Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 12-05-2011) 25-07-2011, n. 29771

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La Corte di Appello di Bari con sentenza del 14 giugno 2010, ha confermato la sentenza del Tribunale di Trani, Sezione Distaccata di Canosa di Puglia del 23 ottobre 2007 con la quale S.S. era stato condannato per il delitto di tentato furto aggravato.

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del proprio difensore, lamentando quale unico sostanziale motivo una violazione di legge e l’illogicità della motivazione in merito all’affermazione della penale responsabilità;

in subordine, è stata richiesta l’affermazione della prescrizione del commesso reato.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è da rigettare per un duplice ordine di motivi.

2. In primo luogo perchè il ricorrente non si discosta affatto da quanto già ha formato oggetto dei motivi di appello che sono stati disattesi dalla Corte territoriale.

3. In secondo luogo, come ribadito costantemente da questa Corte (v. a partire da Sez. 6 15 marzo 2006 n. 10951 fino di recente a Sez. 5 6 ottobre 2009 n. 44914), pur dopo la nuova formulazione dell’art. 606 c.p.p., lett. e), novellato dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46, art. 8, il sindacato del Giudice di legittimità sul discorso giustificativo del provvedimento impugnato deve essere volto a verificare che la motivazione della pronunzia:

a) sia "effettiva" e non meramente apparente, ossia realmente idonea a rappresentare le ragioni che il giudicante ha posto a base della decisione adottata;

b) non sia "manifestamente illogica", in quanto risulti sorretta, nei suoi punti essenziali, da argomentazioni non viziate da evidenti errori nell’applicazione delle regole della logica;

c) non sia internamente contraddittoria, ovvero sia esente da insormontabili incongruenze tra le sue diverse parti o da inconciliabilità logiche tra le affermazioni in essa contenute;

d) non risulti logicamente "incompatibile" con "altri atti del processo" (indicati in termini specifici ed esaustivi dal ricorrente nei motivi posti a sostegno del ricorso per Cassazione) in termini tali da risultarne vanificata o radicalmente inficiata sotto il profilo logico.

Al Giudice di legittimità resta, infatti, preclusa, in sede di controllo sulla motivazione, la pura e semplice rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, preferiti a quelli adottati dal Giudice di merito, perchè ritenuti maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa.

Queste operazioni trasformerebbero, infatti, la Corte nell’ennesimo giudice del fatto e le impedirebbero di svolgere la peculiare funzione assegnatale dal legislatore di organo deputato a controllare che la motivazione dei provvedimenti adottati dai Giudici di merito (a cui le parti non prestino autonomamente acquiescenza) rispetti sempre uno standard di intrinseca razionalità e di capacità di rappresentare e spiegare l’iter logico seguito dal giudice per giungere alla decisione.

Nella specie la Corte di Appello ha logicamente fatto discendere dal complesso delle indagini istruttorie (in particolare dalla deposizione testimoniale P., agente della Polizia di Stato) la penale responsabilità dell’imputato per i fatti ascritti e così come contestati.

Del tutto generiche e senza motivazione alcuna si appalesano, inoltre, le contestazioni circa la erronea applicazione degli artt. 56 e 110 c.p. che sono stati, al contrario, motivatamente applicati nonchè alla presunta mancata identificazione dell’imputato che, di converso, è stato fermato e riconosciuto dai militari operanti nelle immediatezze del fatto.

Non può, ancora, affermarsi l’intervenuta prescrizione del reato in quanto agli anni sette e mesi sei di cui all’art. 157 c.p. ( (OMISSIS) data del commesso reato – 17 luglio 2010 prescrizione ordinaria) devono aggiungersi i periodi di sospensione, nel giudizio di primo grado, delle udienze dal 14 novembre 2006 al 19 giugno 2007 (astensione del difensore dalle udienze) e dal 19 giugno 2007 al 23 ottobre 2007 (impegno professionale del difensore) per mesi undici e giorni nove, che portano il termine prescrizionale definitivo alla data del 26 giugno 2011. 4. Il rigetto del ricorso determina, altresì, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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