T.A.R. Lazio Roma Sez. III quater, Sent., 03-08-2011, n. 6953 Silenzio-rifiuto della Pubblica Amministrazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato l’11 febbraio 1998 e depositato il successivo 5 marzo, il ricorrente impugna gli atti specificati in epigrafe e ne chiede l’annullamento.

Riferisce di essere dipendente di ruolo dell’Azienda USL di Latina con la qualifica di dirigente medico di secondo livello F.F. a tempo pieno, in servizio presso la divisione di orto traumatologia del P.O. "A Fiorini" di Terracina. Inoltre è in possesso della idoneità nazionale di primario di ortopedia e traumatologia nonché della idoneità nazionale di primario di fisiokinesiterapia.

Con delibera n. 333 dell’11 febbraio 1997 gli è stato riconosciuto, anche ai fini economici, la responsabilità del modulo organizzativo di "artroscopia diagnostica e chirurgica".

A seguito di collocamento a riposo del primario della divisione di ortotraumatologia del P.O. "A. Fiorini" di Terracina, avvenuta in data 3 ottobre 1992, si è reso vacante il relativo posto, sicché, con deliberazione n. 933 del 10 ottobre 1992 l’Azienda ha bandito il relativo concorso pubblico per la copertura del posto; tuttavia, al fine di garantire il funzionamento e la direzione della divisione di ortotraumatologia, la USL, con delibera n. 935 del 10 ottobre 1992, gli ha conferito le mansioni superiore, con decorrenza 4 ottobre 1992. Le predette funzioni sono state riaffidate con delibera n. 548 del 9 giugno 1993 per ulteriori due mesi, prolungate, poi, con delibera n. 732 del 9 agosto 1993 fino al 3 novembre 1993. E’seguita, infine, la delibera n. 105 del 12 febbraio 1994, che ha riaffidato le mansioni superiori di primario al dr. G. per ulteriori otto mesi dal 4 febbraio 1994 in attesa di espletamento della procedura concorsuale di copertura del posto. Mansioni che dalla suddetta data svolge tuttora.

Riferisce ancora che l’Azienda, con delibera n. 2201 del 21 giugno 1996, ha parzialmente ottemperato a quanto il ricorrente aveva richiesto con istanza dell’8 maggio 1995, riconoscendogli unicamente le differenze retributive sullo stipendio base fino al 30 aprile 1996, escludendo il diritto alla corresponsione delle indennità connesse con la qualifica apicale. Viceversa, il ricorrente ha appreso che in caso del tutto analogo, l’Azienda ha riconosciuto ad altro dipendente incaricato di mansioni superiori apicali anche le indennità connesse alla qualifica primaziale, come da d.P.R. n. 384 del 1990. Conseguentemente, con istanza del 14 agosto 1996 ha rinnovato le proprie rivendicazioni cui è seguita la diffida del 9 ottobre 1997. Con la nota impugnata l’Azienda ha comunicato il differimento di ulteriori trenta giorni del termine per la definizione del procedimento, ma a tutt’oggi non ha fornito alcuna risposta.

A sostegno delle proprie ragioni deduce:

1. violazione e mancata applicazione degli art. 2 e 10 della legge n. 241 del 1990, nonché del dovere dell’Azienda USL Latina della conclusione del procedimento. Omessa determinazione sull’istanza del dott. G.. Violazione dei principi di correttezza e buon andamento dell’attività amministrativa;

2. violazione e mancata applicazione del titolo IV – Trattamento Economico (artt. 108 – 115) e dell’art. 121 del d.P.R. n. 384 del 1990, con riferimento all’art. 29 d.PR. n. 761 del 1979 ed agli artt. 35 e 39. Cost. Omessa corresponsione delle indennità connesse all’affidamento ed all’espletamento delle mansioni apicali di primario; eccesso di potere sotto vari profili;

3. Eccesso di potere per sviamento: indebito ed illegittimo mancato adeguamento retributivo e previdenziale con riferimento all’attribuzione ed all’effettivo svolgimento delle mansioni di dirigente medico di secondo livello. Mancata applicazione dell’art. 2103 e dell’art. 2126 cod. civ. in relazione all’art. 36 Cost. Omesso obbligo da parte della P.A. di integrazione del trattamento economico corrispondente alla qualità del lavoro effettivamente prestato;

4. mancata applicazione dell’art. 2041 cod. civ.

In via subordinata, chiede l’applicazione dell’art. 2041 cod. civ., sussistendone tutti i presupposti; nesso di causalità e vantaggio conseguito dall’Amministrazione dall’attività svolta dal ricorrente.

L’Amministrazione intimata non si è costituita.

Con ordinanza n. 3986 del 2011 sono stati ordinati incombenti istruttori a carico della Azienda USL di Latina, cui è stato dato riscontro con nota depositata in data 20 giugno 2011.

All’Udienza del 6 luglio 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

Con il ricorso all’esame viene rivendicato, da parte del dott. G., il trattamento retributivo e previdenziale, connesso all’attribuzione delle mansioni superiori svolte e, tuttora in corso, di dirigente medico di secondo livello F.F. della divisione di orto traumatologia del P.O. "AA. Fiorini" di Terracina, comprensive anche degli assegni accessori.

Il ricorso è fondato nei limiti e nei termini di cui appresso.

