Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 12-05-2011) 25-07-2011, n. 29768

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza 23-3-2010 la Corte d’Appello di Salerno, confermava quella del Tribunale di Salerno, sez. dist. di Amalfi, in data 18-2- 2008, con la quale F.B. era stato ritenuto responsabile dei reati di minaccia, ingiuria, violazione di domicilio, violenza privata e lesioni personali mediante uso di una bottiglia, in danno del padre F.P..

La vicenda si innesta su controversie tra l’imputato e il fratello M., da un lato, e il padre P., dall’altro, relative all’eredità della madre dei primi, moglie di P., il quale in seguito aveva avuto un figlio da un’altra donna.

L’imputato, con il fratello M., si era introdotto nell’immobile abitato dal padre sfondandone la porta e lo aveva costretto a lasciare l’abitazione buttando all’esterno arredi ed effetti personali, nel contempo ingiuriandolo e provocandogli una lesione guarita in sette giorni.

La corte territoriale riteneva irrilevante stabilire di chi fosse la proprietà dell’appartamento, essendo risultato dall’esame dei testi del PM che esso era in uso a F.P..

Il ricorso proposto dal prevenuto per il tramite del difensore, avv. Franco Lazzarone, è affidato a quattro motivi.

1) Nullità della sentenza di primo grado per violazione del principio di immutabilità del giudice, in quanto l’udienza del 27-2- 2006 era stata tenuta da un diverso GOT, in assenza di provvedimento presidenziale di sostituzione.

2) Violazione di norme processuali previste a pena di nullità, per illegittimità delle ordinanze con le quali non era stato riconosciuto, in primo grado, il legittimo impedimento a comparire dell’imputato a due udienze, nonostante i certificati penali attestanti, in un caso, cervicalgia acuta (con prescrizione di riposo a letto per tre giorni), nell’altro sindrome influenzale, e la sua residenza a (OMISSIS), quindi a grande distanza da (OMISSIS). Sul punto si deduceva tra l’altro che la corte territoriale aveva esaminato la censura, già oggetto dei motivi d’appello, soltanto con riferimento ad uno dei due impedimenti (quello relativo all’udienza del 7-5-2007, ma non quello relativo all’udienza del 18-2-2008).

3) Nullità della costituzione di parte civile, per mancata indicazione a verbale del deposito del relativo atto.

4) Mancata assunzione di prova decisiva e/o manifesta illogicità della motivazione risultante dal provvedimento impugnato. Essendo il punto nodale della vicenda rappresentato dallo stabilire se l’abitazione fosse del padre dell’imputato, oppure del fratello M., allontanato dal padre, si censura la mancata rinnovazione parziale del dibattimento mediante assunzione dei tredici testi sul punto indicati dalla difesa, nonostante, tra l’altro, il rigetto dell’azione possessoria promossa da F.P..

Si chiede quindi annullamento con rinvio.

Motivi della decisione

Il ricorso, a differenza da quanto eccepito dalla parte civile, è tempestivo essendo stato depositato il 30-6-2010. La sentenza di secondo grado, emessa il 23-3-2010, con indicazione del termine di trenta giorni per il deposito, veniva depositata fuori termine l’11-5- 2010 (non rilevando il deposito informale della minuta il 17-4-2010) e quindi notificata all’imputato il 26-5-2010, con scadenza al 10-7- 2010 del termine di 45 giorni per il ricorso.

Del pari infondata la questione della mancanza di legittimazione del difensore ricorrente, che risulta essere stato tale anche nel giudizio di secondo grado.

Il ricorso è infondato e va disatteso.

1) In relazione al primo motivo, va rilevata la mancata violazione del principio di immutabilità del giudice e comunque carenza di interesse del ricorrente, in quanto l’udienza del 27-2-2006, tenuta in effetti da diverso GOT, fu rinviata per impedimento dell’imputato.

2) Adeguata, e quindi condivisibile, è la motivazione della corte territoriale alla base del rigetto del motivo di appello relativo ai provvedimenti con i quali il giudice di primo grado aveva respinto le istanze di rinvio per malattia di F.. Premesso che altre istanze, basate su analoghe ragioni, erano state accolte dal tribunale sul rilievo dell’assolutezza dell’impedimento a comparire, con ragione le malattie documentate in relazione alle udienze del 7-5- 2007 e 18-2-2008, sono state ritenute non invalidanti, e prive del connotato dell’assolutezza dell’impedimento, in assenza dell’indicazione espressa dell’impossibilità di lasciare l’abitazione. Infatti, come emerge dall’analisi dei certificati medici prodotti, nel primo caso la diagnosi era di "vertigini soggettive in stato di cervicalgia acuta", accompagnata dalla dizione "Si consiglia riposo a letto per tre giorni s.c.", nel secondo la diagnosi di "sindrome influenzale" (per definizione non necessariamente caratterizzata dalla presenza di febbre) non era accompagnata da indicazioni della effettiva sintomatologia e della sua gravità, tali da inferirne l’assolutezza dell’impedimento, sicchè anche la prognosi di sette giorni non era adeguatamente giustificata. Erroneamente, poi, si sostiene nel ricorso che la corte avrebbe esaminato il motivo di appello con riferimento ad una sola delle due udienze, equivoco probabilmente determinato dal riferimento al consiglio di riposo, contenuto in uno solo dei due certificati medici (essendo l’altro del tutto silente al riguardo).

3) E’ tardiva ex art. 80 c.p.p., comma 3, a prescindere dalla sua fondatezza, la questione relativa alla costituzione della parte civile, non sollevata all’udienza del 26-1-2006 (in cui il PM nulla osservò in ordine alla costituzione e la difesa si pronunciò "in conformità").

4) Infondato è infine il quarto motivo, stante la condivisibilmente ritenuta irrilevanza, da parte della corte d’appello, una volta dimostrato attraverso i testi dell’accusa che l’immobile era in uso a F.P., della questione meramente civilistica, quindi ininfluente sulla sussistenza del reato di violazione di domicilio – potendo il diritto di esclusione dall’abitazione farsi valere, per consolidata giurisprudenza di questa corte, anche contro il proprietario, della proprietà dell’abitazione in cui l’imputato e il fratello si erano introdotti con violenza e dal quale avevano estromesso il padre. Senza contare che la relativa prova dedotta dalla difesa, non era stata coltivata in primo grado.

Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e alla rifusione di quelle sostenute dalla parte civile.

P.Q.M.

La corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonchè alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile, liquidate in complessivi Euro 1.100 per onorari, oltre accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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