Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 19-12-2011, n. 27361

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MATERA Marcello che ha concluso per il rigetto del ricorso principale e assorbimento del ricorso incidentale.

Rilevato che:

1. la Corte d’appello di Torino ha confermato la sentenza di prime cure che aveva dichiarato l’illegittimità del termine apposto al contratto di lavoro con decorrenza 2 novembre 1999 stipulato da Poste Italiane s.p.a. con M.V.;

2. per la cassazione di tale sentenza Poste Italiane s.p.a. ha proposto ricorso illustrato da memoria; il lavoratore ha resistito con controricorso ed ha proposto ricorso incidentale condizionato;

Poste Italiane s.p.a. ha notificato controricorso avverso il suddetto ricorso incidentale; entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ.;

3. preliminarmente deve essere disposta la riunione dei ricorsi in quanto proposti avverso la stessa sentenza ( art. 335 cod. proc. civ.;

4. il Collegio ha disposto che sia adottata una motivazione semplificata;

5. come si evince dalla sentenza impugnata il lavoratore è stato assunto con contratto a termine (con la decorrenza sopra indicata) stipulato a norma dell’art. 8 del c.c.n.l. 26 novembre 1994 ed in particolare in base alla previsione dell’accordo integrativo del 25 settembre 1997, che prevede, quale ipotesi legittimante la stipulazione di contratti a termine, la presenza di esigenze eccezionali, conseguenti alla fase di ristrutturazione e rimodulazione degli assetti occupazionali in corso, in ragione della graduale introduzione di nuovi processi produttivi, di sperimentazione di nuovi servizi e in attesa dell’attuazione del progressivo e completo equilibrio sul territorio delle risorse umane;

la Corte di merito ha ritenuto l’illegittimità del termine apposto al suddetto contratto sul presupposto che, anche nelle ipotesi, come quella in esame, individuate dai contratti collettivi a norma della L. n. 56 del 1987, art. 23 sia necessario che l’apposizione del termine sia giustificata da eccezionali e specifiche esigenze, connesse al processo di ristrutturazione e concretamente riferibili alla singola assunzione e che tali presupposti siano allegati e provati; rilevato che nel caso di specie la società Poste Italiane non aveva provato la riconducibilità della singola assunzione a siffatte esigenze, ha concluso per l’illegittimità del termine;

6. la suddetta impostazione è stata censurata dalla società ricorrente la quale denuncia, col primo motivo, la violazione e falsa applicazione della L. n. 56 del 1987, art. 23 e degli art. 1362 e segg. cod. civ. in relazione all’interpretazione degli accordi rilevanti nella fattispecie in esame;

la censura della società ricorrente è infondata e deve essere pertanto rigettata, anche se la motivazione della sentenza merita di essere parzialmente corretta ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2;

ed infatti la decisione, nella parte in cui ha affermato l’illegittimità del termine apposto al suddetto contratto, deve ritenersi conforme a diritto anche se la motivazione della sentenza deve ritenersi parzialmente erronea;

osserva il Collegio che, in base all’indirizzo ormai consolidato in materia dettato da questa Corte (con riferimento al sistema vigente anteriormente al c.c.n.l. del 2001 ed al D.Lgs. n. 368 del 2001), assume rilievo decisivo, ai fini della statuizione sull’illegittimità del termine, la circostanza, che ricorre, nel caso di specie, che il contratto in esame è stato stipulato, per esigenze eccezionali … – ai sensi dell’art. 8 del c.c.n.l. 26 novembre 1994, come integrato dall’accordo aziendale 25 settembre 1997 – in data successiva al 30 aprile 1998;

ed infatti, sulla scia di Cass. S.U. 2 marzo 2006 n. 4588, è stato precisato che "l’attribuzione alla contrattazione collettiva, L. n. 56 del 1987, ex art. 23 del potere di definire nuovi casi di assunzione a termine rispetto a quelli previsti dalla L. n. 230 del 1962, discende dall’intento del legislatore di considerare l’esame congiunto delle parti sociali sulle necessità del mercato del lavoro idonea garanzia per i lavoratori ed efficace salvaguardia per i loro diritti (con l’unico limite della predeterminazione della percentuale di lavoratori da assumere a termine rispetto a quelli impiegati a tempo indeterminato) e prescinde, pertanto, dalla necessità di individuare ipotesi specifiche di collegamento fra contratti ed esigenze aziendali o di riferirsi a condizioni oggettive di lavoro o soggettive dei lavoratori ovvero di fissare contrattualmente limiti temporali all’autorizzazione data al datore di lavoro di procedere ad assunzioni a tempo determinato" (cfr. Cass. 4 agosto 2008 n. 21063;

