi mesi prima della dichiarazione di fallimento, essendo già presenti i sintomi del dissesto, la somma complessiva di L. 1.750.000.000, concedendola in prestito alla Baby Cool s.r.l., di cui era amministratore il predetto V., la quale restituiva poi alla procedura fallimentare soltanto L. 448.897.000; operazione, questa, che, secondo la corte territoriale, non poteva trovare giustificazione, per difetto di adeguato supporto probatorio, nell’intento asseritamente perseguito dagl’imputati di consentire alla società di proseguire la sua attività mediante l’acquisto delle necessarie materie prime, da effettuarsi, previo conferimento delle necessarie risorse finanziarie, per il tramite della Baby Cool s.r.l., essendo venuta meno la fornitura di dette materie alla K.C.Italia da parte della Look intemational, socia di maggioranza, a cagione di contrasti personali tra il "dominus" di detta ultima società e l’ A.;

– che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la difesa degli imputati denunciando:

1) inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 216 e 223 L. Fall., sull’assunto che, richiedendosi per la configurabilità della bancarotta per distrazione il dolo specifico costituito dalla finalità di procurare a sè o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori, tale finalità sarebbe stata, nella specie, da escludere, atteso che il prestito sarebbe stato concesso in vista del conseguimento di obiettivi rientranti nelle finalità d’impresa;

2) vizio di motivazione, con inosservanza dell’art. 192 c.p.p., sull’assunto che: – 2/a) indebitamente la corte di merito avrebbe basato la propria decisione sul carattere meramente "sospetto" attribuito all’operazione di prestito, laddove sarebbe stato necessario dimostrarne positivamente la illiceità; – 2/b) illogicamente la stessa corte avrebbe ritenuto che, pur ad ammettere che la suddetta operazione fosse stata effettuata per finalità d’impresario non avrebbe escluso il suo carattere distrattivo e la consapevolezza che di esso avrebbero avuto i ricorrenti; – 2/c) erronea sarebbe stata l’affermazione contenuta nella sentenza impugnata secondo cui l’allegata buona fede dei ricorrenti non avrebbe avuto alcun sostegno probatorio, trovando essa invece conferma in elementi non presi in esame dalla corte di merito, quali costituiti, oltre che dalle dichiarazioni dibattimentali del curatore fallimentare e del consulente della difesa, anche dalla rappresentata esistenza di un provvedimento con il quale il tribunale di Bobigny (Francia) avrebbe autorizzato la soc. K. C. France, in condizioni del tutto analoghe a quelle nelle quali si era trovata la K.C. Italia, ad effettuare un’operazione identica a quella addebitata ai ricorrenti.

Motivi della decisione

– che il ricorso non appare meritevole di accoglimento, in quanto:

a) con riguardo al primo motivo, vale ricordare che, alla stregua del testuale tenore della norma incriminatrice e del costante orientamento interpretativo di questa Corte, il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione non richiede affatto il dolo specifico, ma soltanto il dolo generico, da considerarsi insito – come si è talvolta puntualizzato – nella consapevole volontà del fatto distrattivo, implicante di per sè l’accettazione della conseguenza tipica della condotta, consistente nella sottrazione di beni alla garanzia della massa dei creditori (in tal senso, per tutte: Cass. V, 12 maggio – 22 settembre 1989 n. 12762, Carignano, RV 182121); ragion per cui, pur leggendosi nel capo d’imputazione l’affermazione (da ritenersi, per quanto sopra detto, del tutto superflua) che la condotta addebitata agl’imputati sarebbe stata posta in essere a fine di ingiusto profitto proprio o altrui ovvero di pregiudizio per i creditori, la rappresentata assenza di detta finalità viene a risultare del priva di ogni rilievo, a fronte del fatto che l’operazione in questione era tale da rendere chiara a coloro che l’avevano decisa la sua idoneità a tradursi in una obiettiva e grave riduzione delle garanzie per i creditori, in una situazione nella quale (come risulta pacifico) la società era già in gravi difficoltà economiche per cui era prevedibile la dichiarazione di fallimento, difatti intervenuta di lì a pochi mesi;

b) con riguardo al secondo motivo: – b/1) la qualificazione dell’operazione in questione come semplicemente "sospetta" non implica affatto che il giudizio di penale responsabilità degl’imputati debba ritenersi privo di adeguato supporto probatorio, essendo questo costituito in realtà, come appare evidente, dall’accettata ed incontestata effettuazione di detta operazione, oggettivamente distrattiva, la cui natura "sospetta" viene affermata solo per porre in luce, come, contrariamente all’assunto difensivo, non possa dirsi dimostrata la sua giustificabilità in relazione all’asserita finalità d’impresa perseguita dai ricorrenti; – b/2) non appare sussistente la denunciata incompatibilità tra la finalità d’impresa data ipoteticamente per ammessa, sotto il profilo soggettivo, dalla corte di merito e la ritenuta sussistenza, comunque, tanto del carattere distrattivo dell’operazione di prestito quanto della sua consapevolezza da parte degl’imputati, atteso che, posta la già ricordata sufficienza del solo dolo generico per la configurabilità della bancarotta fraudolenta per distrazione, la sussistenza di tale elemento non può certo dirsi esclusa per il solo fatto che l’agente, in presenza (come, nella specie, risulta incontroverso) di una situazione economica tale da rendere prospettabile l’eventualità di un fallimento, assuma, pur nell’intento di salvare la continuità dell’impresa, iniziative riconoscibilmente suscettibili di dar luogo, in caso di insuccesso, al depauperamento del patrimonio sociale destinato a garanzia dei creditori, così accettando l’eventualità che tale depauperamento abbia in effetti a verificarsi (si vedano, in proposito, per la possibilità che si risponda di bancarotta fraudolenta per distrazione anche a titolo di dolo eventuale: Cass. 5, 26 giugno – 29 novembre 1990 n. 15850, Bordoni, RV 185885; Cass. 5, 23 ottobre – 20 dicembre 1996 n. 10941, Sessegolo, RV 206542); -b/3) la doglianza relativa alla mancata presa in considerazione, da parte della corte territoriale, degli elementi che, secondo quanto rappresentato nel ricorso, avrebbero dovuto dimostrare la buona fede degli imputati nell’effettuazione dell’operazione di prestito, appare, per un verso, del tutto generica, nella parte in cui risulta basata soltanto su di un mero rinvio alle dichiarazioni del curatore fallimentare e del consulente della difesa, senza alcuna indicazione del loro specifico contenuto nè, tanto meno, delle ragioni per le quali esse avrebbero potuto assumere decisiva rilevanza ai fini dell’esclusione del dolo;

per altro verso, palesemente priva di fondamento, non vedendosi come detta esclusione potesse farsi comunque derivare dal semplice, soggettivo convincimento asseritamente nutrito degl’imputati che quanto statuito dal tribunale francese in situazione rappresentata come analoga a quella nella quale essi avevano operato dovesse valere a rendere lecita la loro condotta anche rispetto alla legge italiana.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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