E’ incontestato che il ricorrente ha ottenuto la corresponsione delle differenze retributive per le mansioni superiori primariali svolte relativamente al periodo 4 ottobre 1992 – 30 aprile 1996, come dimostrato dalla documentazione depositata dall’Azienda Sanitaria locale di Latina a seguito di ordinanza istruttoria di questo Tribunale e confermato dallo stesso ricorrente, determinate come differenziale fra lo "stipendio base" della posizione apicale superiore e lo "stipendio base" della posizione di appartenenza, senza tuttavia comprendere le indennità di tempo pieno, l’indennità primariale, l’indennità di medico specialista ed i compensi del plus orario, rivendicati in questa sede dal medesimo ricorrente unitamente al restante periodo in cui ha continuato a ricoprire l’incarico in argomento che va dal 30 aprile 1996 al 1° marzo 1998, su cui l’Azienda resistente nulla ha opposto.

L’orientamento giurisprudenziale sull’argomento si è ormai consolidato, sicché, in presenza di un posto vacante, lo svolgimento delle mansioni primariali da parte di chi si trovi in posizione funzionale intermedia, comporta il riconoscimento del relativo trattamento economico, indipendentemente da ogni atto organizzativo da parte dell’Amministrazione, in quanto non è configurabile l’ipotesi di una struttura sanitaria che rimanga priva dell’organo di vertice, responsabile dell’attività esercitata nel suo ambito (cfr. CdS 2292/2009, Consiglio di Stato, VI, n. 356 del 31 gennaio 2006, Cons. Stato, Sez. V, 12 aprile 2005, n. 1640; 20 ottobre 2004 n. 6784; 16 settembre 2004 n. 6009; 2 settembre 2004 n. 5740; 12 maggio 2003 n. 2507; 5 novembre 2002 n. 6017; 20 ottobre 2000 n. 5650; 18 agosto 1998 n. 1270; T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sez. II, 12.12.2002 n. 3237e n. 319/2003).

Consegue che anche per il restante periodo (30 aprile 19961° marzo 1998) il ricorrente ha ugualmente diritto alle differenze retributive rivendicate, sussistendone i requisiti della vacanza del posto, della pendenza della procedura concorsuale e dell’avvenuto superamento, nel periodo precedente, dei sessanta giorni non retribuibili (art. 121, settimo comma, del d.p.r. n. 384/1990, co. 6 e 7). Anche in relazione a quest’ultima regola, il superamento del termine di sei mesi, come fatto riconducibile ad attività e ad obblighi imposti all’Amministrazione, e da questa non osservati, non fa venir meno lo svolgimento di mansioni superiori necessarie, quali quelle primariali, la quali vanno, perciò, riconosciute sul piano economico, sempre in dipendenza dell’obbligo di prestazione gravante sul medico (Consiglio di Stato sez. V, 14 aprile 2009, n. 2292/09; Consiglio di Stato, V, n. 3234 del 29 maggio 2006; V, n. 5436 del 18 settembre 2006; V, n. 6342 del 24 ottobre 2006).

Negli emolumenti suddetti, legati alla effettiva prestazione delle mansioni superiori, devono essere computate anche le indennità accessorie connesse alle funzioni primariali (cfr. T.A.R. Lazio, Sez. I bis, n. 1614/1996).

Sulle relative differenze stipendiali e connesse indennità vanno corrisposti la rivalutazione monetaria e gli interessi legali, da liquidarsi nei sensi che seguono:

– ai sensi dell’art. 429 c.p.c., gli interessi legali e la rivalutazione monetaria per gli emolumenti corrisposti tardivamente ai lavoratori dipendenti, vanno calcolati separatamente sull’importo nominale del credito, con la conseguenza che sulla somma dovuta quale rivalutazione, non vanno calcolati né gli interessi né la rivalutazione ulteriore e sulla somma dovuta a titolo di interessi non vanno computati ancora interessi e rivalutazione (cfr. ex plurimis: Consiglio Stato, sez. IV, 19 luglio 2004, n. 5177; Cons. St., sez. VI, n. 8 del 2001 cit.; sez. V, n. 2661 del 2000 cit.; ad. plen., 15 giugno 1998, n. 3). Ciò in quanto interessi e rivalutazione sono solo effetti del ritardo e non possono perciò essere inglobati "ab origine" nel contenuto del credito (cfr. Consiglio Stato, sez. VI, 14 aprile 2004, n. 2106);

– il calcolo della rivalutazione monetaria ed interessi legali dovuti dalla p.a. per il ritardato pagamento di emolumenti al proprio dipendente va effettuato prendendo come riferimento la somma dovuta al netto delle ritenute contributive ed anche delle ritenute fiscali. Ciò perchè quello che danneggia il creditore, e giustifica la sua pretesa agli accessori di legge, è il ritardo con il quale egli ha potuto disporre della somma netta che il debitore avrebbe dovuto mettergli a disposizione in precedenza, e non le somme per ritenute contributive e fiscali, delle quali egli non avrebbe mai potuto avere la disponibilità (cfr. Consiglio Stato, sez. IV, 30 dicembre 2003, n. 9227; Consiglio Stato, sez. VI, 24 maggio 2004, n. 3383).

In conclusione il ricorso è fondato e va accolto e, per l’effetto, deve essere dichiarato il diritto del ricorrente ad ottenere il pagamento delle differenze retributive e delle indennità per cui è causa con i relativi accessori sulle somme spettanti.

Le spese seguono la soccombenza nella misura indicata nel dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Quater)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi di cui in motivazione.

Condanna l’Azienda Unità Sanitaria di Latina al pagamento delle spese di giudizio che si liquidano in favore del ricorrente nella misura di complessivi euro 2.000,00 (duemila/00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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