Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 12-05-2011) 25-07-2011, n. 29765

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza 6-5-2010 la Corte d’Appello di Caltanissetta, in parziale riforma di quella del Tribunale monocratico di Nicosia in data 1-6-2009, riqualificava come tentato furto aggravato dalla violenza sulle cose, il tentato furto aggravato in abitazione ascritto a M.G., e rideterminava la pena in anni uno di reclusione ed Euro 100 di multa (pena inflitta in primo grado: anni uno e mesi sei di reclusione ed Euro 150 di multa).

Il fatto è costituito dalla tentata sottrazione di un condizionatore mediante introduzione nei locali, peraltro abbandonati, di una società, da parte di due individui che, sorpresi in atto di smontare il condizionatore, erano riusciti a darsi alla fuga. Le indagini avevano portato al M. in quanto la sua autovettura era stata trovata ad alcune decine di metri dal luogo del fatto, con il motore ancora caldo, ed era stata ritirata circa due ore dopo dalla moglie, che ne aveva giustificato la presenza in modo inverosimile e smentito dai tabulati telefonici relativi all’utenza cellulare del M. (infatti le due chiamate, effettuate nell’imminenza del fatto o subito dopo lo stesso, avevano agganciato la cella del luogo del tentato furto, mentre la circostanza che le successive avessero agganciato celle diverse, era attribuita al possibile allontanamento dell’imputato a bordo di altra autovettura).

Due i motivi di doglianza esposti nel ricorso dell’imputato, proposto per il tramite del difensore, avv. Vincenzo Albana.

1) Erronea applicazione dell’art. 192 c.p.p., mancanza o illogicità della motivazione. Ammesso pure il fallimento dell’alibi di M. (secondo cui questi aveva parcheggiato l’auto nei pressi dello stabilimento per recarsi altrove con un amico, incaricando la moglie del ritiro del veicolo), gli altri elementi non integrano indizi gravi, precisi e concordanti, in quanto a) la presenza dell’autovettura può avere molteplici causali, non necessariamente illecite; b) i tabulati telefonici smentiscono la presenza dell’imputato sul posto al momento del fatto (alle 16,51 viene agganciata la cella (OMISSIS), corrispondente alla zona del tentato furto, ma alle 16,59, quando il fatto viene accertato, due chiamate dal cellulare di M. agganciano una cella diversa, segno che egli si trovava altrove, non potendo essersi già allontanato in quanto non disponeva dell’autovettura).

2) Violazione dell’art. 597 c.p.p., comma 4 e del divieto di reformatio in peius, avendo la corte indicato come pena base per il furto monoaggravato una pena superiore al minimo (anni uno e mesi otto invece di anni uno di reclusione), mentre il giudice di primo grado era partito dal minimo previsto per il furto in abitazione aggravato, ed avendo effettuato la riduzione per il tentativo di un terzo, anzichè della metà, come in primo grado.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato e va disatteso.

1) Il primo motivo trascura completamente di considerare il quadro indiziario nel suo complesso e quindi l’effetto sinergico esercitato vicendevolmente dai singoli elementi, con il risultato univoco di indicare la presenza di M. sul luogo del fatto, proprio al momento del tentato furto del condizionatore.

Come congruamente evidenziato nelle sentenze di primo e secondo grado, all’atto dell’intervento delle forze dell’ordine, che determinò la fuga dei due ladri, l’autovettura del prevenuto si trovava infatti a poche decine di metri di distanza, con il motore caldo (segno di recente parcheggio), per di più in zona abbandonata, tale quindi da non avvalorare plausibili motivazioni alternative, invano genericamente invocate con il primo motivo, a quella di rappresentare il mezzo utilizzato dagli autori del fatto. Mentre la versione inverosimilmente prospettata dalla moglie di M., è già stata esclusa, con motivazione adeguata, dai giudici di merito (nè il punto è oggetto di gravame, avendo lo stesso ricorrente sostanzialmente riconosciuto il fallimento dell’alibi).

Nel quadro probatorio descritto s’inscrivono poi, con piena sintonia – come pure i giudici di merito non hanno mancato di evidenziare nella puntuale e logica ricostruzione del fatto, le risultanze dei tabulati telefonici che comunque indicano, perfino nell’ottica del ricorrente, la presenza sul posto di M., in orario assai prossimo a quello del tentato furto (nel quale il suo telefono cellulare agganciò la relativa cella), senza che di ciò sia stata fornita plausibile giustificazione, mentre il successivo allontanamento, attestato dall’aggancio di celle diverse, risponde all’esigenza dell’imputato – e del complice – di fuggire il più velocemente possibile (con tutta probabilità prima a piedi, poi a bordo di altro automezzo, procurato, come da plausibile ipotesi dei giudici di merito, grazie alle telefonate prontamente effettuate) dal luogo di commissione del reato.

3) Manifestamente infondato il secondo motivo. L’art. 597 c.p.p., comma 4, peraltro relativo al diverso caso di accoglimento di impugnazione riguardante circostanze o reati concorrenti – mentre in quello in esame vi è stata riqualificazione del fatto (da tentato furto aggravato in abitazione, a tentato furto aggravato), stabilisce soltanto che in tal caso la pena complessivamente irrogata è diminuita. Nella specie la corte territoriale, in considerazione della minor gravità del reato ritenuto, ha ridotto la pena – senza quindi incorrere nel divieto di reformatio in peius, non essendo per il resto vincolata, in quanto nessuna norma lo impone, a mantenere inalterate le proporzioni interne al calcolo effettuato in primo grado. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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