cfr. altresì Cass. 20 aprile 2006 n. 9245, Cass. 7 marzo 2005 n. 4862, Cass. 26 luglio 2004 n. 14011). "Ne risulta, quindi, una sorta di "delega in bianco" a favore dei contratti collettivi e dei sindacati che ne sono destinatari, non essendo questi vincolati all’individuazione di ipotesi comunque omologhe a quelle previste dalla legge, ma dovendo operare sul medesimo piano della disciplina generale in materia ed inserendosi nel sistema da questa delineato." (cfr., fra le altre, Cass. 4 agosto 2008 n. 21062, Cass. 23 agosto 2006 n. 18378); in tale quadro, ove però, come nel caso di specie, un limite temporale sia stato previsto dalle parti collettive (anche con accordi integrativi del contratto collettivo), la sua inosservanza determina la nullità della clausola di apposizione del termine (v. fra le altre Cass. 23 agosto 2006 n. 18383, Cass. 14 aprile 2005 n. 7745, Cass. 14 febbraio 2004 n. 2866); in particolare, quindi, come questa Corte ha univocamente affermato e come va anche qui ribadito, "in materia di assunzioni a termine di dipendenti postali, con l’accordo sindacale del 25 settembre 1997, integrativo dell’art. 8 del c.c.n.l. 26 novembre 1994, e con il successivo accordo attuativo, sottoscritto in data 16 gennaio 1998, le parti hanno convenuto di riconoscere la sussistenza della situazione straordinaria, relativa alla trasformazione giuridica dell’ente ed alla conseguente ristrutturazione aziendale e rimodulazione degli assetti occupazionali in corso di attuazione, fino alla data del 30 aprile 1998; ne consegue che deve escludersi la legittimità delle assunzioni a termine cadute dopo il 30 aprile 1998, per carenza del presupposto normativo derogatorio, con l’ulteriore conseguenza della trasformazione degli stessi contratti in contratti a tempo indeterminato, in forza della L. 18 aprile 1962, n. 230, art. 1" (v., fra le altre, Cass. 1 ottobre 2007 n. 20608; Cass. 28 novembre 2008 n. 28450; Cass. 4 agosto 2008 n. 21062; Cass. 27 marzo 2008 n. 7979, Cass. 18378/2006 cit.);

7. col secondo motivo la società ricorrente principale censura (vizio di omessa pronuncia circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio) l’assenza di statuizioni in relazione all’eccezione, proposta dalla società stessa, di risoluzione del rapporto per mutuo consenso;

la censura è inammissibile; secondo il costante insegnamento di questa Corte Suprema (cfr. ad esempio Cass. 21 febbraio 2006 n. 3664) qualora una determinata questione giuridica – che implichi un accertamento di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga la suddetta questione in sede di legittimità, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità, per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per Cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa; nel caso di specie, nel quale la decisione della Corte di merito non contiene alcun riferimento alla suddetta questione, parte ricorrente non ha ottemperato al suddetto onere; ed infatti il motivo di ricorso non contiene, fra l’altro, la specifica allegazione di aver sollevato la questione nel giudizio di appello;

sussiste pertanto la violazione del sopra indicato principio;

8. il ricorso principale deve essere in definitiva rigettato con conseguente declaratoria di assorbimento del ricorso incidentale condizionato;

9. con riferimento al problema dell’applicazione al presente giudizio dello ius superveniens, rappresentato dalla L. 4 novembre 2010, n. 183, art. 32, commi 5, 6 e 7 in vigore dal 24 novembre 2010, e cioè della possibilità di ricomprendere tra i giudizi pendenti ai quali fa riferimento il citato comma 7 anche il giudizio di cassazione, va premesso, in via di principio, che costituisce condizione necessaria per poter applicare nel giudizio di legittimità lo ius superveniens che abbia introdotto, con efficacia retroattiva, una nuova disciplina del rapporto controverso, il fatto che quest’ultima sia in qualche modo pertinente rispetto alle questioni oggetto di censura nel ricorso, in ragione della natura del controllo di legittimità, il cui perimetro è limitato dagli specifici motivi di ricorso (cfr.

Cass. 8 maggio 2006 n. 10547, Cass. 27 febbraio 2004 n. 4070); tale condizione non sussiste nella fattispecie ove si consideri che non è stata avanzata alcuna altra censura che riguardi in qualche modo le conseguenze economiche della dichiarazione di nullità della clausola appositiva del termine;

9. in applicazione del criterio della soccombenza, la società ricorrente principale va condannata al pagamento delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi; rigetta il ricorso principale, assorbito l’incidentale; condanna la società ricorrente principale al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 50,00 oltre Euro 3000 (tremila) per onorari e oltre spese generali, IVA e CPA. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 10 novembre 2011.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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